BOOK GENERATION. Tra vite fumose e memorie sfogliate

FAUSTO ANDERLINI
Sociologo
Cambio Quotidiano Social Online


Mesta riflessione notturna sulla caducità del tabacco e la volatilità del libro.


La nostra generazione fu tabagista e scribopatica. L'aspirazione di vita, ma si potrebbe egualmente dire l'inspirazione, fu di tipo nico-letterario. Cioè fondata sulla sigaretta e sul libro. Una dualità già tipica delle società arcaiche, dove vigeva l'alleanza fra il libro e l'aratro. Senonchè il libro era uno solo, scritto da Dio e leggibile esclusivamente dai sacerdoti, mentre i contadini analfabeti, come ovvio, non potevano portare l'aratro alla bocca. La nostra curva di Engel, e tanto più per chi veniva da famiglie povere, dove se si fumava non c'erano libri, fu di una assoluta originalità. Tanto le sigarette che i libri significarono per noi beni anfibi quanto paradossali: totalmente anelastici e totalmente elastici. Se il reddito mancava si provvedeva comunque all'approvvigionamento minimo. Le sigarette venivano scroccate o fatte in casa riciclando cicche. I libri venivano trafugati. In questo senso fummo una generazione dedita al lusso più smodato quanto all'ascetismo, e per questo, all'occorrenza, al furto e alla spigolatura.Ci si poteva privare di ogni altro bene essenziale, come il cibo e il vestiario, per acquisire il superfluo-base nico-letterario. Per contro i primi redditi istituzionali da lavoro vennero interamente investiti in libri e stecche di sigarette. Talvolta aprendo linee di debito senza fondo con le librerie. E ancor di più al crescere del reddito. Grazie a noi le case editrici, specie di saggistica, accumularono immense fortune, e quando la nostra umanità recedette sullo sfondo esse entrarono in crisi o sopravvissero, passando ad altra proprietà, dedicandosi ai thriller prodotti su base industriale, ai romanzi scritti da Veltroni e venduti alle Feste de l'Unità, nonchè ai testi ecologisti, di turismo, giardinaggio, cucina, bricolage e occultismo. Avviando così l'epoca post-moderna del post-libro, e poi del solo post. Un tipo di evoluzione portando ad accompagnare i libri, sempre più radi, a prosaiche esposizioni, specie commestibili, di altre utilità material-culturaloidi, come si vede bene alla libreria della coop già cinema Ambasciatori, ora fagocitata dall'E-Italy farinelliana.



Un altro tipo inclinando a una specie di cartoleria misteriosofica, come nel caso statunitense di Barnes & Nobles, dove l'unico scaffale di peso, fra aggeggi tecnologici, quaderni, penne, giocattoli ecc., è quello mistico-religioso e del fitness dell'anima in genere. I più feticisticamente irredimibili dal vizio della nostra generazione si misero anche a scriverli i libri, molti dei quali però, facendosi sentire l'inversione del ciclo, andarono invenduti e finirono al macero o, i più fortunati, fra i remainders. Per quanto animati da una ideologia collettivista ed in effetti ci piacesse assai fumare in compagnia così come frequentare le pubbliche sale di lettura, il libro fu per noi un bene essenzialmente privato ed esclusivo, bene d'uso ma anche capitale, da accumulare e tesoreggiare in casa propria. In un'avara solitudine che non prevedeva neppure il prestito agli amici (per la stessa liberpatia affliggente ogni membro della coorte generazionale, quei libri non sarebbero tornati più indietro).


Al libro attribuimmo una valenza addirittura patrimoniale. I libri e le librerie facevano aggio su qualsiasi altro mobilio. La casa, la dimora, e tanto più quando divenne di proprietà, aveva nel libro il suo trave portante. La pietra sulla quale costruire la famiglia e tracciare la sua saga. Libro su libro, la libreria sarebbe divenuta il patrimonio ereditario da trasferire di generazione in generazione. Sempre accrescendosi e arricchendosi di nuovi e vecchi innesti parentali. Fino a far coincidere l'intero albero genealogico con una unica immensa biblioteca. Una vera e propria sindrome alessandrina. Nei casi di separazione, non per caso, il momento più tragico era la scorporazione del patrimonio (momento ciritico peraltro segnato, molte volte, da lunghi contenziosi). Ai figli regalammo libri ogni volta che se ne offriva l'occasione: ai compleanni, a natale, per la befana, in ogni festa comandata. Sempre libri 'intelligenti', impegnanti o particolari (come quelli animati).


Libri scelti con cura, da ordinare nel settore 'infanzia' della libreria, che piacevano soprattutto a noi, e molto meno a loro. I figli (non pochi, almeno) erano reticenti a tanta illuminata prodigalità. Avrebbero preferito piuttosto i giocattoli che vedevano in televisione e che le famiglie non istruite ma dotate di buon reddito, come quelle dei loro compagni di classe, compravano ai loro bambini. Essi sì veramente amati e con genitori come si deve. Tutta quest'epoca eroica e speranzosa volge oggi al termine.


Ci aggiriamo, vecchi, soli e stanchi, fra le nostre polverose e caotiche biblioteche nelle case divenute 'nidi vuoti' e sappiamo già che non ci sopravviveranno. Appena spireremo, i figli, diventati iconoclasti come i legisti cinesi, per contrappasso di tale violenta socializzazione - figli che noi stessi abbiamo dissuaso dal vizio del fumo, dunque rompendo la sacra contestualità fra libro e sigaretta - torneranno alla base ma solo per provvedere a smaltire il cartaceo vendendolo a peso ai librai di seconda mano. Investimenti per decine di milioni di lire e centinaia di migliaia d'euro, un'intera, ponderosa, accumulazione originaria barattata per l'equivalente di qualche paio di scarpe, un tablet, un cellulare destinato all'obsolescenza nel giro di un trimestre.


Nelle librerie pubbliche, peraltro, non c'è più posto, come mi spiegò un amico raffinato letterato che faceva il biblioteconomo all'archiginnasio.. Una volta alloggiate le donazioni dei primi defunti e stoccate per dovere di riconoscenza quelle degli intellettuali più illustri, le acquisizioni degli ultimi trapassati sono inviate direttamente al macero. E' un'intera civiltà libraria che sta andando in fumo.


E adesso scritto questo post del cazzo, fumo l'ultima sigaretta, mi stendo, faccio le parole crociate e vi auguro una buona notte.