Noi sommersi dall’abbandono e dal disinteresse dei governanti, ignorati dai potentati che si annidano nei palazzi ministeriali dei trasporti, abbiamo persino rinunciato a chiedere qualcosa che assomigli a una stazioncina di periferia austriaca, neanche più osare immaginare che la stragrande parte del sud Italia possa avere un futuro non diciamo consimile ma almeno somigliante a quello di un cantone svizzero, che un trenino storico che va per valli e foreste dei più bei parchi naturali d’Europa possa essere comparato con quello rosso del Bernina. Insomma che un treno adeguato, piccolo, non ad alta velocità possa servire le belle pianure del Tavoliere e dei meravigliosi paesaggi agrari della Toscana, dell’Umbria e del Polesine. Così come accade in ogni paese del mondo, anche sulle creste andine del Sud America, oppure in Canada dove si è puntato al raccordo costante tra metropoli e territori, un Mezzogiorno con una propria dotazione ferroviaria civile e moderna per collegare con idonee e neanche infra strutturalmente costose dorsali, il mare e monti, le colline e le pianure, le coste e l’entroterra non sarabbe nè un lusso nè una soluzione antieconomica. Tuttavia noi italiani del Mezzogiorno abbiamo perso ogni forza di fare clamore, se non nel caso di disastri come quello che avvenuto tra Andria e Corato, tra gli ulivi nuovi che fanno da sfondo ai reimpianti dopo l’epidemia della Xylella. Non abbiamo voce per urlare, voglia di partecipare per tutelare e difendere ciò che è stato sradicato con violenza e sopraffazione, cinismo e arroganza da tutta una banda di politici spesso corrotti e comunque in perenne carriera che non hanno bisogno dei trenini ma che vivono di frecce rosse e aerei, pronti per correre a far la bella vita dell’aviatore a Roma. Tra loro di sicuro spiccano i ladri di sempre ma non di soldi, non di mazzetta ma purtroppo dei sogni e della speranza di un cambiamento vero e autentico che non una ma tante generazioni hanno aspettato vanamente.
Abbiamo visto Renzi andare in giro per il Mezzogiorno a tagliare nastri, a fare i soliti discorsi d’occasione, il suo ministro Delrio sempre impostato come un corazziere rimasto orfano del picchetto di Napolitano al Quirinale, una volta sotto un ponte dell’A3, poi tra i porti afflitti dalla corruzione, in giro per non far niente visto che in buona stanza ha un'altra visuale delle cose che manca la volontà politica di dare una sterzata vera a questo Paese. Piangiamo invece come in blues che ci viene suonato e cantato da qualche folksinger lontano come fossimo nell’America dei neri e dello schiavismo, aspettando il miraggio di un sud diverso che potrebbe cominciare a ripartire solo da un grande progetto di rilancio e di costruzione delle ferrovie minori.
Invece Renzi, come prima Berlusconi, racconta ancora barzellette agli italiani. Per la Tav si spendono soldi a palate mentre in valle di Susa transita quasi un decimo del carico che potrebbe essere tranquillamente trasportato. La linea ferroviaria Torino-Modane, appena riammodernata, fa infatti registrare un traffico merci che sfiora cifre ridicole, dopo il crollo dei trasporti tra Italia e Francia. Quale sia l’utilità economica e sociale della super-linea Torino-Lione che costa 26 miliardi di euro, sarebbe da dimostrare confrontando i vantaggi che le ferrovie darebbero al sud se fosse investito l’identico ammontare in un'unico grande progetto integrato.
Una nuova politica dei trasporti che punti sulle ferrovie cosiddette minori, in Lombardia come in Calabria apparirebbe più che mai necessaria per dare slancio anche ai progetti di qualificazione turistica del territorio e dei grandi distretti archeologici, monumentali e culturali. Invece s’insiste su vecchie logiche keynesiane che hanno solo mutato il soggetto beneficiario dei soldi pubblici facendolo passare dai lavoratori sindacalizzati alle imprese politicizzate.
Cambiare l’orizzonte delle scelte politiche significa puntare su un nuovo quadro ambientale ed ecologico, non essere verdi soltanto alle cene con Chicco o per fare l’amarcord con Paolo e con Francesco.
La radicale svolta del Paese parte da una profonda riconversione ecologica dei trasporti. Anche per non seppellire la memoria di tanti cittadini innocenti soltanto colpevoli di aver fatto un giorno, non come Calvino né come Piovene, un normale viaggio in Italia.