Dal Vhs al Cloud, come è cambiata l’archiviazione dei nostri dati

27 luglio 2016, 11:00 Technology & Passion | by Nezwork.it

di Domenico Di Paola | Nezwork.it

Quanti ti voi si ricordano le cassette VHS (acronimo di Video Home System) per vedere i films a casa? Negli anni ‘80 c’è stato il boom della vendita dei videoregistratori a due testine, a quattro, a sei, ecc., e la proliferazione dei negozi che noleggiavano le videocassette.

Una tecnologia che ha permesso a tutti di avere il cinema a casa. Le vecchie cassette a nastro, un po’ scomode e che si vedevano male, hanno segnato l’indipendenza dai palinsesti tv e dalla programmazione dei cinema di zona. È pur vero che ormai i “nastri” non li vediamo più da molto tempo ma i vecchi videoregistratori hanno continuato a proliferare tra gli appassionati delle immagini vintage e dei vecchi film.


La nascita e diffusione del Vhs


I primi videoregistratori sono apparsi sul mercato internazionale nel lontano 1976. All’inizio provenivano dal Giappone – dalla celebre azienda JVC – ed erano in grado di far girare i tanto amati VHS. La grande novità, che prese largo velocemente, era di poter registrare un evento e rivederlo quando si voleva.


Addio ai videoregistratori, il “nastro” va in pensione


La Funai Electric è stata l’ultima azienda a produrre e commercializzare videoregistratori. Nei giorni scorsi ha annunciato che produrrà il suo ultimo lettore di cassette il 30 Luglio.

Concretamente, si chiude un’era durata quarant’anni. Sicuramente, tutto questo farà rattristare i nostalgici. Cassette e lettori diventano ora oggetti da collezione, da tenere soltanto per ricordarsi dei bei vecchi tempi andati.


Un po’ di storia: gli altri supporti di memoria


Naturalmente oltre alle videocassette, negli anni si sono susseguiti diversi supporti di memoria: dal classico disco in vinile a 45 o 33 giri fino all’audiocassetta, e così via.

Storicamente, siamo negli anni ‘40, con l’avvento dei primi calcolatori elettronici (gli antenati dei Personal Computer) il salvataggio e la conservazione dei dati erano affidati a un complesso sistema di schede perforate.

Nel giro di qualche anno, da quest’ultime si passa ai nastri cartacei e subito dopo a quello magnetico. Il lungo nastro di materiale plastico, ricoperto di un ossido magnetico, permetteva di archiviare una grossa quantità informazioni (all’epoca). La capacità di memoria era fino a 225 kilobyte, equivalente di 1.920 schede perforate.

Negli anni cinquanta, fu immesso sul mercato l’Hard Disk. Si trattava del primo disco rigido della storia e fu ideato dalla storica azienda IBM. Il nuovo supporto di memoria era composto da dischi ricoperti da materiale magnetico e fatti girare a gran velocità. Al contrario del nastro magnetico, i dati potevano essere letti e scritti in qualsiasi ordine e non necessariamente in modo sequenziale. Conteneva sino a 5 megabyte di dati, equivalente a circa 23 nastri magnetici.

Negli anni ‘70, comparvero i primi floppy disk, in plastica e ricoperti da materiale magnetico. Erano grossi dischi senza nessuna copertura che si sporcavano facilmente e spesso, dopo un po’, diventavano inutilizzabili. Con gli anni vennero rimpiccioliti e ricoperti da una custodia per proteggerli dai fattori esterni. Nella sua forma più avanzata (il 3,5 pollici) che qualcuno di noi ancora ricorda, arrivava a contenere 1,44 megabyte di memoria digitale.

Negli anni ‘80 venne ideato da Sony e Philips il primo Cd-Rom (Compact Disc - Read Only Memory) che poteva contenere fino a 700 megabyte, equivalente di 486 floppy disk.

Negli anni ‘90, fecero la loro comparsa i primi Dvd che erano una evoluzione dei classici Cd-Rom, utilizzati ancora oggi possono contenere fino a 4,7 gigabyte di capienza, circa 7 Cd-Rom.

Negli anni 2000 fanno la loro comparsa le prime “chiavette USB” (Universal Serial Bus), dispositivi di archiviazione di massa “plug-and-play” (attacca e utilizza), dotate di memoria digitale Flash. Questo tipo di supporto ha avuto un grande successo grazie alla sua portabilità e alla possibilità di scrivere e cancellare grossi quantitativi di dati. Le prime chiavette contenevano 128 megabyte; attualmente, in commercio ci sono, a prezzi alla portata di tutti, dispositivi da 256 gigabyte ed oltre.


L’avvento del Cloud Storage


Dalla seconda metà degli anni 2000 si inizia a parlare di “Cloud” cioè di supporti smaterializzati per la conservazione dei dati. Questo tipo di utilizzo è possibile grazie alla diffusione di Internet. Ormai, ai giorni nostri, l’archiviazione dati ha fatto un salto sulla nuvola (il Cloud Storage) permettendoci di poter accedere ai propri file da qualunque luogo e in qualsiasi momento.


In conclusione


Negli ultimi 50/60 anni, la storia dell’archiviazione dei dati ha fatto passi da gigante. Il che fa riflettere su quanti progressi siano stati compiuti in ambito tecnologico ma anche e soprattutto su quanto sia importante e fondamentale poter gestire in tempo reale e mantenere sempre a portata di mano le informazioni. È chiaro che oggi, anche grazie alle Smart TV, cioè televisori sempre connessi alla rete internet, i film li possiamo vedere quando vogliamo e anche gratuitamente.

Perché lasciare i nostri ricordi rinchiusi in un cassetto o in una scatola impolverata? Grazie al Cloud, ora, possiamo mantenere sempre vive le emozioni dei nostri ricordi e poter accedere ai nostri dati in qualunque momento.

Impariamo ad usare il Cloud Storage, ecco alcuni servizi gratuiti: DropBox; Box; SkyDrive; Drive.

Per la nostra memoria digitale… Buon Cloud a tutti.