FAUSTO ANDERLINI | Sociologo CAMBIO QUOTIDIANO SOCIAL ONLINE
Esco dalla città inseguito da un'acquazzone come non se ne vedono neppure ai tropici e salgo sino a Marzabotto. In realtà per incontrare una persona di quelle parti, anche se in giro si parla di una giornata carica di tensione per via dell'annunciato arrivo di un gruppo di profughi. Siamo a prendere un caffè nel modesto baretto della stazione quand'ecco apparire come dal nulla un esiguo gruppetto di manifestanti in un triste sventolio di bandiere padane e forzitaliche. Saranno si è no dodici (mi dicono che fra loro ci sia anche qualche operaio disoccupato del luogo) e li si vede molto bene anche perchè in giro non c'è un'anima. Camminano silenziosamente sul marciapiede per poi disporsi in due ali sulla Porrettana. Con quelle bandiere bianche, visti sullo sfondo, sembrano davvero una patetica e innocua imitazione del Ku Klux Klan. Quando hanno idea di passare inosservati affiggono sotto qualche tergicristallo un volantino grande come la paginetta di un blok notes e scritto così in piccolo che per leggerlo ci vorrebbe la lente d'ingrandimento. L'argomento non è nuovo: ce l'hanno col Sindaco Franchi perchè accoglie i rifugiati spendendo risorse pubbliche che dovrebbero andare agli autoctoni, e invece finiscono a foraggiare la cooperativa che si occupa dell'accoglienza.
A quel punto scendo a Lama di Reno, il luogo del crimine, ma intorno alla cartiera non c'è nessuno, nè distaccamenti del Ku nè antagonisti venuti a contrastarli, se non due furgoni di celerini. Ne approfitto per dare un'occhiata alla struttura di accoglienza dall'esterno (gli operatori sono garbati ma sospettosi e non mi fanno entrare). Essa è sita ai lati della carcassa della cartiera ed è frutto di un pregevole restauro della dimora un tempo abitata dal direttore della cartiera. Sembra una villetta da B&B ed è decisamente sopra lo standard edilizio di Marzabotto. Una struttura amena non fosse per la desolazione circostante. La grande carcassa della cartiera, vieppiù degradata, giace da anni e anni a ridosso della ferrovia circondata da un vasto e desolato piazzale sterrato. Il glorioso centro di Lama di Reno dove un tempo si teneva una vivace e molto popular festa de l'Unità (un esempio da manuale di città-fabbrica edificato nel periodo della proprietà Rizzoli) versa in uno stato di generale abbandono. I problemi di riconversione sono giganteschi, e il nuovo quartierino residenziale cresciuto a lato, verso sud, non vale a redimere la discarica a cielo aperto. Più in generale se la Lama è più che trasandata, al pari di certi equivalenti che si trovano solo in West Virginia, Marzabotto è decisamente brutta, e mi chiedo per quale ragione non si sia mai provveduto a dare un aspetto più decente al plesso capoluogale.
Marzabotto è, come noto, il più importante centro rituale della provincia ed è per gestire questa rilevantissima funzione sacrale che i Sindaci del Pci venivano importati da Bologna, partendo da Bottonelli, passando per Dante Cruicchi e finendo con De Maria. Solo Franchi l'attuale sindaco eletto a capo di una lista civica, ma a suo tempo anche sindaco comunista per un solo mandato, vanta un radicamento effettivo con il luogo. La mia impressione è che la manutenzione ideologica (culminante nel parco di Monte Sole) abbia fatto premio su quella civica. Marzabotto peraltro non vanta alcun repertorio storico, se non la necropoli etrusca. E la grande tragedia, naturalmente. Ma ancor più in generale è l'intera valle del Reno, da Pontecchio a Gaggio e Porretta, transitando da Marzabotto e Vergato, che versa in uno stato comatoso.
La de-industrializzazione di un tessuto produttivo di antico impianto è stata selvaggia, sicchè la valle è oggi un grande e lineare cimitero industriale. Per surrogare la perdita di posti di lavoro nell'industria (e il discorso vale per tutta la montagna) ci vorrebbe ben altro che le gaie progettualità post-moderne sul turismo, la bio-gricoltura, i prodotti del sottobosco e l'uso favolistico della Rocchetta Mattei. Il ciclo delle seconde case è finito con lo sgretolarsi dei progetti della famiglia nucleare in cerca di agio patrimoniale e residenziale. L'offerta di villette in vendita è smisurata e a prezzi ormai stracciati ma nessuno le compera. Il settore alberghiero è poca cosa. La stagione è breve, i prezzi sono alti e gli albergatori fanno un misero profitto affamando i poveri vecchietti che vi alloggiano nella stagione dell'afa. A tutti gli effetti oggi la montagna è null'altro che il retroterra edilizio residuale per il collocamento delle popolazioni residenziali in esubero della metropoli.
E' qui che trovano casa i bolognesi poveri e gli extra-comunitari. La struttura antropica della montagna si basa oggi su tre grandi popolazioni, sovente in attrito: gli autoctoni, i suburbani, gli stranieri. Ve ne riparlerò in altri racconti, ma intanto informo che la convivenza è ardua, specie nel quadro socio-economico delineato. E non per caso, anche venuta meno la mediazione sociale del Pci con la sua occhiuta manutenzione territoriale e i suoi grandi dirigenti popolari come Sirgi, il 'bastardino' della montagna, gran parte dei comuni è passata alla destra. Tanto che il Pd per stare a galla vi confuisce direttamente, come a Porretta. Per depositare questo malanimo che mi prende ogni volta che vengo da queste parti, passo infine da Colle Ameno, nei pressi di Pontecchio, per degustare la "pastasciutta antifascista", una sagra gestita dall'Anpi per celebrare la caduta del fascismo.
Il luogo è davvero bello e il suo restauro si deve anche al lavoro della Mariangiola Gallingani quando era assessore all'Urbanistica a Sasso con la Bortolotti sindaco (la Renatina l'ho reincontrata proprio lì....abbracci e baci). Pastasciutta digeribile, gran bella gente, generosa, talvolta travestita da garibaldina, ancora animata di orgoglio identitario, dibattito impegnato sui temi della legalità e dell'accoglienza.....
Un altro mondo rispetto a quello incarnato dalla sparuta e disagiata pattuglia degli sbandieratori. In sintesi - diciamolo, anzi diciamocelo - un mondo eterotopico. Fuori scala e fuori quadro. Un exclave. Perchè mentre la pseudo-sinistra si è adeguata all'andazzo come una mosca cocchiera, quella autentica non ha comunque alcuna idea di come riuscire a raddrizzare un meccanismo globale che produce desolazione sociale e produttiva e masse di migranti coi quali suddividere salari decurtati. Se il Ku Klux Klan marcia rado e impacciato sui marciapiedi di Marzabotto (per ora) la sinistra appassionata vive (ancora, per ora) la sua godevole e fraterna socialità conviviale a Colle Ameno.
Intanto s'è fatto buio, basse nuvole sono depositate sulle colline e quando passo per porta Saragozza vedo che anche il Sabor Latino, il mio luogo prediletto per le malinconie d'amore, è desolatamente deserto. E' anche sparita l'insegna, non è chiaro cosa si venda e le luci sono ancor più magiche e tristi, quasi sinistre. Forse ha cambiato gestione. Non più empanadas ma kebab. Buona notte.