Fausto Anderlini | Sociologo
Cambio Quotidiano Social
C'è una ratio nel riformismo confusionario del Pd renziano. Rendere le istituzioni democratiche pletoriche. Perchè se ne possa poi fare a meno. Come richiesto da chi detiene il potere reale. En passant, rispondendo a un rilievo di Travaglio sulla impraticabilità del cumulo di cariche previsto dal 'nuovo Senato' Renzi ha risposto che tanto Sindaci e amministratori regionali vengono a Roma ogni settimana: per riunioni dell'Anci, rapporti coi ministeri, per la conferenza Stato-Regioni ecc. ecc. Quindi non sarà un problema per loro fare anche una 'scappata' al Senato. (Sic!). Oramai, con quella bocca, il Presidente del Consiglio può davvero dire ciò che vuole. Ma quel che peggio è che davvero ha illustrato come andranno le cose. Il nuovo Senato, ancorchè non produrre alcun risparmio degno di nota, sarà una sorta di dopolavoro istituzionale, Una istituzione che non ha una classe politica selezionata per via elettiva e neppure specializzata, quindi responsabile e giudicabile, è necessariamente un orpello, una escrescenza inutile (e costosa). Persino al di sotto di una comune associazione volontaria. Il modello è stato sperimentato, del resto, con l'aberrante legge Del Rio a proposito di province e città metropolitane: enti costituzionali derubricati a enti inutili di secondo grado tramite una legge ordinaria.
A Bologna, unico ambito in cui il Pd si è sforzato, di dar corpo alla città metropolitana (delle altre non si hanno notizie) la provincia ancorchè non essere stata 'abolita' o 'superata' è diventata una specie di casino di caccia del Comune capoluogo. In pochi mesi si sono succeduti negli incarichi consiliari ed esecutivi una miriade di personaggi, vuoi per nuove elezioni comunali, vuoi per continue defezioni dagli incarichi. Il nuovo ente non ha neppure una burocrazia autonoma visto che la dirigenza apicale è tratta dal Capoluogo (sempre senza remunerazione). Un ente inutile e privo di dignità, necessariamente improduttivo. Il nuovo modello di classe politica e amministrante che va prefigurandosi con le 'riforme' nel segno dei 'costi della politica' è davvero una forma inedita di post-professionismo. Il cumulo delle cariche - sorta di pago uno prendo tre, come avviene in effetti per i Sindaci metropolitani - si accompagna a una drastica svalorizzazione delle stesse. Pratica e simbolica.
Le istituzioni vengono avulse dal controllo dei cittadini e trasfigurate in in confuso pressapochismo.Possono fare o non fare, dipende dalla luna, dal tempo e dall'umore di chi le frequenta. Col piffero che le nuove norme si tradurranno in decisioni più rapide, cogenti ed efficienti. Saranno, e le province/città metropolitane ne sono già la comprova, uno spazio di mera ridondanza politica. Qualcosa di inedito anche rispetto al vecchio Stato liberale quando gli incarichi avevano forma 'onoraria'. Ma era rigorosamente rispettato il principio di specializzazione. Per i ceti facoltosi e possidenti occupare le cariche era un onore applicato a un dovere. La classe politica era tale anche se viveva di proventi propri. Perchè i ruoli politici, pur ristretti al dominio di una sola classe dominante, erano rafforzati dal senso dello Stato. Qui, superata la forma professionale della politica democratica, siamo orientati verso una vera e propria de-formalizzazione.
Una specie di regressione al semi-professionismo. La politica come professione, ma non nel senso weberiano del termine, diviene appannaggio di una classe di governo autocratica abbarbicata all'esecutivo e priva ethos democratico, senza beruf che non sia il potere per sè, mentre tutto il resto del corpo statale democratico viene sprofondato in un impotente e confuso dilettantismo. Più che restringersi (si pensi allo slogan svergognato ' meno politici') la classe politica, espressione di partiti esangui e vieppiù incapaci di incarnare una rappresentanza sociale autentica, diviene pletorica e ridondante. Una platea di pseudo-dignitari con mezzo portafoglio a far da cornice al potere. Che sta altrove.