di Patrizia Muzzi | Cambio Quotidiano Social
Intervista a Silvio Salvi
Professore Associato Dipartimento Scienze Agrarie
Università di Bologna
È di questi giorni la notizia che il professor Stefan Jansson dell’Umeå Plant Science Centre (UPSC) e il giornalista Gustaf Klarin hanno gustato in diretta radiofonica un bel piatto di tagliatelle condite con la verza. La novità non consisteva nel fatto che le tagliatelle fossero buone, o meglio, non solo che fossero buone, come i due simpatici svedesi hanno spiegato agli ascoltatori, ma che la verza in questione fosse stata modificata geneticamente in laboratorio grazie ad una recente tecnica d’ingegneria genetica denominata Crispr – Cas9 (Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats). Nel genoma delle cellule delle piante di cavolo coltivate questa estate nel giardino del professor Jansson è stato rimosso un segmento del DNA, ma senza introdurre "DNA estraneo". Il Consiglio svedese per l'agricoltura ha deciso nel novembre 2015 che le piante modificate con questa nuova tecnica non dovessero rientrare nella normativa OGM. Questa decisione ha permesso a Stefan Jansson di far crescere legalmente nel suo giardino le piante di cavolo modificate. Vedo già gli scettici saltare sulla sedia.
Professore, se non ho capito male un sistema che è normalmente utilizzato dai batteri per respingere i propri agenti patogeni è stato ricreato in laboratorio in modo da modificare anche il nostro genoma. Può spiegare nel modo più semplice possibile di cosa si tratta?
Si tratta di una tecnica di ingegneria genetica di nuovo tipo, che consente di svolgere modifiche estremamente precise nel DNA di una cellula. La tecnica è stata sviluppata dopo aver studiato uno dei meccanismi di difesa utilizzati da certi batteri contro le infezioni virali. Ecco come funziona. La cellula batterica è in grado di immagazzinare sul proprio cromosoma brevi sequenze di DNA (le sequenze CRISPR) derivate dal DNA dei virus di precedenti infezioni. Queste sequenze vengono usate dal batterio come “memoria” dell’infezione ed, essendo sul cromosoma, tale memoria è trasmessa anche alle generazioni successive di batteri. Durante una successiva infezione dello stesso virus, le sequenze CRISPR consentono al batterio di riconoscere velocemente il virus invasore che viene così eliminato. Il meccanismo di riconoscimento è basato sull’azione di un piccolo RNA (l’RNA CRISPR) che guida sul DNA del virus, in maniera molto specifica, una proteina (che si chiama Cas9, da CRISPR associate) che lo taglia e lo degrada. Per utilizzarla come tecnica di modificazione genetica nelle cellule delle piante (o di animali), i ricercatori hanno imparato a sintetizzare un RNA CRISPR artificiale, che viene ora chiamato gRNA (cioè RNA guida). Modificando la sequenza in basi del gRNA possiamo guidare Cas-9 su qualunque gene, in modo molto specifico. Le modifiche che Cas-9 può svolgere una volta giunto a destinazione sono le più varie e, tra queste, l’inattivazione genica (si cambia una base azotata cruciale per il funzionamento del gene), o la sostituzione di un gene con una sua versione modificata, per esempio corretta rispetto ad una mutazione ereditaria. Si comprende così anche il nome che è stato dato a questo approccio: “genome editing” significa letteralmente “correzione del genoma”, in quanto si può cambiare anche solo una singola base azotata di un intero genoma, proprio come si corregge anche solo una lettera o una parola di un documento che stiamo scrivendo.
Perché è considerato un metodo così ‘rivoluzionario’?
La rivoluzione consiste nella semplicità tecnica e nella precisione con cui si svolge la modifica del DNA, almeno relativamente alle tecniche tradizionali di ingegneria genetica. In pratica, significa che ora possiamo agevolmente modificare qualunque gene, senza effetti sugli altri geni e senza aggiungere DNA di altre specie. La tecnica apre prospettive enormi nella ricerca scientifica, per esempio facilita lo studio del funzionamento dei genomi e degli innumerevoli geni (la maggior parte) di cui non conosciamo ancora la funzione. Dal punto di vista delle applicazioni pratiche, la modifica mirata di geni ha ovvie potenzialità nel miglioramento genetico delle colture agrarie, ed a vari livelli nella cura di malattie nell’uomo.
Che differenza ci sarebbe quindi tra un “Crispr” e un “OGM”?
Sussistono differenze importanti, almeno dal punto di vista del consumatore. Una pianta modificata con CRISPR presenta uno o poche modifiche nella sequenza delle basi azotate, solo ed esattamente dove voluto, che le conferiscono le caratteristiche favorevoli previste. Viceversa, una pianta OGM “tradizionale” possiede uno o alcuni geni (ciascuno di qualche migliaio di basi) che sono stati aggiunti per ottenere determinati effetti. Tali geni in genere provengono da specie diverse (da cui l’espressione ‘pianta transgenica’). Da notare inoltre che in molte piante OGM sono stati aggiunti anche 1-2 geni (i famosi geni per la resistenza all’antibiotico) per esigenze tecniche di sviluppo, in laboratorio, della pianta transgenica. Tutto questo non è richiesto nell’approccio CRISPR-Cas9. Occorre comunque tener presente che la tecnica CRISPR-Cas9 è talmente flessibile da potersi prestare a modifiche anche molto più complesse.
Non si tratta comunque di manipolazione genetica? Suonerebbe come un metodo per aggirare le normative esistenti…
Beh, certamente si tratta di una modifica del DNA operata dall’uomo. Dato che per molti dei prodotti di Genome editing si tratterà di semplici e precise modifiche della sequenza del DNA (spesso anche solo di una singola base azotata, tra le miliardi che costituiscono il genoma di ogni cellula), saranno di fatto non distinguibili da varianti (mutazioni) di origine naturale. Non dimentichiamoci che tali mutazioni avvengono continuamente, in tutte le cellule, di tutti gli organismi. Per esempio, nell’uomo si generano circa 100 nuove mutazioni di questo tipo per generazione (cioè nel passaggio tra genitori e figli). Tuttavia, non è ancora chiaro come le nuove cultivar migliorate tramite Genome editing saranno regolate dal punto di vista legislativo. Se cioè saranno considerati come OGM o se come prodotti del miglioramento genetico tradizionale. Nel primo caso, una nuova varietà, come succede per gli OGM, dovrà superare un lungo e costoso percorso (si parla di circa 100 milioni di dollari) di controlli ed autorizzazioni prima di essere ammessa alla coltivazione ed al consumo. Si noti che finora solo le grandi multinazionali hanno potuto sobbarcarsi tali costi e solo per le specie di vasta diffusione, che garantiscono il dovuto ritorno economico. Attualmente lo USDA americano ha considerato come non OGM una varietà di funghi per la coltivazione in serra modificata con CRISPR-Cas9, in quanto non è presente nella varietà finale nessuna porzione di DNA estranea alla specie. Rimane tuttavia da vedere se questa sia una presa di posizione generale dell’importante ministero americano, o se valga solo per il caso specifico. L’Unione Europea non si è ancora espressa al riguardo.
In questi giorni si parla molto dell’esperimento di Jansson, anche se non ho compreso nello specifico quale parte del genoma della verza avrebbe modificato e perché, ci potrebbe dire quali applicazioni può avere questo metodo più in generale? Quali sarebbero le ripercussioni sull’ambiente, sull’agricoltura e sulla salute dell’uomo?
Per quanto si legge sul blog personale, Jansson non ha rivelato quale fosse il gene modificato nel cavolo che ha coltivato e mangiato con soddisfazione. Le ripercussioni che vedo nell’adozione dell’approccio CRISPR-cas9 nel miglioramento genetico delle piante sono essenzialmente tutte positive. In un primo tempo ci consentirà di velocizzare lo studio e l’identificazione dei geni coinvolti in processi chiave come la resistenza a malattie, la produttività in ambienti siccitosi, la salubrità dei cibi, e molti altri. In un secondo momento, potremmo operare quelle modifiche genetiche per produrre varietà migliorate per gli stessi aspetti. Occorre ricordare che l’aumento della popolazione mondiale, il cambiamento climatico, e la degradazione dell’ambiente sono realtà incontrovertibili e che necessariamente richiedono di sviluppare una agricoltura più produttiva e più efficiente nell’uso delle risorse, in altre parole più sostenibile. Un’agricoltura migliore passa anche attraverso l’adozione delle tecniche di Genome editing.
Per quanto concerne l’agricoltura, in Italia non è possibile limitare l'importazione di prodotti OGM autorizzati a livello europeo né vietarne la coltivazione se non per motivazioni scientificamente supportate. Alla luce del fatto che kit di manipolazione genetica sono in vendita on line e chiunque può facilmente ordinarli in pochi giorni per compiere esperimenti di ogni tipo in casa propria, la tecnica Crispr potrebbe permettere di aggirare ostacoli normativi anche qui e rendere obsolete le normative europee?
E’ vero che i protocolli di Genome editing appaiono già attualmente di più facile implementazione rispetto agli OGM tradizionali e quindi saranno alla portata di molti laboratori. Inoltre, non vi è dubbio che, per loro stessa natura, le modifiche prodotte dalla tecnica Crispr siano spesso tecnicamente indistinguibili da modifiche che possono avvenire naturalmente per mutazione casuale. Ritengo quindi che sia essenzialmente insensato, oltre che impossibile, cercare di prevedere una tracciatura delle varietà modificate con genome editing, come si tracciano attualmente gli OGM. Faccio un esempio: immaginiamo di introdurre, tramite CRISPR-Cas9, una modifica di una sola base azotata in un gene di una varietà, che grazie a questa modifica diventi più produttiva. Se, dopo qualche tempo, un collega ricercatore dichiarasse di aver rintracciato la stessa mutazione nello stesso gene, in un'altra varietà o specie selvatica, non ci sarebbe modo di distinguere i due eventi fra di loro e quindi di stabilire se dice la verità.
I laboratori cinesi, dove evidentemente le normative sulla manipolazione genetica sono meno ristrette di quelle del mondo occidentale, hanno utilizzato la tecnica Crispr (per ora con scarso successo) su embrioni umani per renderli resistenti al virus dell’HIV. Pare che anche il Regno Unito abbia approvato studi sugli embrioni umani aprendo così nuove discussioni sulla materia. A quando i primi umani geneticamente modificati? Lei ritiene che la CRISPR possa permettere agli scienziati di fare grandi passi avanti nella cura di particolari malattie o difetti del genoma?
In effetti, le tecniche di Genome editing stanno facendo ancora più clamore in genetica umana. Le possibili applicazioni sono moltissime e vanno dalla cura di malattie tradizionali causate da agenti virali, alla terapia tumorale, fino alla vera e propria terapia genica nei casi di malattie genetiche. Infine occorre considerare che diventerà probabilmente possibile modificare anche la linea germinale di un paziente, cioè, in altre parole, correggere definitivamente un difetto genetico in modo che, nella procreazione, sia trasmessa la copia corretta e non quella non funzionante del gene. In questo ambito il dibattito tecnico ed etico è in corso, e dovrà prima o poi ripercuotersi anche in decisioni legislative.