Patrizia Muzzi | Cambio Quotidiano Social
In pieno periodo di vacanze estive ricevo nella buchetta delle lettere un foglio bianco e verdognolo con su scritto: ‘Confronto pubblico Passante di Bologna’. Se non avessi buttato l’occhio sarebbe finito istantaneamente nel raccoglitore della carta da riciclo condominiale intasato da listini di pizzerie da asporto. Nel volantino bianco e verde (verde come Natura) erano comunicate le date degli incontri tra la cittadinanza ed i tecnici della società Autostrade per l’Italia che sarebbero serviti a eliminare eventuali dubbi sul progetto in fase di realizzazione, ovvero l’ampliamento in sede del sistema esistente mediante il compimento di una piattaforma a 3 corsie più corsia di emergenza per senso di marcia sia sull’A14 che sulla complanare (con 4 corsie nel tratto più carico). In poco tempo si è deciso di aumentare in modo massiccio la già esistente rete autostradale che attraversa l’antica città di Bologna. Mi domando in quanti siano davvero a conoscenza di quello che sta per accadere. Visito il sito www.passantedibologna.it e trovo un video che riassume il progetto esaltandone rapidità ed efficacia. Scopro inoltre che il 26 ottobre si concluderà il sopra citato dibattito cittadino (quando questo articolo sarà pubblicato si sarà già concluso). Alla fumosa discussione cui ho partecipato, eravamo sei persone incluso il direttore del locale che ci ospitava. Ho chiesto chiarimenti al ‘Comitato NO al Passante di Mezzo’ e al professor Gian Battista Vai dell’Università di Bologna.
Che cosa ha affossato l’idea di costruire il Passante Nord che avrebbe ridotto il traffico in prossimità del centro storico di Bologna?
Questa domanda può avere due risposte: una ufficiale e una reale. La risposta ufficiale, almeno quella che si legge dai documenti presentati da ASPI e sostenuta dalla politica locale, vuole che il Passante Nord avrebbe rappresentato una non soluzione al problema trasportistico in quanto sarebbe stato “poco attraente” per l’utenza a causa della maggior lunghezza del tracciato rispetto al tracciato attuale del raccordo A1 – A14 e che quindi, per “disincentivare” l’uso di quest’ultimo a favore del Passante Nord, si sarebbe dovuto imporre un extra-pedaggio ai mezzi pesanti per l’attraversamento dell’attuale tracciato. Inoltre, sempre secondo ASPI, la realizzazione del Passante Nord avrebbe avuto un maggior impatto ambientale a causa del maggiore consumo di suolo (200 ettari contro 20), maggiori movimenti terre (4 milioni contro 400.000), maggiori consumi di carburante e quindi maggior inquinamento a opera realizzata. A parte il fatto che le motivazioni addotte da ASPI e dalle Autorità relativamente all’abbandono del progetto di Passante Nord sono facilmente contestabili - basti pensare che riguardo al consumo di suolo, dai dati forniti dalla Regione, risulta che i Piani Urbanistici dei Comuni regionali contengono previsioni di nuove urbanizzazioni per complessivi 25.000 ettari (altro che i 200 ettari del Passante Nord), o che le stesse considerazioni fatte a sostegno del Passante di Mezzo relativamente agli effetti benefici indotti alla qualità dell’aria dalla fluidificazione del traffico e dal controllo delle velocità di transito potrebbero essere applicate tranquillamente anche al Passante Nord - la verità è un’altra. La verità è che il Passante Nord (ma la stessa cosa sarebbe accaduta per un eventuale Passante Sud), di cui si era iniziato a parlare nel lontano 1986, è stato oggetto di una Procedura d’Infrazione da parte della Commissione Europea (Procedura n. 2008/4007) in quanto la realizzazione dell’opera da parte di ASPI creava problemi di conformità con il diritto comunitario in materia di Concessioni e Lavori Pubblici (all’epoca vigeva la Direttiva 2004/18 che è stata sostituita dalla nuova Direttiva 2014/24). La Procedura d’Infrazione è stata superata proprio in virtù del fatto che le Autorità italiane si sono impegnate a cambiare il progetto passando al cosiddetto Passante di Mezzo che, configurandosi come strumento ausiliario della A14, la cui sede e la cui natura rimangono di fatto immutate, consente di aggirare il problema.
Perché la decisione di costruire il Passante di Mezzo è definita irrevocabile?
Qui la risposta è un po’ complessa e bisogna partire da lontano. Occorre ricordare che alla base del pagamento dei pedaggi autostradali da parte degli automobilisti c’è l’intento di rimborsare al gestore le spese per gli investimenti effettuati sulla tratta e per le spese di manutenzione. Teoricamente, una volta finiti gli ammortamenti delle spese da parte dei gestori, l’incasso del pedaggio dovrebbe tornare nelle casse dello Stato o meglio ancora il pedaggio dovrebbe essere ridotto o eliminato dal momento che gli automobilisti hanno finito di pagare i lavori sull’autostrada. In Italia, invece, vige una pratica differente: i gestori promettono nuovi investimenti sulle strade, così si giustificano le proroghe automatiche delle concessioni e i pedaggi restano (e spesso aumentano di anno in anno, per non dire poi che il beneficio economico dei gestori per la proroga automatica dei pedaggi, supera di gran lunga le spese per i nuovi investimenti). A quanto pare il governo Renzi ci tiene molto a prorogare ai gestori come ASPI le concessioni per le autostrade. Un primo tentativo, stoppato dalla Commissione Europea che ha beccato il governo in flagrante, risale al 2014 anno del decreto Sblocca Italia. All’articolo 5 del decreto, in pratica, si garantiva la proroga automatica delle concessioni nel caso in cui il gestore presentasse un piano di investimenti per l’ammodernamento della rete autostradale. Peccato che l’UE giudicò il pacchetto di investimenti presentato come inadeguato perché riferito in gran parte ad investimenti già previsti o non realizzabili per vari motivi. Ora il governo è tornato a trattare con la commissaria UE alla Concorrenza, Margrete Vestager seguendo la scia della Francia che sta trattando per le sue autostrade una proroga di 7 anni in cambio di investimenti. Nel nostro caso ASPI promette i lavori per la cosiddetta Gronda di Genova e il Passante di Mezzo. L’investimento avrebbe una spesa complessiva di circa 4 miliardi e secondo il governo giustificherebbe la proroga della concessione per altri 7 anni, per un valore di circa 30 miliardi di euro di incassi dai pedaggi. Insomma, un bell’affare per ASPI, un po' meno per gli italiani. Va però chiarito al riguardo che ASPI potrebbe investire anche in altro volendo, non necessariamente sul Passante di Mezzo. Il Passante di Mezzo è una richiesta che viene dalla politica e, in particolare, dal Ministero dei Trasporti.
Come mai la scelta sul Passante di Mezzo è stata così rapida mentre le altre soluzioni sono state vagliate a lungo?
Per le ragioni a cui accennavamo prima: il Passante di Mezzo è l’unico intervento la cui realizzazione può essere affidata ad ASPI senza violare il diritto comunitario in materia di Concessioni e Lavori Pubblici. Qualunque altro intervento dovrebbe essere soggetto a procedure internazionali.
Il 26 ottobre si è concluso il dialogo con i cittadini. Avete la percezione che gli abitanti di Bologna siano consapevoli di quello che sta per accadere?
Assolutamente no! I bolognesi dell’impatto che quest’opera avrà nel lungo termine sulla qualità della vita nell’ambito urbano hanno capito davvero poco, abbagliati, in molti casi, dall’idea di una tangenziale libera dal traffico e dalla possibilità di vedere realizzati interventi di mitigazione urbanistica dell’opera esistente che in realtà si sarebbero già dovuti realizzare (basti pensare all’installazione delle barriere anti rumore già previste dal progetto di realizzazione della terza corsia dinamica). Tanto per dare qualche numero: secondo quanto riportato dal Piano della Mobilità redatto dalla Città Metropolitana (PUMS) ogni giorno nella Provincia di Bologna vengono generati 540.738 spostamenti sistematici di cui circa 180.000 prodotti dalla Città di Bologna, altri 110.000 prodotti dai Comuni limitrofi e i restanti dagli altri 49 Comuni. Circa il 70% degli spostamenti prodotti dall'insieme dei Comuni della Città Metropolitana avviene tramite l'utilizzo dell'auto, ad eccezione della Città di Bologna in cui quest'uso è più contenuto (circa 40%). Gran parte degli spostamenti generati dai Comuni limitrofi, ma anche parte degli spostamenti generati dai restanti 49 Comuni, gravitano su Bologna e molti di questi interessano direttamente l'uso della tangenziale, come è facilmente desumibile dalle dinamiche del traffico in entrata e in uscita dalla città nelle ore di punta. Quindi nei giorni feriali, con i suoi 80.000 veicoli giornalieri medi (dati Società Autostrade), la tangenziale di Bologna assorbe gran parte di questo traffico che si riversa poi in città attraverso l'uso dei principali assi viari cittadini (Via Mazzini, Via San Donato, Via Stalingrado, Via Massarenti, ecc.) su cui gravitano le uscite della tangenziale. Il progetto di ampliamento dell'asse stradale prevede anche la realizzazione di alcune altre opere stradali (completamento dell'intermedia di Pianura, completamento della Lungo Savena, Complanare Nord, ecc.) che dovrebbero fare da “gronda” per il sistema tangenziale/autostrada portando, a regime, a circa 110.000 veicoli giornalieri medi il traffico assorbito dalla tangenziale. Se a questi si sommano i circa 75.000 veicoli medi giornalieri che transitano sull’Autostrada, vuol dire che a regime sull’intero asse stradale transiteranno ogni giorno circa 185.000 veicoli. E’ evidente che, nonostante le rassicurazioni di ASPI, questo non contribuirà di certo a migliorare la già scadente qualità dell’aria nell’agglomerato di Bologna.
L’autostrada A14 passa a 3 km dal centro storico di Bologna grazie ad una scelta infelice che venne compiuta negli anni ’60. Quindi peggioreremmo la già drammatica situazione ambientale della città?
Assolutamente si! Riguardo all’analisi della qualità dell’aria nella città di Bologna, va evidenziato come la documentazione prodotta da ASPI sottostima e minimizza i risultati dei rilevamenti condotti dall’Agenzia Regionale per l’Ambiente e l’Energia (ARPAE) che conduce i monitoraggi della qualità dell'aria. Infatti, leggendo attentamente i rapporti dell’Agenzia relativi alle campagne di monitoraggio condotte con le stazioni mobili lungo l’asse autostrada/tangenziale (in particolare i dati relativi alla campagna condotta nel 2015), si può notare che:
- le giornate di sforamento delle PM10 sono il doppio rispetto a quelle della stazione di Porta San Felice che rappresenta la stazione ufficiale per il monitoraggio delle emissioni da traffico urbano;
- le PM2,5 sono normalmente superiori del 20% ai limiti previsti per legge che, tra l’altro, sono destinati ad abbassarsi ulteriormente a partire dal 2020;
- nonostante le discontinuità nella misurazione, le emissioni di NOX sono normalmente elevate soprattutto in riferimento ai valori massimi che superano anche di 4 volte quelli misurati presso la stazione di Porta San Felice, il che si traduce in superamenti non solo delle medie giornaliere ma anche del massimo orario (200 mg/m3).
Inoltre, va ricordato che per quanto riguarda gli NOx già oggi la Regione per l’agglomerato di Bologna opera in deroga rispetto agli obiettivi della Direttiva 2008/50/CE a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi posti dalla Direttiva stessa. In virtù di ciò, la Regione Emilia-Romagna sta concludendo l’iter di approvazione del Piano Aria (PAIR 2020) che è stato adottato con Deliberazione della Giunta Regionale n. 1180 del 21 luglio 2014. La finalità principale del PAIR è quella della tutela della qualità dell’aria e quindi si pone degli obiettivi specifici di riduzione degli inquinanti presenti nell’atmosfera rispetto a quelli registrati nel 2010 (cfr art 12 della NTA). Per raggiungere detti valori obiettivo, il PAIR prevede una serie di misure che in larga parte incidono ed interessano il tema della mobilità. Tali misure sono previste in specifici articoli delle NTA, e sono rivolte ai Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti nonché ai Comuni appartenenti all’agglomerato di Bologna e riguardano anche interventi legati a: “Limitazioni alla circolazione dei veicoli privati nel centro abitato” (art. 14) e “Altre misure limitative dei flussi veicolari nei centri abitati” (art. 15). Queste misure, di limitazione alla circolazione, non incidono ovviamente sul traffico in transito sull’asse stradale tangenziale/autostrada. Siamo così al paradosso che i cittadini di Bologna sono costretti a subire misure restrittive della loro libertà di circolazione mentre chi realmente contribuisce all’inquinamento dell’aria può circolare tranquillamente.
Siamo in controtendenza con tutto quello che viene di solito auspicato ovvero diminuire le immissioni di inquinanti, conservare la bellezza del paesaggio, rendere le città più vivibili ed ecologiche, chi tutela i diritti dei cittadini in questi casi?
Se non lo fa la Pubblica Amministrazione (Regione, Città Metropolitana, Comune) è difficile che lo faccia ASPI. In tutte le città del mondo in cui sono presenti importanti assi stradali come quello presente a Bologna, si sta provvedendo a delocalizzarli al di fuori dell’area urbana o, addirittura, ad eliminarli. Casi eclatanti in tal senso sono quello di Lione e di Madrid (ma se ne possono citare molti altri): a Lione stanno progettando di declassare le autostrade A6 e A7 che attraversano la città per trasformarle in boulevard, mentre a Madrid lo hanno già fatto interrando completamente le due strade che correvano parallele al Fiume Manzanarre per trasformare la superficie ottenuta in un grande parco urbano (vedi Progetto Rio Madrid).
Chi monitora la qualità dell’aria nella città metropolitana? Quali dati abbiamo a disposizione?
La norma quadro in materia di valutazione e gestione della qualità dell’aria è rappresentata dal D.Lgs n. 155/2010. Sulla base di quanto previsto dal decreto, la Regione Emilia Romagna con la 2001/2011 ha ripartito il territorio regionale in 4 parti: l’“Agglomerato Urbano di Bologna”, a cui afferiscono Bologna e diversi comuni limitrofi, e tre zone omogenee - la zona “Appennino”, la zona “Pianura Ovest” e la zona “Pianura Est”. Tutte e quattro queste aree sono interessate dalla rete di monitoraggio regionale della qualità dell’aria. La rete regionale della qualità dell’aria (RMQA), che viene gestita da ARPAE per conto della Regione, dal primo gennaio 2013 è composta da 47 punti di misura in siti fissi e 176 analizzatori automatici. La rete è completata da 10 laboratori mobili e numerose unità mobili per la realizzazione di campagne di valutazione e dalla rete meteorologica RIRER, di cui 10 stazioni per la meteorologia urbana (MetUrb). La rete di monitoraggio nella provincia di Bologna presenta 7 stazioni di misurazione, distribuite su 5 comuni, e precisamente da:
- Bologna - Porta San Felice, rappresentativa del livello di inquinamento proveniente dal Traffico Urbano in cui vengono monitorati NO2, CO, PM10, PM2.5, O3, e BTX;
- San Lazzaro, rappresentativa del livello di inquinamento proveniente dal Traffico Urbano in cui vengono monitorati NO2 e PM10;
- Bologna – Giardini Margherita, rappresentativa del livello di inquinamento propriamente definito come Fondo Sub-Urbano in cui vengono monitorati NO2, PM10, PM2.5 e O3;
- Bologna – Chiarini, rappresentativa del livello di inquinamento propriamente definito come Fondo Urbano in cui vengono monitorati NO2, PM10 e O3;
- Imola - De Amicis, rappresentativa del livello di inquinamento proveniente dal Traffico Urbano in cui vengono monitorati NO2, CO, PM10 e BTX;
- Molinella – San Pietro Capofiume, rappresentativa del livello di inquinamento propriamente definito come Fondo Rurale in cui vengono monitorati NO2, PM10, PM2.5 e O3;
- Porretta Terme – Castelluccio, rappresentativa del livello di inquinamento propriamente definito come Fondo Remoto in cui vengono monitorati NO2, PM10, PM2.5 e O3.
Nel 2014, la qualità dell’aria nella Città Metropolitana di Bologna è stata migliore rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, i limiti di legge per le concentrazioni di diversi inquinanti non sono stati rispettati ovunque. Ad esempio, in linea con le stazioni da traffico della rete di monitoraggio della qualità dell'aria regionale, il limite della media annua del biossido d’azoto (NO2) non è stato rispettato nella stazione di Porta San Felice (traffico urbano), dove si riscontrano valori pressoché invariati dal 2012. Rispetto al 2013 rimane critica anche la situazione dell’ozono, sebbene le condizioni meteo estive abbiano contribuito a ridurre sensibilmente il numero complessivo di superamenti del valore obiettivo per la protezione della salute umana nelle stazioni di Pianura e dell’Agglomerato di Bologna. Anche nel 2014, come negli anni precedenti, risulta superato il valore obiettivo per la protezione della vegetazione. I livelli di inquinamento relativamente bassi registrati nel 2014 per tutti gli altri parametri sono stati favoriti anche dalle particolari condizioni meteorologiche che hanno caratterizzato l’anno e che hanno contribuito da un lato a favorire i processi di dispersione degli inquinanti e dall'altro, in virtù delle temperature insolitamente miti dell'inverno, hanno contribuito a contenere le emissioni da parte degli impianti di riscaldamento.
Che cosa accadrà sulle vie principali del centro storico che sono già intasate a loro volta da una pessima gestione del traffico? Sappiamo tutti che le piste ciclabili non vengono utilizzate perché l’aria è irrespirabile e spesso sono disconnesse tra loro. Non sarebbe stato meglio trovare un modo per decongestionare il centro storico piuttosto che aumentare il carico di inquinanti?
Chiunque conosca la città sa che il vero problema da risolvere è cercare di ridurre in tutti i modi il traffico veicolare, soprattutto quello che si riversa quotidianamente in città dai Comuni limitrofi e che ogni giorno intasa tutte le strade principali che dalla tangenziale conducono in centro. L’unico modo per risolvere il problema sarebbe investire su di un sistema di mobilità alternativa, preferibilmente ferrovie, in grado di mettere in comunicazione il centro città con i Comuni periferici. Si potrebbe cominciare, ad esempio, col potenziare l’SFM (Servizio Ferroviario Metropolitano). Peccato che sia proprio di questi giorni la notizia che il Governo intende tagliare di altri 2 miliardi di Euro i trasferimenti verso i Comuni e che questi tagli interesseranno principalmente il trasporto pubblico locale.
Autostrade per l’Italia parla di aumento delle zone verdi e di miglioramento delle barriere acustiche. Gli ettari di verde previsti dalla società Autostrade saranno sufficienti per tamponare la mole di gas di scarico che si riverserà sul territorio?
Sicuramente barriere antirumore e alberi possono contribuire a migliorare le condizioni ambientali soprattutto localmente, ma è evidente che per abbattere la mole di inquinanti prodotti da circa 180.000 veicoli (quanti saranno secondo ASPI quelli che transiteranno sull’asse stradale una volta realizzati gli interventi) occorrerebbero ettari ed ettari di bosco. Inoltre, bisogna ricordare che stiamo ancora aspettando che ASPI installi le barriere antirumore e realizzi le aree verdi che erano previsti dal progetto di realizzazione della terza corsia dinamica.
Quali sono le soluzioni alternative secondo il comitato per il NO?
Non abbiamo ricette preconfezionate al riguardo. E’ dall’inizio di questa annosa vicenda che ci affanniamo a dire che secondo noi sarebbe opportuno che le soluzioni migliori per risolvere il problema della mobilità nell’intera area della Città Metropolitana venissero fuori da un Concorso di Idee Internazionale del tipo di quelli che si fanno in tutta Europa e che sono fortemente consigliati dalla nuove Direttive Europee in materia di Lavori Pubblici (Direttive 2014/23/CE, 2014/24/CE e 2014/25/CE).
Arrivati a questo punto i cittadini che sono contrari a una decisione del genere che cosa possono fare?
Continuare nella loro battaglia cercando di portare la questione all’attenzione nazionale e internazionale, visto che il nodo di Bologna, a ragione, è considerato uno dei nodi strategici del sistema di mobilità nazionale ma anche internazionale. E’ già pronta una petizione che non appena raccolte un numero adeguato di firme verrà inviata al Consiglio d’Europa, nella speranza che almeno le autorità europee ci diano ascolto.