Tra i capi di stato e di governo del panorama mondiale ed europeo che in questi mesi sono stati ai bordi del ring imperiale dove si è svolto il match politico per il 45° Presidente Usa, Matteo Renzi conquista l’Oscar del ridicolo, spiccando tra gli altri non certamente per imparzialità e fair play verso i due contendenti, né tanto meno per quel dovuto distacco e attenta lungimiranza diplomatica che pure in sede globale tutti si attendevano da lui. Si scrive questo con enorme amarezza e disappunto e non per facile polemica. Dopo la sconfitta del gruppo dinastico e familistico dei Clinton, i rapporti tra Renzi e la nuova amministrazione Trump saranno come è prevedibile particolarmente tesi e perigliosi.
Abbiano una guerra in casa fatta di droni e attacchi a un paese ex coloniale a noi vicinissimo, la Libia, colpi che partono ogni giorno dalle isole italiane, la Sardegna, la Sicilia e non solo sono state trasformate in rampe di lancio di migliaia di droni, armi miciciali scagliate a distanza nel Mediterraneo, con il beneplacito del Consiglio Superiore delle Forze Armate, presieduto dal finto ‘pacifista’ Sergio Mattarella, siamo cioè in forte pregiudizio verso il nuovo assetto politico strategico globale che deriva da questa, poi non tanto inattesa, vittoria di Donald Trump.
Al contrario di una buona e saggia lettura dei rapporti interni alla società e alle istituzioni americane, il Presidente del Consiglio si è particolarmente distinto, per il suo modo fanatico e talvolta estremamente sguaiato, di porre le questioni di un diverso rapporto tra Italia e Stati Uniti, specie nella nuova contingenza in cui da qualche anno si trova, vacillante, la stessa tenuta dell’Unione Europea, dopo Brexit. In modo fin troppo evidente, Renzi è tra coloro che, insieme al comico e guitto Roberto Benigni, ha fatto rimediare al nostro Paese una tra le peggiori figuracce geopolitiche di questi ultimi decenni, mettendo in evidenza l’aspetto meno vero della nostra identità nazionale, sul sempre più difficile e pericoloso scacchiere mondiale.
Sudditanza, interesse di parte, acquiescenza alla lobbies del potere militare e di certo entourage affaristico politico italo-americano, sono oggi i tratti distintivi di un governo Renzi, e perché no, di una presidenza Mattarella, che hanno infranto non poche regole chiave del manuale Della Casa ma soprattutto stracciate pagine storiche di scienza politica internazionale che rimandano non a Dante ma al Guicciardini e al Machiavelli, non versi ma trattati su cui il comico dovrebbe dare una rapida scorsa e ripassata, asciugando sia i capitoli che la lingua.
Con una testardaggine e una sicumera che hanno infranto ogni limite della cautela politica, fino a sforare in una sorta di avventurismo dell’arroganza personale, il Presidente del Consiglio e leader del Pd, proprio nel ‘clou’ di una infuocata e durissima campagna elettorale, assumeva porto franco una chiara posizione di appoggio e collateralismo, recandosi giulivo con un codazzo di ‘famigli’ al seguito, nelle stanze ovali e circolari della Casa Bianca, non per assaggiare le ortalizie della signora Obama, ma per perorare la causa dei Clinton, chiedendo in cambio a Barack di dire qualcosa a favore del SI al suo sempre più insostenibile Referendum costituzionale.
Tuttavia il punto non sta solo nella sfacciata e quanto meno inopportuna ingerenza sollecitata da Renzi a Obama, strattonato a intervenire, anche almeno con un solo ‘speach ("Il 'sì' al referendum aiuterà l'Italia. Le riforme sono quelle giuste. Spero che Matteo resti al timone, faccio il tifo per lui") nelle scelte sovrane del popolo italiano, fatto che gli elettori sono tenuti a tenere debitamente in nota il giorno del voto referendario, battendo la protervia di chi è andato non a perorare la causa degli interessi nazionali, ma quelli del proprio carrierismo personale. Quanto, invece, nel clamoroso, evidente errore di politica estera commesso da un Renzi che, incautamente e con molta leggerezza, ha compromesso vistosamente le relazioni prossime e future con la nuova amministrazione Trump.
Da oggi, infatti, l’intero impianto della politica estera italiana è fortemente pregiudicato e probabilmente in prossima e prevedibile fibrillazione. Il trio Mattarella, Gentiloni e Renzi che ha condotto la subdola guerra in Libia con scelte sconcertanti, molto spesso fatte al di fuori dello stesso mandato parlamentare, deve rispondere di questa impressionante sequenza di errori e sottovalutazioni che rischiano di esporre il nostro Paese anche sul piano della sicurezza internazionale.
Non mettano mano alle solite sciagurate repliche propagandistiche e strumentali, attivando la pletora di pennivendoli che hanno sistemato nei principali giornali nazionali e locali, nelle radio e nelle televisioni pagate in bolletta di stato. Si rendano conto che hanno esposto l’Italia non solo al ridicolo (altro che ‘culona’ di Berlusconi!) e rispondano al Popolo e al Parlamento del fallimento impressionante del Governo Renzi sia in politica estera che interna.