di Vito Barresi | Trasferta Libera |
Gran Toro serie spider alla guida di Belotti, che in trasferta viene vince saluta e torna a casa. Quattro salti sotto porta e tre punti in padella, una doppietta del suo goleador, chi chi chi pulisce più di Chante Clair, Belotti, il Gallo del Pulito, e tante premialità in classifica raccolte come preziose conchiglie sulla riva sud del Paese lontano. Il blasone in undicesimo di una tra le più illustri dinastie calcistiche nazionali sbarca nelle terre dei Fratelli Vrenna, le stesse che un tempo furono dei romantici Fratelli Bandiera, decretando per il Crotone più o meno la stessa fine che Carlo Alberto volle fortissimamente volle per l’illuso sognatore Giuseppe Mazzini.
Un Torino body building, roccioso e flessibile in difesa, che ha saputo aspettare il Crotone fino sul baratro della ormai sua fatidica fossa dell’ottantesimo, fascia oraria in cui i pitagorici vanno in catalessi, si interrompono i collegamenti tra manto erboso e panchina, nel mentre i calciatori in ogni ordine di apparizione crollano irrimediabilmente sotto i fendenti più ritmati degli avversari. Si tratta di un ‘dejà vu’, un ormai arcinoto difetto di fabbricazione a cui Mister Nicola non sa porre rimedio, in nessuna sede di rettifica e revisione dell’albero motore.
Granata che la spuntano sempre con facilità su qualche velleitario attacco del Crotone e, nel frattempo, regalano alla propria platea, venuta in discreto drappello nella periferia della provincia mediterranea, un primo tempo di surplace ciclistico, senza per altro mai spingere a fondo sui pedali. Rossoblù in formato ‘home sweet home’ che sembravano promettere di avere nei polpacci meno paura degli avversari. Accolti dal fiato degli spalti amici questa volta non ne hanno colto il calore, anche quando piuttosto nervosamente i tifosi della curva sud hanno urlato a conversato ad alto volume.
Non per polemica ma un conto è organizzare bene il tifo, farlo cantare e suonare, sotto le bandiere della squadra, un altro è sedere in panciolle in Consiglio Comunale. Certi ex capi ultras sono diventati come qualche locale Toro Seduto, amano di più stare comodi tra le poltrone delle istituzioni comunali che organizzare con intelligenza il sostegno settimanale.
La verità è che i ragazzi del Crotone, questa squadra che è pure carina, vivono in una difficile condizione di solitudine ambientale, fatta di distinguo, contrapposizioni, permalosità, gelosie, protagonismi e rancori interni a una società che sta dimostrando tutti i suoi limiti nella gestione di questa complicata impresa calcistica in alta quota.
Così la squadra, e con essa anche Mister Nicola, non è mai riuscita a trovare la sintonia, l’andante con moto da corrida, sognando come Don Chisciotte e Sancho Pancia, il tanto atteso fatidico ‘olè’ che è invece venuto ma alla rovescia.
Fraseggi, scambi, scatti improvvisi, viaggi a vuoto da una porta all’altra, ma in buona sostanza, a parte il conteggio dei corner e del possesso palla, tra i pitagorici non c’è filo del discorso, tanto che il loro calcio a lunghi tratti si fa rugbistico, illusorio cimento. Il Torino cambia Martinez con Iago Falque e Benassi con Boye. Il Crotone fa entrare Simy e uscire Trotta, Stoian al posto di Rohden. Come da copione saltano le marcature,si scombinano gli assetti.
Nel post partita, davanti ai microfoni e alle telecamere, che è come la pasticceria delle post verità, si daranno colpe all’allenatore, al singolo atleta, eccetera, eccetera. La realtà purtroppo è in vista tra una domenica e l’altra, quando si capisce che i Fratelli Vrenna ci metteranno pure tutto il loro impegno, ma le nozze con il vero pallone non si possono fare con i fichi secchi né con la filosofia della parsimonia spinta.
Ci vuole un tagliando di benzina, un pieno di corroborante carburante, un cambio di strategia e di strateghi, trovando nuovi modelli o moduli per affrontare il torneo. Ma per essere all’altezza dei tempi, al Crotone più che il fatidico colpo di fortuna, urge una profonda innovazione di mentalità, un adeguamento di visione e cultura sportiva che al momento con questa classifica non si lascia neanche intravedere.
Molto disinvolta la direzione di gara. L'arbitro ha troppe volte avuto gli 'occhi in...Celi'.