Vito Barresi
Cambio Quotidiano Social
Dice un vecchio proverbio popolare che ‘un No ti libera, un Si ti incatena’. Un adagio che giunge utile nei momenti finali della scelta e della decisione che essenzialmente ruota attorno alla semplice domanda: ‘chi ha paura della mano dominante del popolo?' . Non certo chi sta all'opposizione al contrario di chi, oggi, sta al governo di questo Paese. Non certo Grillo, non certo Salvini, che hanno posto problemi che un dilagante qualunquismo filo governativo vuole occultare o far finta di non vedere. Sicuramente della mano alzata del popolo ha di che aver paura Matteo Renzi, che nelle manifestazioni dei giovani viene ripetutamente tacciato come emblema dei 'nuovi mostri', anzi il 'mostro di Firenze', e quel che resta attorno a lui di un Pd spaccato e lacerato dal profondo e insanabile contrasto tra alcuni dei suoi padri fondatori e il suo attuale azionista di maggioranza. Al segretario fiorentino si porranno questioni ben più problematiche dopo il voto referendario, poste dai nuovi termini di una diversa configurazione e forma della democrazia costituzionale. Di fatto strutturalmente trasformata in questi ultimi decenni dal popolo stesso, dal diverso volto che oggi ha il Sovrano, perchè partecipata da nuovi soggetti politici, prima ostacolati e persino ostracizzati come antisistema, quanto ora, e non improvvisamente, già legittimati da questa loro eclatante difesa e riconoscimento dell'impianto normativo della legge primaria, voluta dai costituzionalisti più illustri e dagli artefici storici della Repubblica Italiana e della sua Carta avita, quella patrios politeia, di cui il renzismo vuole sbarazzarsi al più presto.
Per questo sbagliano quanti sostengono che a portare reali cambiamenti con il voto siano soltanto i sostenitori delle riforme volute da Renzi e dalla sua sempre più ristretta coalizione del SI. Schieramento che nel corso di questa campagna referendaria, ha mostrato di prediligere tematiche fatue, questioni avulse e generalgeneriche, quindi cadendo in una buca peggiore del da loro tanto deprecato populismo, scoprendo un proprio fondo ideologico considerevolmente e preoccupantemente qualunquista.
La limitatezza delle competenze politiche e ideali ha determinato in sostanza l’arrogante, persino impressionante, isolamento di Renzi e dei suoi zelanti replicatori di partito e di governo. Tale insufficienza analitica, questa evidente incapacità di leggere lo stato reale del Paese, la riluttanza a comprendere le mutazioni sociali e mentali nella concretezza dei rapporti che in questi anni si sono rideterminati tra società e politica, ha trascinato Renzi e il Pd in un soggettivismo velleitario del tutto opposto alla trasformazione reale del consenso, venuto fuori dalla dialettica di uno straordinario allargamento del vecchio arco costituzionale, con l’innesto di forze nuove e a forte caratura maggioritaria come sono nei fatti prima di tutto il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e la Lega Nord di Salvini.
Discostandosi da questo dato, che avrà certamente il proprio decisivo peso quantitativo nella possibile vittoria del NO, negando l’evidenza dell’altra parte della democrazia, cioè l’opposizione in movimento verso l’alternanza, non solo Renzi ha mostrato i suoi limiti di politico e di statista, ma si è volontariamente seduto sul crinale dell’errore, cercando di convincere i suoi interessati seguaci del momento come gli industriali della Confindustria, che solo lui avesse gli strumenti utili per incidere e determinare un cambiamento nell’assetto e nel clima politico italiano ed europeo.
Un così evidente errore di prospettiva e di visione complessiva ha indotto Renzi non a comprendere ma ad appannare la visibilità altrui, cercando di negare i più incisivi e autentici mutamenti che la vittoria del No porterebbe all’assetto complessivo del sistema istituzionale a partire da un diverso profilo dei fondatori, alla nuova identità repubblicana del Paese.
La formazione politico-istituzionale e la sua composizione organica sarebbe per questo profondamente rinnovata rispetto al passato, non più ambiguizzata e ‘corrotta’ dal pesante retaggio compromissorio del passato. Con la vittoria del No si profilerebbe così il definitivo tramonto di una Costituzione-Filosofia in cui erano sanciti i dati genetici del compromesso storico italiano, quelli di cui autoreferenzialmente si era impossessato, proclamandosi naturale erede, il partito unico del PD.
Con il Referendum e con il NO, la trasformazione costituzionale non avverrà dall’alto, nella rappresentazione di un esclusivo gioco aristocratico di potere, ma dal basso, nella forma di un flusso, una rigenerazione effettuata con forza coreutica inarrestabile. Così che il voto per il NO non sarà un sassolino ma un vero e proprio macigno che seppellirà demagogia e retorica degli opportunisti e dei veri avversari del riscatto del Paese e della felicità di tutti gli italiani.