Le buone mele del vecchio partigiano. In memoria di Mario Anderlini

MAURO ZANI
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Se né andato Mario Anderlini. Verso il quale ho sempre nutrito un affetto particolare. Non solo perché, come mio padre, ha fatto parte della 63° brigata Bolero. Lui però con posizioni di comando e in seguito valoroso partigiano della divisione Modena comandata dal leggendario Armando. Ma Mario è stato anche altro. Uomo tutto d’un pezzo. Lo ricordo duro militante e al tempo stesso tollerante, politicamente sempre saggio.


Realista senza alcun cinismo. Uno di quelli per cui contava l’organizzazione. Il partito come solidale comunità d’ideali. Roba d’altri tempi. Cui è restato, nella sua intima convinzione, sempre coerente. Quando si diede vita al PD , già il là con gli anni, ebbe a dire: “voglio morire democratico”. Certo i democretini non potevano, neppure alla lontana, capire cosa voleva dire Marione. Io sì e non gliene volli affatto. Voleva affermare una posizione di principio: sto e sempre starò laddove fui. Da quel momento i nostri rapporti, non sempre mediati da Fausto, s’interruppero anche perché ormai con l’età avanzata, non veniva più in montagna. Immagino cosa pensava di me che non avevo aderito al PD.


Ma sempre mi è rimasto caro. Come quando da Castel D’Aiano , dov’era solito trascorre i mesi estivi, arrivava all’improvviso a trovarmi . A volte con una cassa di mele o pesche, altre volte con un salame lungo un metro, altre con una gobba (carpa) da tre chili che sosteneva esser buonissima. Eh certo perché, com’è noto agli anziani, non si va mai a casa d’altri a mani vuote.

Anni prima, un pomeriggio, andammo insieme a pescare i “muli” nel laghi di Mantova. Mi passò a prendere con una (se ben ricordo) vecchia 125 Fiat. Guidava come un pazzo in assoluta sicurezza. “Vedrai tirano come muli”. E così fu. Ancora oggi non ho idea di quali ciprinidi esattamente si trattasse. Ma ci divertimmo molto. Salvo che poi li rigettammo in acqua a decine perché : “Mauro son mica buoni da mangiare”.

Era forte Mario. Un’altra volta, in occasione di una delle sue visite qui sull’appennino, osservò di sguincio un muretto che avevo tirato su alla meglio con molto cemento. Mi spiegò con cauta, delicata finezza che in montagna lui conosceva gente in grado di far meglio. Insomma di fare come si deve. Si doveva sempre fare comme il faut. Mario è stato questo: una persona comme il faut. In ogni possibile senso e in ogni fase della sua lunga, diritta, vita.

Grazie di tutto Mario.