Nicola Morra a Capo Colonna nell’ultima Valle degli Scempi

Vito Barresi
Cambio Quotidiano Social


Morra c’è, qualcun altro no… Nicola Morra, cittadino senatore, del Movimento Cinque Stelle incontra a Crotone i giornalisti sul tema della tutela e della difesa del patrimonio archeologico nell’area di Capo Colonne. E' arrivato puntuale non per fare mercatino dell’antiquariato, inutile retorica di certa politica, semmai farsi promotore di un sussulto di legalità e dignità che non riguarda solo i crotoniati ma tutti i calabresi. D’altra parte che dire ancora se non che questa colonna in mezzo a trivelle petrolifere con l'airgun, campi di grano, villaggi turistici, scavi alla rinfusa, tombaroli in servizio permanente effettivo, musei prima aperti e poi abbandonati, santuari alla ricerca di un punto d'appoggio per non cadere in mare, coltivazioni di granturco e finocchi, agriturismi di città, complessi residenziali di costa e calanchi, sta dentro lo stemma della Regione Calabria? E che il problema è nuovo ma su fatti e distorsioni antiche? Bronzi di Riace, Diadema di Hera, Testa di Apollo Acrolito, Testa del Filosofo di Porticello, sono l'ormai solita compagnia di spicco di un patrimonio depreziato, svalorizzato e male utilizzato. E perché, a questo punto, dopo quello che è successo con l'alluvione agli scavi di Sibari, alla scomparsa di Turii, alla fine di ogni seria campagna di scavo e di scoperte, non affermare che come esiste la Valle dei Templi in Sicilia, come c'è Pompei ed Ercolano in Campania, forse, anzi si deve parlare anche di quest'ultimo altopiano degli scempi? Una specie di terra nessuno, dove non si sa realmente chi comanda.


Se il demanio pubblico, lo Stato, il Ministero dei Beni culturali, la Riserva Marina, il Ministero dell'Ambiente, la multinazionale del petrolio e del gas Eni, la Cassa della piccola proprietà contadina, gli uffici dell'Opera Sila, i grandi latifondisti di un tempo, oppure quei nuovi 'cattivi maestri' (ma poi sarà alla fine veramente così?) che sono stati mandati al confino e che fino al giorno della loro pensione sono stati riveriti e rispettati educatori dei rampolli delle famiglie bene della città che mandavano i loro figli al Classico Pitagora?

Una degradazione così impressionante come quella di contrada Capo Colonna non si è vista in nessun luogo. Intanto che passano e spassano Ministri e sotto ministri ormai da tempo nei cartelli stradali che si leggono appena si arriva, Luna I, Luna 2, Eni, Saipem, Ionica Gas, l'indirizzo sembra essere non quello culturale ma la tabella stradale di un'immensa zona industriale.

Un vero e proprio manicomio in cui le colate di cemento sono una processione più o meno uguale a quella dei pellegrini che vanno in preghiera alla Madonna eponima. Delle sue contraddittorie destinazioni d’uso se ne leggono a iosa. Ci sono pozzi metaniferi di grande importanza strategica ed energetica, centrali del gas in località Campione, reticoli da zone invalicabili, telecamere collegate in diretta con i centri operativi Eni di Ortona e San Donato Milanese, sismografi in tempo reale piazzati sugli impianti, snodi del gasdotto con piattaforme collocate a ridosso della riva mai lontano dalla linea d'orizzonte.

Sta tutto qui il senso di quel che sta accadendo in un' area ortogonale dell’archeologia italiana, mediterranea e perché no mondiale? O più semplicemente nella totale profanazione, se si vuole pure, nel definitivo sterminio di un’area sacra che è stata dissacrata?

Che Morra ci sia lui lo ha detto in conferenza stampa. Non solo perché è esponente di spicco e primo piano del Movimento Cinque Stelle nazionale e calabrese ma anche perché fa un ragionamento. Un rapporto che fa leggere la contraddizione e il disinteresse del governo e della regione, del comune e della Sovra Intendenza.

Tutto ciò che ha illustrato e denunciato è la dichiarazione di un fallimento impressionante dell’apparato amministrativo dello Stato. E con esso il clamoroso bluff del Parco Archeologico mai concluso, affastellato di sentenze espropri, rivincita dei privati proprietari, spese legali e indennizzi, costruzioni abusive con tanto di marca da bollo statale, spese inutili per reticolati e videocamere di sorveglianza.

Vale a dire il ritratto realista della Sovrintendenza della Calabria, che ha lasciato ormai da anni al totale sbando le aree archeologiche alla mercè dell’assalto, non solo dei tombaroli ma anche dell’edilizia e dei piani regolatori comunali, senza mai elevare il profilo complessivo regionale e nazionale di un vincolo e di una destinazione d’uso, ben netta e stagliata per le zone interessate alla valorizzazione storica, come è dimostrato oggi da Capo Colonne e appena ieri dal disastroso caso di Sibari e Turii, devastate non già dalle piogge alluvionali ma da un nefasto utilizzo delle acque, da un errato impianto dei regimi idrici locali, tra agricoltura e opere pubbliche nel territorio.

Che questo schifo possa chiamarsi col toponimo Scifo fa niente. Su Capo Colonne, un tempo Capo Lacinio che i Romani non potevano attraversare con le loro navi, e quando lo fecero per difendere Turii, costò la guerra con la spartana Taranto, pare concludere Morra, manca quel che si dovrebbe chiamare un modello condiviso di tutela e gestione.

Sarà anche inutile, tuttavia una volta tanto l’immediata realizzazione di un’inchiesta parlamentare su tali inefficienze, errori, manomissioni, ecc. potrebbe essere d'aiuto a capire come riprendere il filo sperduto.