Cari amici, buona domenica. (Che delusione il cielo, oggi). L'altra sera, intento a friggere cento chili di carciofi, ho ascoltato alla radio una canzone antica, bella, famosa, coinvolgente. Una canzone che sta bene tra le mie preferite (una cartella fin troppo piena), il cui titolo, tradotto, è "Hai mai visto la pioggia?". Titolo strano, evocativo, una sorta di domanda retorica (chi non ha mai visto la pioggia?), che quando ho capito cosa volesse dire, mi era già visceralmente congeniale. Hai mai visto la pioggia? Era solo un invito ad avere occhi nuovi, e diversi, per quello che ogni giorno guardiamo senza vedere, senza capire, senza cercare di interpretare. Un pò come mettere a fuoco (finalmente), e soprattutto ascoltare. Ho cercato di farlo anche in casa, e nel farlo (d'incanto), ho guardato, incontrato, rivisto, un elefantino d'avorio, un righello di legno, una siringa di vetro (nel suo bollitore), e poi "Addio alle armi" di Hemingway (un regalo azzeccato, non ricordo di chi, benché lo avessi già letto), un "500" lire d'argento (con la quadriga), la foto (recente) di una rosa gialla, e un'altra foto (più gialla) di Gigi Riva che esulta. Testimoni fedeli che parlano una lingua comune, conosciuta da sempre, ma sepolta nella memoria, che per riprendere un senso va allenata, esercitata, parlata, ma soprattutto ascoltata. Hai mai visto questa strada? Hai mai visto questo posto? Chissà quante cose avrebbe da dire, chissà quante storie contiene. Hai mai visto questa Città? (con che occhi?) Chissà se l'ho mai guardata davvero. E chissà chi ha ancòra voglia di farlo (con occhi diversi, più freschi). L'hai mai vista? Magari con occhi innocenti (di nuovo). Chissà che ricchezza, che forza, chissà quanta bellezza nascosta. Chissà quante cose da dire, da raccontare (...ancòra quella lingua). Hai mai visto la pioggia? Oggi mi voglio sbundare di patate fritte. E ho bisogno di un perchè (...hai mai visto le cotolette?). Buon pranzo.