Il Tour Promozionale delle Ditte Vrenna. Squali sconfitti a Napoli cà Pummarola ‘ncoppa

12 marzo 2017, 17:58 Trasferta Libera

Vito Barresi | Trasferta Libera


Sempre allegri bisognava stare, altrimenti il nostro piangere potrebbe far male ai presidenti degli stemmi calcistici italiani, ai cannonieri pedonali miliardari, specie gli ultimissimi nella corrente del Golfo di Napoli, contenti come principi e re, attori di una favola moderna, Insigne e Mertens, i due supercalciatori che hanno siglano dal dischetto, con due rigori per loro netti per noi spettatori da lontano alquanto discutibili (arbitro, ubi major minor cessat…), la vittoria del Napoli al San Paolo, mandando in visibilio un pubblico partenopeo ormai sempre più convinto, e ragionevolmente, delle straordinarie opportunità e potenza in campo di un club azzurro che sia a Fuorigrotta che in ogni altrove ‘stadium’ riesce con autorevolezza a fare la differenza.


Crotone nella fascia bassa della Serie A dove regna la filosofia e la strategia aziendale del comunque vada con i campioni di una grande squadra è sempre una pacchia e una pacca sulle spalle degli atleti sudati che tornano stanchi e sfiduciati negli spogliatoi. Al calcio balilla della proprietà, al flipper della macchina sociale, quel che conta di più sono sempre i colori del club anche quando, come oggi, le strisce non erano affatto rossoblù.

Essere sconfitti in Serie A è sempre un successo anche per i procuratori dei ragazzi in gioco, una referenza di marketing per gli sponsor di maglia, borsoni, pullman di cortesia e quant’altro necessario per le trasferte e le sfide casalinghe. Una volta si diceva per la diretta che adesso non è neanche streaming ma adesso vale per tutti i connessi vantaggi che ha portato e che darà il più grande tour promozionale mai messo in movimento dai fratelli Vrenna e dalle loro varie aziende profit.

Un vero e proprio giro d’Italia nelle migliori piazze calcistiche, un trade-show multimediale, con grande impatto e seguito sui media, per lanciare in scala più ampia le proprie imprese di servizio, impostare nuove relazioni d’affari che altrimenti nessuna azienda in Calabria avrebbe potuto avere.

Per il resto, ci si lasci scrivere e ci si lasci dire, siamo intensamente felici a prescindere, come Totò in Miseria e Nobiltà. E per questo ‘grati’ ai fratelli Vrenna di aver portato a tanta evidenza nazionale una città derelitta e in irreversibile declino economico, politico e sociale come è stata ridotta Crotone dalla razza padrona che in ogni settore l’ha fin qui sottomessa e comandata. Per cui mette un velo di malinconia raccogliere quest’ennesina sconfitta a Napoli, capitale del Sud, consolandoci con quello spicchio d’aglio che è ormai diventato il mantra canticchiato ogni giorno in questo campionato. La suadente e ingannevole strofa di ‘se stiamo insieme ci sarà un perché’, ogni settimana alla corte di una squadra perfettamente impostata non per vincere e salvarsi ma per perdere ogni partita e retrocedere in B.

In fondo, alla classifica s’intende, per il Crotone Calcio resta la bella avventura di un club inchiodato al palo di Cordaz che certo, fin dall’inizio del campionato, tutto ha risentito tranne che la solitudine del calciatore e del portiere. E il canto, anzi l’urlo, del cigno è stato quello di Davide Nicola. Un eroe positivo che ha dato prova di coraggio e di altruismo in questa bellissima, avvincente e sofferta avventura del Crotone in Serie A. Gli è toccato di pagare un po' per tutti noi, rimediando una espulsione che forse è la prima nella sua carriera. In qualche modo la prima su un sipario che si chiude.

E anche se poi si è confuso, nella confusione di genere, curiosamente ha dato prova di essere capace anche di mischiare i moduli e reinventarli a partita. Approntandone in tempo record più di uno e alla bisogna, Nicola si staglia in quanto personaggio autentico e vivo, carico di grande umanità, in grado d'interpretare uomini e ambiente, comprendere i paesaggi interiori, sopportare il peso delle contraddizioni manifeste e latenti nella vicenda calcistica pitagorica.

Già Pitagora, non sia mai che faccia il miracolo… e non riesca a trasmigrare nel collettivo e in panchina un pizzico di lucida follia, l’anima mundi della salvezza, come il mago dei numeri narrato nel libro di Hans Magnus Enzensberger.