Mario Oliverio Mastro-don Governatore di fronte al fallimento dell’agricoltura calabrese

Vito Barresi
Cambio Quotidiano Social


Mentre il nostro Mastro-don Governatore, Mario Oliverio continua a ‘galloriare’, forte del fatto che con due mani stringe a sè pezzi duri del Governo a Roma e l’intero Consiglio Regionale degli anonimi politici sordomuti a Reggio Calabria, l’agricoltura calabrese va in malora come la casa del Nespolo nei Malavoglia. Tra le terre di una Regione che ha voltato le spalle alla sua secolare tradizione primaria, il sapore del tradimento di un illustre ragioniere e politico, che deve tutta la sua mezzo secolare carriera pubblica alle patate e all’idroelettrico silani, passato il fuori porta della pasquetta, si avverte in bocca come fiele e amaro, tra i tanti funzionari di un comparto che fu dei Pujia e dei Pirillo, degli Aloise e dei Trematerra, dei Rizza e dei Lucifero, oggi sotto accusa da parte della Magistratura. Agricoltura calabrese in svendita? Villano o baronessa la caparra è quella che conta. Dico bene, vossignoria? Ettari su ettari di terre pubbliche a uso agricolo, abbandonate e incolte come ai bei tempi della grande rendita fondiaria e assenteista. Immensi latifondi pubblici a rischio di essere messi all’asta, dietro la mascherata operazione di qualche ennesima leggina per il bene degli agrari, dei coltivatori e dei tanti sensali che si aggirano in contrada Germaneto. Anzi per dirla tutta fuori moda, una colossale privatizzazione silenziosa di un ancora incalcolato patrimonio fondiario e immobiliare.


Secondo le stime, molto ma molto benevole di Coldiretti, si sarebbe in presenza di un lascito storico derelitto composto, non solo da ormai note cattedrali nel deserto rappresentate dalle strutture ex Esac Imprese (Cantine, Oleifici, Conservifici, Centrali del latte, Mangimifici, Alberghi, Camping, Impianti di risalite, Centro Florens, ecc), realizzate con fondi regionali, statali e comunitari ma anche di alcuni importanti acquedotti rurali, di terreni che provengono dalla ex Cassa per il Mezzogiorno, che non hanno più destinazione agricola, tra i quali spiccano i suoli dell’Aeroporto di Sant’Anna di Crotone, quel che resta e non si tratta di poco del gigantesco esproprio della Nato per la non avvenuta costruzione dell base aerea F16.

A cui si aggiungerebbero 7.500 ettari in provincia di Cosenza e Crotone, appartenenti al Demanio boschivo, che costituisce il Polo Soprasuolo Boschivo, da trasferire al costituendo soggetto privato, fino a ieri detto Afor, come pure il resto derivante dalla gestione della piccola proprietà Contadina, con il seguito di contenzioso e chiusura del pregresso ex Riforma Agraria.

E nel mentre la Regione Calabria spende alla voce agricoltura una cifra superiore a 50 milioni di euro ogni anno, questo immenso parco di risorse e dotazioni agricole, una gigantesca estensione di terre agricole venute in mano al patrimonio regionale, migliaia e migliaia di ettari di bosco, specialmente in Sila dove si consolidano varie iniziative di compravendita immobiliare a fini agroturistici, questa vera e propria miniera d'oro che resta inutilizzata farebbe gola a ben specifici speculatori del vecchio ceto nobiliare e del nuovo potere finanziario e bancario che comanda la Calabria.

Sarebbero già in tanti, i soliti profittatori invisibili (?), che fiutato il buon affare, stanno già comprando, movimentando il mercato immobiliare sommerso, con il metodo di una frammentata chetichella, la tanta terra ormai dimenticata e abbandonata, quel ghiotto e appetitoso fondo rustico che in Calabria ha il nome non di bene comune ma di proprietà di nessuno.

Campi ed estensioni di ottima qualità e di elevata resa venute ai beni pubblici della Calabria dalle antiche lotte contadine contro il feudo e il latifondo e poi dagli ingenti investimenti statali, prima attraverso l'Opera Valorizzazione Sila, conosciuta come Ovs, poi dell'Ente di Sviluppo Agricolo Calabrese, detto Esac che il Governatore Oliverio, per estrazione geografica e interesse politico conoscerebbe palmo a palmo.

La storia degli enti agricoli che si sono susseguiti in sessantanni in Calabria è un canto dell'inferno dantesco che descrive dolorosamente lo stato di desolazione delle terre sudate e attese da secoli da migliaia di contadini e braccianti, quel demanio usurpato da baroni e padrini che tante lacrime amare ha fatto versare a intere generazioni costrette all'esodo e all'emigrazione.

Ma anche un documento che inchioda alle proprie fallimentari responsabilità tutta la vecchia politica degli ex comunisti. In primo luogo Mario Oliverio che da giovane era e da vecchio è tornato a fare il baronetto feudatario a cui spetta il titolo ereditario di Assessore Regionale all’Agricoltura.

Per tutto questo nel mondo agricolo calabrese c'è tanta rassegnazione. E se si esclude qualche voce, davvero fuori campo, anche le organizzazioni agricole regionali hanno scelto la via del silenzio e dell'attesa.

Hai visto mai che dalla spoliazione dell'albero non nasca qualche frutto?