Ieri, la notizia dagli Stati Uniti d’America, secondo la quale il Segretario del Tesoro Mnuchin ha annunciato la riforma fiscale tenacemente voluta dal Presidente Trump. Vale a dire: il taglio al 15 per cento dell’aliquota della tassazione sulle imprese.
Tassazione che, attualmente, in America, è del 35 per cento mentre in Italia si attesta attorno al 49 per cento. Una pressione, quella italiana, che ha costretto – e continua a costringere – migliaia e migliaia di artigiani e di piccoli imprenditori a chiudere i battenti ed a doversi sottoporre alla leva del Fisco per numerosi anni dopo la chiusura.
Riteniamo che la prosperità italiana di alcuni decenni or sono sia stata annientata dalle pesanti tassazioni esistenti nel nostro Paese. Tassazioni che finiscono quasi con il raddoppiare se non vengono pagate puntualmente.
Certo, in America bisognerà trovare le risorse per i mancati introiti determinati dalla riduzione dell’attuale tassa. E, nell’identica maniera, bisognerebbe agire in Italia. Ecco perché sarebbe necessario che, nel nostro Paese, si iniziasse con la riduzione di una decina di punti.
Poi, con il tempo, come afferma l’economista Laffer, la crescita creatasi con la riduzione delle tasse, non farebbe che generare nuovi introiti fiscali, tanto da non costringere di nuovo i Governi a trovare in anticipo le risorse per ulteriori tagli.
La presente lettera aperta viene scritta da una persona, costretta quindici anni or sono, a chiudere la propria attività, a causa la “tempesta” delle tasse. E, nonostante siano trascorsi numerosi anni, è sottoposta ancora al pagamento di residui balzelli. Una situazione assurda, insostenibile.
Per i motivi esposti, ci siamo permessi di indirizzare alle Signorie Vostre la presente lettera aperta, tendente a rimarcare la necessità di dover ridurre la tassazione in Italia. In tale speranza, ringraziamo e porgiamo molti ossequi.
Rodolfo Bava