Uscito su la Lettura, settimanale in allegato con il Corriere della Sera, l’articolo Contro il fantasy di Edoardo Boncinelli mi trova completamente in disaccordo. Trovo divertente l’idea di rimbeccarmi con Boncinelli su questioni di fantasy e non di biologia molecolare vista la mia formazione ma così è. Viviamo sempre più in un mondo fantasy – afferma l’autore dell’articolo citando film e serie TV. Rifletto un attimo. Quali sono i film, le serie TV, i libri più amati in questo periodo? Mai come in questa epoca il pubblico cerca di esorcizzare la realtà in cui viviamo, che temo stia superando di lunga la fantasia, osservando i piccoli mondi che ci circondano e che sfioriamo senza averne una conoscenza approfondita: medici, avvocati, manager, carcerati, poliziotti, soldati, casalinghe, narcotrafficanti, professori di liceo, politici.
Patrizia Muzzi | Cambio Quotidiano Social
Leggendo la classifica dei libri più venduti che si trova sullo stesso giornale su cui è pubblicato l’articolo di Boncinelli, nemmeno nella graduatoria dei libri per ragazzi trovo traccia di fantasy. Al primo posto svetta Storie della buonanotte per bambine ribelli di Francesca Cavallo ed Elena Favilli (Mondadori, 211 pagine, 19 euro) un testo che parla di donne reali, esempio per la nostra società, divenuto un caso editoriale in tutto il mondo. Da Serena Williams a Malala Yousafzai, da Rita Levi Montalcini a Frida Kahlo, da Margherita Hack a Michelle Obama, ‘esempi di coraggio, determinazione e generosità per chiunque voglia realizzare i propri sogni’, dice la sinossi.
Secondo Vanity Fair, negli Usa, tra le serie TV più amate troviamo: NCIS, genere poliziesco; Big Bang Theory, una sitcom che vede protagonisti scienziati nerd e geek; This is US, catalogata come serie che parla di drammi familiari; Grey’s Anatomy, ennesima serie sui medici; Chicago Fire, che segue le vicende di pompieri e paramedici; Scorpion, dove un comportamentista, un genio della meccanica quantistica e un matematico ingaggiati dal governo degli Stati Uniti fanno fronte alle minacce dell’era moderna.
Se però Boncinelli pensava al tanto citato Game of Thrones, temo sia caduto in errore: Game of Thrones non piace perché trattasi di serie fantasy, ma perché è una serie scorretta come nessun altra lo era mai stata, come presumo siano le pubblicazioni di Martin, l’autore dei libri da cui sono stati tratti gli episodi. Il successo di Game of Thrones deriva probabilmente dal fatto di non regalare mai agli spettatori/lettori la certezza di accompagnare il proprio beniamino fino al termine della storia, con l’ulteriore dubbio che, pur partendo con una coscienza ‘integra’, l’eroe di turno finisca col contaminarsi, come accade a ognuno di noi nella vita, guarda caso… Senza contare che in Game of Thrones l’elemento magico è quasi inesistente.
E in Tolkien? Mi viene da sorridere. Come chi ha letto Tolkien sa bene, perfino Gandalf è parco nel misurarsi con quelli che forse Boncinelli riterrebbe i facili trucchetti, gli escamotage che si offrono per giungere in fretta a un risultato tangibile. Nel libro di Tolkien, la figura di Samvise Gamgee (amico di Frodo) è fondamentale per arrivare alla fine dell’impresa. È lassù sul Monte Fato che i due hobbit, circondati dal Male allo stato puro, compiono la vera impresa. Dove solo un profondo sentimento di amicizia e di giustizia donerà a Sam la forza per riportare Frodo con i piedi (pelosi) per terra, una fede che gli servirà lungo tutto il cammino: Sam ha in fondo la certezza che Frodo non sia quello che sta diventando per colpa dell’anello. È ai piccoli hobbit che Tolkien regala il potere di incidere sui destini della Terra di Mezzo, a queste figure prive di bellezza e grazia come sono invece gli elfi, o di poteri magici, di forza, di coraggio come sono i maghi, gli uomini o i nani. Il Male non sarà sconfitto per sempre, verrà però delimitato.
A parte la bellezza della prosa, la capacità di descrivere paesaggi e di calare il lettore in un mondo fittizio che, sempre guarda caso, è davvero simile a geografie terrene non ancora devastate dall’insensatezza umana, Il Signore degli Anelli è un libro che dovrebbe essere letto dai genitori ai propri figli nei primi anni di vita, un capolavoro al pari di grandi classici della letteratura di tutti i tempi.
Il Signore degli Anelli non narra di elfi, di nani o semplicemente di hobbit, ma parla alla coscienza dell’uomo. Insegna che il Male esiste eccome, che è dentro di noi e che va domato ogni istante della nostra vita, che si cela dietro ogni scelta che compiamo, anche la più banale. Insegna che la Storia, la Memoria di ciò che è stato, sono utili per non commettere gli stessi errori. Ci insegna a rispettare la Natura e l’equilibrio che si è generato nel corso di migliaia, milioni di anni, tra le varie creature che la compongono. Ci insegna il grande valore dell’Amicizia, della Condivisione, della Coerenza, del rispetto della Diversità in tutte le sue forme. Le figure femminili che Tolkien disegna sono fuori dai luoghi comuni dell’epoca in cui fu concepito il libro: sono guerriere, sagge, forti, dotate di immenso potere, bellissime, eteree, si ribellano a una vita fatta di comodità, sono protagoniste e non oggetti sessuali.
Quando abbandoni un libro come quello di Tolkien, anche se non potrai mai ricordare i nomi di tutti i discendenti di una dinastia di Elfi o di Uomini, senti che qualcosa dentro di te si è modificato per sempre, che hai il dovere di chiederti che cosa sia della tua vita, se tu stia operando le scelte giuste o meno nel rispetto dell’Altro. Non cerchi un elfo che possa darti una mano a curare un raffreddore o il mago Otelma che risolva i tuoi problemi con il fidanzato, - come insinua Boncinelli - così come non diventi un cacciatore di balene se leggi Melville o non vai al lavoro vestito da pirata se leggi Stevenson. Oddio, magari qualcuno tenterà anche di farlo, ma grazie al cielo ho la certezza che siano una piccola minoranza.
Mi sorprendo ancora di più di ciò che scrivo se penso che per anni e anni ho evitato di leggere Tolkien: “Ma dai, gli Hobbit?! Sei una scienziata!”.
Il fantasy rappresenta il massimo dell’evasione e del disimpegno – aggiunge Boncinelli – divertimento puro che richiede il minimo dell’attenzione - e insiste - Il magico è il massimo del disimpegno e della deresponsabilizzazione, il magico è lasciarsi andare via col vento…
Direi che oltre a non avere mai letto alcun libro fantasy non conosca la biografia di Tolkien, un uomo che ha vissuto la perdita del padre durante l’infanzia e l’orrore della guerra da adulto, ferite irreparabili dell’animo di cui fortunatamente molti di noi non hanno esperienza.
A cosa servono dunque libri come Il Signore degli Anelli o la saga di Harry Potter?
Innanzi tutto, se parliamo di bambini e di ragazzi, a imparare a leggere e a scrivere bene, giacché spesso nel nostro Paese ci si lamenta di questo. Mi capita di ricordare a me stessa cosa scrisse Calvino, mente illuminata che avrei visto bene a cena coi i due precedenti autori:
“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
E non vi vengono per caso in mente Lord Voldemort e Grifon D’Oro o Sauron e La compagnia dell’Anello?