Scorci di Città Invisibili. Da Bologna a Corigliano Calabro viaggio in un nuovo ‘lovemark’ italiano

Città Invisibili tra Bologna e Corigliano Calabro. Scrivo note a margine di un incontro nel meriggio di mediterraneo a Schiavonea dove osservo la carovana delle Città in Piazza per l'alternativa che va verso sud e sosta in Calabria, nei giorni caldissimi di un luglio sospeso tra vacanza italiana frantumata dalla crisi e dall'incertezza ultronea di una dimensione globalista, il silenzio di una costa jonica che dietro l'apparente chiasso di un'estate al mare viene per 'vie invisibili' trasformata in brandello sofferente di geopolitica degli hotspot. C'è un albero, un secolare eucalipto che qui in questa piana messa a tappeto tra un sottosuolo abisso del mar greco e un soppalco olimpico che sta sulla magica altura del Pollino, fa da sponda teatrale, a un’agape del tutto sorprendente, inattesa, quasi il rifiorire nel deserto delle terre di 'ndrangheta, di un ritrovato amore fraterno.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social


Non un dejà vù ma in qualche modo un proustiano 'memoir' degli anni Settanta nati dal fracasso della contestazione giovanile, non il giorno prima degli esami ma quello avanti, insonne e allucinate della lotta armata e degli anni di piombo, rimette a cerchio persone vere che raccontano i propri segni esistenziali. Come fossero caselle zodiacali da cui si intravedono in forma oracolare le tendenze di un campo vasto e senza confini, sconosciuto e atteso tra est e ovest, nord e sud. Più o meno la cartografia matta di quel che sarà, jaca book della transizione sognata e del già e non ancora, del più piccolo, grande 'amare' globale dell'umanità, quel Mediterraneo che dopo il 1492, poi venne la notte con la nascita della storia atlantica, è alla ricerca di far brillare la sua luce infinita, tornando di nuovo al centro del mondo attuale.

Città invisibili, l'idea collettiva che si fa prassi ed esperienza condivisa grazie al sorriso e alla ingenua voglia di relazionalità di Federico, Sergio, Caterina, Alessandro, Luca, Anna, Pierpaolo e tutti gli altri, che non riuscirei a citare solo per difetto di smemorata cronaca, dopo la bella sera di sabato, la processione laica della domenica al suono della banda che passa tra le viuzze della vecchia Corigliano, e le ragioni di un insieme conclusivo di cui farò cenno, per dirla con alla Benjamin “lascia la sua traccia, come la mano del vasaio sul vaso d'argilla”.

E lo fa dopo un viaggio non del tutto immaginario dalla città alla campagna, senza pagare pedaggi alle viete ideologie di un tempo, percorrendo le strade della fantasia, della politica, dell'avventura, del design, del graphic recording che non fa informazione, ma racconta la comunicazione, l'evento puramente per così com'è vissuto, esperienza propria e di chi ascolta, vede, sente, partecipa, su ambiente, qualità della vita, città sognate, partecipazione democratica, identità di un Paese che si cerca ma non si trova, magari fosse operistica e musicale Araba Fenice.

Quando parla il ‘ testimonial’ della Coalizione Civica di Bologna, Federico Martelloni, con gestualità che non ti aspetti da un giuslavorista che insegna in Bononiana, e che fa il consigliere comunale, né a tempo perso ma a tempo intenso, in una sala d'epoca di Palazzo d'Accursio, dove se hai voglia di fumare, ti affacci sulla piazza bella piazza, dove ancora risuona lo scroscio musicale del professor Domenico Sputo, sulla spiaggia di Schiavonea passeggiano bagnanti stagliati su un riva da riscoprire come un juke-box di vacanze italiane, con puntina che stacca tutti i 45 giri anni Sessanta.

Tutto si lega lungo la linea di un territorio esistenziale che va alla ricerca di nuovi orizzonti, abbandonando la deriva urbana della marginalità minoritaria, la logica particellare dei partitini e dei gruppuscoli. Il magnete del maggioritario ha aperto un varco epocale, una faglia d’acqua pulita che scorre vorticosamente, nella melma vulcanica, sedimentata dalla vecchia politica proporzionalista della sinistra.

A questo punto se lo vedi, Martelloni non è più straiato sul divano viennese del burbero padre degli strizza cervelli, bensì sotto l'albero che è affresco junghiano, con tronco, radici, rami, foglie, vento e acqua che fanno da scultori.

E allora vagheggi che da quel suo transfert tra via Battindarno dell'onusto Zani e la nouvelle vague della Coalizione Civica, potrebbe anche sorgere un investimento politico-affettivo più ambizioso e ampio, un progetto che rimoduli la ‘Rossa’, proprio come i capelli di Milva o la testa della Ferrari, per farne uno stemma nuovo, un lovemark vincente e di successo nazionale.

Quando si svolge il rito della seduta, una piccola opera teatrale senza soldi, che inventa, associa, interpreta liberamente, staccandosi non violenta dai miti del passato, l'albero della conoscenza scuote l'ideologia stalinoide, per far cadere i frutti dolci della seconda estate. Tutti, solo per cinque minuti ma senza semaforo che segna giallo, rosso e verde, parlano in mezzo agli altri.

A quel punto comprendi che l'equipaggio bolognese se si fa nuova macchina, il ragazzo del duemila alla Roversi ma senza Monaco, può ancora produrre un appeal politico, facendo anche a meno di Guccini e delle sue osterie fuori porta, se si riconverte in altra emozione che ha il cuore senza ventricoli di sinistra e aorte di centri sociali.

Per una volta se lasci la via per Pisa non devi aver paura di aver perso senza sapere quel che trovi. Il dilemma più che essere malposto non esisterebbe nemmeno.

C'è una difficilissima arte del ponteggio che fa invidia a Michelangelo e Leonardo che sottilmente intriga a spezzare consolidate catene discorsive, rompendo il senso di una falsa unità chimerica e irraggiungibile.

Da qui in avanti il cammino è stretto, brevissimo, mozzafiato. Si va in collina con il Partigiano Johnny, la Costituzione salvata, il tracciato della Costituzione materiale già tracciato, dove se uno ci pensa tocca 'a chi se non a te' cioè a quanti si sono schierati dentro quel campo costituzionale, giurato sulla Bibbia democratica (Populisti, Secessionisti, M5S, Lega Nord, post Diessini, ecc.) e non ne è stato nemico acerrimo (Pd e altri), fare sia la maggioranza che la nuova opposizione, immunizzati da berlusconismo e da renzismo.

C'è un acrobata che lancia una corda tra i vicoli di Corigliano e vuole andare da uno spigolo ad un altro angolo inverso di quell'antica discesa tra i viottoli rurali.

La corda non è pazza e per questo va alla ricerca di un altro capo del discorso, una ecologia delle nuove idee che sappia suscitare un diverso gospel per la politica e la partecipazione, in ogni dove di città e contrada italiana.

E poi miracolosamente sappia fare una rete e un sistema organizzatorio, mobilitante, un insieme di 'minds', spiriti, visual, dove la mappa non ha più confini stabiliti dalla tradizione.

La Libia non è poi così lontana, con il suo mare liminare e adiacente, la brezza mediterranea che trasporta il sale del Sahara fino a comporre come su una tavola di pittura alla Magritte.

Lungo la strada che va da Corigliano Calabro a Bologna, ripartono le inquietudini, le domande irruenti e pacate di una nuova generazione ferita, orfana di sogni elettronici, che non vorrebbe strappare dall'album di famiglia la foto dello storico divorzio, un infarto, una tragedia sordida di gelosie e vendette, del premio nobel Dario Fo che va in Paradiso senza mai passare dal PolitBuro degli ormai soliti e triti partiti comunisti italiani. Padre totemico assente e monoteista, Beato San Pio con le stimmate del nemico ideologico e politico volato altrove. Un angelo grifagno che ha scelto i cieli liberi di un altra compagnia del caffè... Quasi quasi Segafredo Moments invece che Lavazza...