Tra Avanti e Avanzi l’insostenibile doppiezza del Renzi perdente e narratore

Avanti, c'è posto, accomodatevi in platea, salite a bordo dell'Arca di Matteo. Lo dicono con voce che risuona un pò come sotto il tendone del circo Togni, all'ingresso del cinema Diamante, avanti, avanti, si può spingere di più insieme nella vita a testa in su.... Un'arena all'aperto, una rotonda sul mare, il solito disco che suona, in un sud dall'immagine turistica sempre più trucidata dall'ennesima scelta anti meridionalista di un governo che ha dichiarato la guerra navale al Golfo della Sirte. Cade tutto, proprio il pomeriggio in cui Renzi è già arrivato in Calabria per presentare il suo libro che ha un titolo ambiguo, anzi doppio, come dice uno spettatore, un tempo di primissima fila venuto dalla vicina Catanzaro, che avverte un richiamo inquientante a quei titoli rossi dei nostri giornali, ma non di Nenni, Turati, Brodolini, Mancini, Craxi, bensì in quel del faccendiere Lavitola che con i suoi raggiri ha sfregiato la memoria storica della gloriosa testata del socialismo italiano.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social


Calabresi vil razza dannata? “Poi dovete essere all’altezza”, esclama guitto il presidente in esilio Renzi Matteo. E subito prostri sui rostri democratici tutti i lor signor del sacro santuario del potere post comunista ed ex democristiano rispondono in coro 'prima di tutto all'altezza di Sua Altezza.

Il nostro caro angelo, il segretario non più di stato, del Nazzareno Pd de Roma, de li Colli e del lungarno, Renzi, scrittore d'estate italiana. Matteo per ora non è Machiavelli. Meglio se lo titolava Avanzi invece che Avanti.

Come il giornale di Lavitola, dice qualcuno acido e citrullo, un ex popolare mattarelliano, adesso pensionato in quinta colonna di Gentiloni in Calabria, sconcertando le retrovie di giovanissimi trendy-friendly renziani, tutti rigorosamente tirrenici, semi dandy in corsivo tra il sapore di Capri alla Dolce e Gabbana e quello trucidissimo abbronzatissimo del versialiano d'epoca.

Sono questi i virgulti della new wave della politica dei ricchi italiani che guardano al ceto managerial impiegatizio, i figli flower del potere di una regione che mentre loro fantasticheggiano e sorridono, si paccano sulle spalle e si stringono le mani asciutte di fazzolettino lines, muore di fame e di miseria, non ha l'acqua nelle case e l'agricoltura, irrorata di pestici atomici, sconta picchi alpini di disoccupazione, emigrazione, cronicario di malasanità, almanacco di giustizia iuria e iniuria, la lex sed lex sopraffatta sulla bilancia dal peso savanico dell'intreccio di istituzioni e malaffare, proprio stamane che arriva Renzi hanno arrestato una funzionaria della Prefettura a Catanzaro, vincolata come un calciatore al club di logge perverse e 'ndrangheta, sempre caro mi fu quest'ermo capro espiatorio, la 'ndrangheta, sebbene ormai geneticamente modificata dai più scaltri e arguti colletti bianchi della politica e della falsa politica.

Non vi è risvolto alcuno di positivo per il Paese, nell'insostenibile leggerezza del libro che Matteo Renzi, in forma ambulante di Madonna Pellegrina che invoca l'inverarsi di un impossibile miracolo, sta portando in processione nei locali dei più noti e alla moda litorali vacanzieri italiani.

Un libro scialbo, demagogico che non intona autocritica anzi ripropone tutti i più fallimentari e tristi tropici di una piccola ideologia renzista, duramente sconfitta dal Referendum costituzionale.

Per tentare di nascondere con mezzi trucchi letterari che il Nemico della Costituzione ha subito una sconfitta che non gli ha dato più scampo, ci vorrebbe ben altro stile narrativo.

Al di là di ogni altro rilievo, la miscellanea eterogenea di tweet e interventi televisivi mette in evidenza la piena incapacità di analisi e lettura politica della fase morale che stiamo attraversando ma anche aggiunge, al già alto quoziente di arroganza dell'attuale gruppo dirigente del PD, una gradazione di strafottenza, inquietantemente simile allo squallido motto di regime del fascistissimo 'me ne frego'.

Nonostante il nuovo dizionario di buoni propositi, tipograficamente stampati su pregiata carta sapone, la nuova immagine coniata da Renzi, più che seducente e purtroppo per lui soltanto sedicente.

E ciò perchè non sa offrire alcuna soluzione convincente e praticabile alla crisi della sinistra e della politica, né tanto meno poi a quella, più profonda e articolata di un sistema civile, economico e produttivo che dopo i colpi inferti alla ripresina dalle sue disastrose scelte di governo, stenta ancora a trovare la via d'uscita dal tunnel della stagnazione, un autonomo inserimento nel mutato scenario europeo, mediterraneo e internazionale.

Renzi in fondo resta quel che era. Un genietto di provincia cresciuto nelle mense coop della vecchia politica italiana.

Uno di quelli lì alla Drive In che ha vivacchiato sulle macerie dell'assetto istituzionale del secondo dopoguerra, sfruttando le rendite di posizione sia dell'opportunismo comunista (Napolitano, ecc.) sia le navigate e più raffinate strategie dello status quo e della ragion di stato romana, sempre in auge tra i Popolari di Letta, Mattarella, Prodi, Castagnetti, Franceschini, Fioroni, Gentiloni e altri grandi vecchi ex democristiani.

In realtà a partire dalla sconfitta costituzionale, che resta il più affidabile sondaggio di opinione sul gradimento ormai minoritario di cui gode il soggetto, il personaggio Renzi appare più che mai irrigidito e demodulato.

In sintesi un perdente che intenderebbe trascinare nella polvere tutti i suoi nemici, che assume il finto atteggiamento del leone nonostante sia costretto a fare la volpe, a ripiegare sui consumati schemi delle alleanze occulte, rispolverare l'inaffidabile doppiezza dei patti di sottobanco, che lo costringono “a non andare sino in fondo a certe situazioni, a certi motivi, magari a certe parole, che sono la materia stessa di cui è fatto”.

Per dirla con le frasi dell'alta moda sotto il vestito di Renzi ormai non c'è più nulla.