Biennale del cinema di Venezia. La Fiera delle Vanità

Proprio mentre sta per terminare la Biennale del cinema di Venezia sfreccio al Lido. La giornata non era iniziata benissimo: stavo quasi per perdere il traghetto da Chioggia e solo una rapida sgambata ha evitato ‘la tragedia’. A bordo poi, una ‘simpatica’ tedesca con zoccolo tacco 12 decide di fare un paso doble sui miei sandali proprio mentre sbarchiamo a Murano. Appena scesi, alcuni ‘macho man’ italiani ci incanalano come una mandria di bovini all’interno di una Fornace.


Patrizia Muzzi | Cambio Quotidiano Social

Penso subito di avere sbagliato tipo di gita. Mi ricredo in fretta. I turisti che passano da qui sono migliaia ogni giorno e Murano è piccolissima. Per assecondare i desideri di tutti e non creare intasi sul molo sono necessarie delle guide esperte e quindi ora possiamo godere della magia sprigionata dai maestri vetrai che in pochi secondi fanno nascere un cavallo scalpitante di vetro rosso da un piccolo bozzolo di silice privo di anima. Mi giro e vedo che il mio accompagnatore ha gli occhi lucidi come i bambini che mi circondano, e gli stranieri (che sono la quasi totalità) emettono sonorità di apprezzamento. Un rapido giro tra i negozi mi permette di sognare di possedere un servizio di bicchieri in vetro decorati con foglie d’oro e smalto che non avrò mai.

Nel cielo svolazzano pigre garzette, cormorani, gabbiani e gabbianelle. L’acqua sembra pulita: perlomeno non vedo plastiche galleggiare tra le calli e sulla laguna. Mentre traghettiamo, il capitano racconta un’antica leggenda: le mogli dei pescatori, stanche che i loro mariti ubriachi scambiassero un letto per un altro una volta terminata la giornata di pesca, decisero di dipingere ogni abitazione con colori diversi affinché non potessero commettere errori. Il capitano ci fa sapere di non potere aggiungere altre informazioni perché, non parlando bene l’inglese, offenderebbe troppo gli altri ospiti dell’imbarcazione (quanto siamo ingegnosi noi italiani…).

Scesi a Burano la magia prosegue. Nonostante i turisti, regna uno strano silenzio, l’aria è piacevole e la giornata è perfetta per scattare foto alle piccole casette colorate. Il tempo qui è scandito in altro modo. Le donne chiacchierano sugli usci delle case e stendono il bucato fuori dalle finestre. Pare quasi che abbiano abbinato i colori dei vestiti con quelli delle facciate.

Penso che non dovremmo invidiare i danesi e Nyhavn. Io che passo tutto il giorno a incazzarmi perché vorrei un Paese diverso, oggi mi sento fortunata. Lo vorrei proprio così: bello, ben curato, dove tutti i turisti del mondo possono girare con il naso all’insù godendosi il genio umano e al rientro raccontare quanto sia bella l’Italia.

Facciamo una breve sosta al bar lungo il corso principale popolato di strani personaggi: asiatici con buffi abiti da nozze, americani vestiti come i wrestler, signore dall’aspetto morbido con abiti stille Holly Hobbie, donne in nero che scoprono di sé solo gli occhi e le mani, hippy tedeschi dai capelli ormai imbiancati e un gatto nero con un collare da principe che si aggira altezzoso tra i tavolini dei bar, incurante di noi e dei cani al guinzaglio. Ognuno marca il territorio come può, c’è chi si mimetizza e chi vuole mettersi in mostra: è l’umanità!

In barca faccio amicizia con i cani, che di solito sono quelli più disciplinati e dallo sguardo più espressivo. Di Torcello ricordo di avere letto solo la leggenda del Ponte del Diavolo che parla di due giovani innamorati, di una strega, del diavolo e di un gatto nero (…che fosse lui?). Peccato che il poco tempo non ci permetta di visitare i musei presenti sull’isola e che non ci abbiano fornito qualche informazione storica in più, poiché qui è nata l’antica civiltà veneziana. Il complesso della Chiesa di Santa Fosca, della Basilica di santa Maria Assunta e della Cattedrale del Torcello meritava sicuramente una visita.

Ci sediamo a poppa per godere il tramonto in laguna e scopriamo che lo Spritz a Venezia si fa con il Select. La Serenissima si tinge di arancio, i cormorani hanno terminato il proprio lavoro quotidiano e asciugano le ali sui siluri delle briccole.

Stanchi ma soddisfatti ritorniamo sulla terraferma: chi vincerà la Mostra del Cinema di Venezia?

Foto: Germano Bonaveri