Aprendo il giornale ogni mattina è d'obbligo imbattersi nella tenzone che 'dilania' il Pd e che oppone tali Licciardello e Rizzo Nervo al segretario uscente Critelli. Chi sono costoro? Carneadi, o quasi, vien da dire. Paradossalmente il Critelli che è originario della Calabria appare come il più strutturato, avendo dovuto produrre in quanto cuperlo-orlandiano un qualche sforzo per integrarsi nel nuovo mondo datogli in custodia. Infatti ha dedicato una piazzetta della festa a mio padre partigiano. Gli altri, d'estrazione locale, non pervenuti, salvo qualche post di pensierini volenterosi quanto vacui in un italiano stentato da parte del Nervo. Questa lotta intestina che tiene la stampa col fiato sospeso e vorrebbe imitare i sacri rituali d'investitura del 'partito' d'un tempo appare patetica e priva di qualsiasi oggetto. Ma non è colpa dei candidati nè di chi li sostiene. I tempi son questi. La genealogia è rotta. La zona rossa è affondata. E perfino senza che i tenutari se ne accorgessero. Avessero un qualche spessore prenderebbero questo evento come il tema conduttore. Ma anche volendolo non potrebbero farlo. Sarebbero coperti di vituperio. Infatti sono in lizza per la segreteria del Pd renziano, non del Pci o del Pds Ds. Un partito che ha fatto della rimozione violenta del passato la propria evanescente identità. Talmente a-pensiero che se ha un problema di alleanze distribuisce un questionario alla 'gente' per farsi dare la linea. Per quel che gliene può fregare.....
Fausto Anderlini | Sociologo
Ricordo che una volta, all'inizio degli '80, Marzio Barbagli fu chiamato dal comitato federale a illustrare una sua ricerca sulla sociologia elettorale del Pci dell'epoca. Marzio Barbagli, che da un certo punto in avanti è stato preso dall'ossessione della sicurezza, veniva in quei tempi da ponderosi studi sulla mobilità sociale (il suo "Sotto lo stesso tetto" è una pietra miliare in materia di storia sociale). In quella riunione mostrò come la base di consenso del Pci provenisse essenzialmente dai contadini inurbati, in particolare dai mezzadri trasformatisi in operai e artigiani.
Tali erano gli elettori e tali erano gli iscritti (che ripetutamente anch'io studiai). E verso la fine del suo intervento profetizzò che quando questa coorte sociale fosse defintivamente receduta sullo sfondo anche il Pci si sarebbe volatilizzato. Vedendosi descritta con tale determinazione empirica la loro triste sorte molti dei presenti la presero in ridere e molti altri si toccarono. Ma Barbagli aveva ragione. Tanto che da quel momento come ritardare la fine divenne il cruccio delle classi dirigenti. O quasi ragione. Era stato solo troppo tranchant.
La storia materiale del movimento operaio delle zone rosse è quella e ha coperto l'intero ciclo della trasformazione della società agraria nella società urbano industriale. L'egemonia della cultura social comunista è comunque proceduta, pur tra sussulti e un crescente logorio, oltre le sue basi sociali per almeno un altro trentennio, direi fino alla fine della prima decade del nuovo secolo.
Per due ragioni. In primo luogo perchè una volta radicatasi nell'ambiente una cultura politica tende a vivere e riprodursi in autonomia, come sub-cultura ambientale, anche assenti o gravemente indeboliti i referenti sociali delle origini. In secondo luogo perchè larga parte dei nuovi ceti ascendenti terziario-impiegatizi veniva dal seno del blocco sociale agrario-industriale.
Ci vuole un certo tempo perchè si rompano del tutto i legami intergenerazionali, tanto più che le coorti giovanili dei '60-'70 avevano lasciato un forte imprinting culturale. Sicchè il ciclo socialdemocratico ha innervato, tramite la prassi di governo, un sedimento attivo nella società. Continuando a plasmarla. Una società cresciuta dopo i '70 con i caratteri di un'elevata densità urbana, una dinamica manifattura diffusa, un forte capitalismo cooperativo, nonchè imponenti formazioni di welfare e forti concentrazioni di materia grigia.
Sino a favorire un originale modello dinamico post-moderno basato sul trinomio welfare-economia flessibile-partecipazione politico-sociale..
La fine preconizzata da Barbagli è comunque avvenuta, per esaurimento sociale e sotto i colpi della crisi-ristrutturazione che hanno disarticolato il modello locale. Il Pd è una realtà trasfigurata, popolata di alieni sociali, che boccheggia nel vuoto ed è totalmente privo di memoria e consapevolezza. Di chi siano figli costoro non è neppure dato saperlo.
Tutte le storie finiscono, e quella che ci riguarda è durata a lungo tanto forte era l'accumulo di capitale sociale alle spalle. Non ci si può far niente. Tuttavia senza piantare i piedi nella storia che è finita avendo il buzzo improbabile di resuscitarne il nocciolo dopo la catastrofe è impossibile progettarne una nuova.
L'Emilia e il Pd hanno avuto alla fine gli apparatniki renziani e i modernizzatori senz'arte nè parte, quando invece avrebbero avuto bisogno dei Sanders e dei Corbin, i rifondatori-restauratori, forse impediti a manifestarsi dalla stessa grigia ma allettante continuità della gestione di potere.
Perso tutto il resto come merita (prima finisce questa insulsa agonia meglio è) potrà Articolo Uno con i suoi stanchi eroi sonnolenti fungere da surrogato ? Vaste programme. Intanto dovrebbe svegliarsi dal coma succeduto al trauma della scissione.