Urlare non serve a niente neanche davanti all’altare | Venturino Lazzaro

Venturino Lazzaro | Cambio Quotidiano Social

Cari amici, buona domenica. Dopo l'estate, Ottobre mi dona sempre una sorta di verginità cristallina, per cui tutto sembra nuovo, mai visto, da iniziare. Poi basta un attimo, un giornale, ed è di nuovo tutto vecchio, tutto visto, tutto (o quasi) acrèdine e veleno. "E VOGLIO PURE LA FIONDA. E IL GO-KART!" Mi è tornata in mente questa cosa pensando al modo, e ai toni, in cui si comunica, e a come le notizie sono riportate. Mi ricordo che da piccolo, al catechismo, c'era una mezz'ora di preghiera.

Ognuno di noi doveva (in ginocchio) pregare a bassissima voce, soprattutto per ringraziare, ma anche, volendo, per chiedere qualcosa al Padrone di casa. La sensazione di scarsa efficacia di queste preghiere era diffusa, sommessa, non dichiarata, ma palese. Mi ero fatto l'idea che il motivo di tale inefficacia stesse nel parlare piano (bisbigliare incomprensibilmente), nel confondere ringraziamenti e richieste, e soprattutto nel farlo tutti insieme.

Nessun orecchio, benchè divino, poteva raccapezzarsi, capire, e poi soddisfare tutti quanti. Mi ero convinto che il rimedio a tutto questo stava nel cercare di trovarmi da solo, a tu per tu, col mio Interlocutore. Un pomeriggio (mi trovavo da quelle parti) vidi il sacrestano uscire dalla chiesa e non mi trattenni dall'entrarci, speranzoso. Nessuno.

Tra i banchi neanche una vecchina penitente. Non potevo perdere l'occasione, e tremando di emozione, trepidazione e ansia, guardando l'altare a viso alto, gridai (a voce piena, forte, vibrante): "FAI GUARIRE ZIA PINA, FAI STARE BENE ZIA DINA E ZIO GIACINTO, E FAI ANDARE IN PARADISO A ZIA MARIA!!" (Era morta da poco). Poi scappai verso l'uscita, ma arrivando sulla porta, trafelato, non avvertendo reazioni o altri ostacoli, presi il coraggio a due mani, e quasi con aria di sfida, voltandomi, urlai ancora più forte: "E POI VOGLIO PURE LA FIONDA, E lL GO-KART!" (ne avèvano messo uno in vetrina da alcuni giorni, e da allora avevo perso il sonno). Tornai a casa sudato, trepidante, ansioso di cògliere i frutti di tale coraggiosissima impresa. La settimana successiva era morta zia Pina. Poco dopo Zia Dina era stata ricoverata, e di Zio Giacinto non avevàmo notizie.

Sul destino di Zia Maria si accavallavano ipotesi non del tutto rassicuranti. Della fionda neanche a parlarne. Il go-kart era stato sostituito in vetrina (non nel mio cuore), e comunque aveva preso strade diverse e lontane. Una esperienza forte insomma, e insieme delicata, alla fine della quale avevo capìto in modo inequivocabile, certo (e immutabile in sèguito), che urlare non serve a niente, non serve alzare la voce, nè sopravanzare altre voci (neanche davanti a un altare), anzi può essere sterile, inutile e dannoso. Quasi quanto il silenzio. O quanto la lamentosa petulanza.

Oggi un ragù sommesso, coniglio, e un pò di dolce (...diplomatico). Buon pranzo.