Vrenna dopo Vrenna. Crotone e il Calcio tra lo specchio del passato e le sfide del futuro

13 ottobre 2017, 08:40 Trasferta Libera

Discontinuità familiare o continuità aziendale alla guida del Crotone Calcio? Al via del secondo blocco calcistico della stagione, dopo la lunga pausa della Nazionale, è questa la domanda che si pone nella sua essenzialità, non fosse altro che per comparare e valutare quanto è cambiato, in più o in meno, da quello che può essere definito nell'album del club come lo storico momento della gran rinuncia di Raffaele senior alla Presidenza. Allorquando, per proprietà transitiva, la family che detiene il pacchetto azionario di maggioranza, decise l'avvicendamento al vertice del sodalizio, la 'staffetta' tra i due fratelli, con l'avvento alla presidenza di Gianni Vrenna. Dai tempi in cui se ne vedevano tanti adesso siamo passati alla rarefazione delle comparse dei Vrenna. E se l'uno è andato, almeno calcisticamente in pensione, gli altri in qualche modo fanno abbastanza poco per togliere lo scettro della prima immagine all'allenatore Nicola che buca lo schermo, fa sempre centro in tv, molti di più che non il numero di goal nelle reti avversarie e sul tappetto verde del campionato.


Vito Barresi* | Trasferta Libera

Il fatto consolidato è comunque che il Crotone si appresterebbe (usiamo retoricamente il condizionale) a restare stabilmente, non più occasionalmente e una tantum, in Serie A, senza ancora aver completato un radicale cambiamento di filosofia aziendale e strategia di mercato.

Il dato corrispettivo sarebbe inoltre quello che non ci si può più soffermare al 'palo' di un semplice avvicendamento caratteriale fra fratelli diversi, ma la sempre più pressante necessità di imprimere una trasformazione, un adeguamento, sia all'assetto imprenditoriale che gestionale della proprietà, per quel che riguarda la sua composizione, sia della politica aziendale e la strategia d'impresa, puntando al miglioramento dei risultati economici, attraverso una valorizzazione delle potenzialità finanziarie di piccolo club in campionato, con giuste e remunerative valutazioni del capitale umano in base agli algoritim Cies, parco giocatori, adeguamento dei contratti notarili, pubblicizzazione del monte ingaggi, diritti televisivi, marketing e merchandising, infrastrutture e strutture di fruizione sportiva, rapporti con gli enti comunali e regionali, standard di sicurezza e ordine pubblico, comunicazione e media, e delle varie poste attive e passive in bilancio.

LE BELLE BANDIERE DEI GLORIOSI ANNI IN ROSSOBLÙ

Nell'ambiente tutti sanno che con l'avvento di questo passaggio epocale e di livello dalla B alla A, per far sventolare gagliarda la bella bandiera dei prossimi gloriosi anni rossoblù, per quanto utile, più non basta un semplice 'lifting' nello stile di comando. Lo stesso che per altro continuerebbe a risentire tutto il retaggio famigliare.

Come pure più non concorrerebbe l'esclusivo brand del valore morale di un patrimonio immateriale di vittorie ormai al passato, ottenuto con l'entusiasmante 'case history' di successo calcistico generato dal Gruppo Vrenna. Quello stesso successo che è stato costruito lungo un percorso di costante impegno imprenditoriale che va verso il ventennio, perché adesso sicuramente è lo sfondo, lo scenario generale che detta le regole per la società, la proprietà, i dirigenti, i tecnici, l'entourage comunicativo e mediale che pressa e che in costante fibrillazione, in cui si colloca il Crotone Calcio, quadro complessivo che risulta pertanto profondamente mutato.

RESTARE IN SERIE A CAMBIA LO SFONDO DEI DIRITTI

MA ANCHE LO SCENARIO DEI DOVERI SOCIALI DEL CLUB

A stare in Serie A, prima o poi si vede, che non basta più attardarsi, soffermarsi in quella fascia del campo dove non c'è alcun vero senso critico. O comunque laddove latitano i pensieri paralleli in armonia con le tendenze e le sensibilità di un contesto calcistico di vertice dove domina l'ideologia imperiale delle top player del calcio italiano ed europeo.

Se è cambiato lo sfondo dei diritti non solo televisivi, a maggior ragione il mutamento è attivo nello scenario dei doveri che riguardano tutte le componenti locali del movimento calcistico, in primo luogo i proprietari e i decisori del Crotone Calcio.

Questo più complesso rispetto delle regole nazionali e di Federazione richiede a tutti un salto di qualità, cioè misurarsi costantemente, lungo tutta la stagione annuale, su un molto più articolato insieme di fattori da amministrare e gestire, nel quadro di una solida quanto chiara strategia d'impresa.

Ben si comprende che questo è un terreno su cui l'innamoramento per la squadra si scolora di certe sue passioni originarie, più esplicitamente elementari, essenzialiste o sussistensialiste che dir si voglia, imponendo modelli operativi molto più evoluti, e perché no, alquanto più costosi sia in termini di capitale che di qualità manageriale.

IL FOOTBALL A CROTONE TRA HIRSHMANN E HOBSWAM.

LA TRANSIZIONE CALCISTICA DA PICCOLA PASSIONE LOCALE

A GRANDE INTERESSE NAZIONALE

A mio avviso ciò che si desume da una prima e più pacata analisi sociologica e sportiva del Club è che il Crotone si trova adesso in mezzo al guado, ossia in quel 'mezzo del cammin di nostra vita...', il passo in cui si dovrebbe definitivamente strutturare il passaggio dalla passione elementare della tifoseria agli interessi del pubblico. Altrimenti detto, secondo i dettami scientifici del grande economista Albert Hirschman, o se si vuole declinarla secondo la metodologia storiografica di sir Erich Hobsbawm, è come la transizione storica dalla economia di sussistenza tradizionale del pallone e del tifo al libero mercato del capitalismo moderno del calcio e delle plusvalenze dell'atleta, ai diritti e royalties dello spettacolo.

Per visualizzare in breve questa transizione propongo due immagini: la prima è quella di un murales del vecchio “calcio della povertà” e la seconda, la nuova gigantografia di un “grande schermo televisivo e mediale del football spettacolare”.

Più metereologicamente il tutto si potrebbe descrivere come il cambiamento di clima e di gradazione tra la Curva Sud e la tensostruttura della nuova, inossidabile e profilata tribuna coperta. Sarebbe pertanto evidente che lavorare per il pubblico è cosa diversa che impegnarsi audacemente e con passione garibaldina per salvarsi dalla retrocessione.

Tutto ciò richiede un salto culturale, un rinnovamento delle mentalità, un cambio di visione e di civiltà per tutte le componenti che fanno parte dell'impresa sociale ed economica sportiva, atleti, calciatori, staff tecnici, allenatori, organico, parte legale ed economica, del fenomeno calcistico, dell'economia del tempo libero.

SERVONO ALTRI INVESTIMENTI NON PIÙ SOLO EMOTIVI

PER SOSTENERE IL LIVELLO DEL PRIMATO

Lavorare per costruire un nuovo pubblico è particolarmente importante. Sicuramente alcuni numeri sono indicativi di un trend, comunque ancora molto fragile, non essendo un gran risultato lo score di 1500 spettatori in più registratosi tra B e A. 11 mila spettatori restano ancora relativamente insufficienti e tali da richiedere altre strategie e altri investimenti non solo emotivi.

Perché è da qui soprattutto che passa la prospettiva di restare realisticamente in A, che allo stato dei numeri primi, evidentemente ancora non regge per coerenza e punto d'equilibrio; andare avanti con il solito andazzo della fatalità e della fortuna bendata oggi non può più bastare, gli obiettivi dovrebbero essere altri.

UNA MACCHINA DI LUSSO

SOLO PER SALVARSI DALLA RETROCESSIONE?

Da qui il ritorno alla domanda d'avvio: può bastare la speranza della salvezza, cioè mettere tanta energia e carburante per mantenere una siffatta macchina di lusso, può bastare andare da miracolo in miracolo o c'è bisogno di dare un senso nuovo al un progetto di duratura permanenza in Serie A, un progetto che sia in funzione di quello che sta avvenendo oggi nel calcio italiano, dove c'è una sempre più evidente sproporzione tra i top player, la parte mediana della classifica e il baratro infernale della zona retrocessione?

Il pubblico, particolarmente quello locale, dovrà fare sempre di più i conti con le proprie risorse disponibili. Per cui conoscere se la platea è formata in maggioranza da pensionati o da giovani è cosa particolarmente utile ai fini del marketing, viste le disponibilità complessive di reddito e consumo del sistema economico locale e regionale, quei dati macroeconomici, che non sembrano convergenti né automaticamente allineati con una sempre più sofisticata offerta. La stessa offerta che classifica e colloca tra i generi di lusso, e non di prima necessità, il calcio spettacolo.

Vito Barresi. *autore del Libro Diario Rossoblù