Nella Cotrone d’un tempo se ne tramandavano i racconti quando durante l’inverno era particolarmente difficile la pesca, battuta com'era la vecchia città assai sovente da fredde raffiche di tramontana e dal non meno impetuoso scirocco - e - levante. Così scriveva con parole terse e appassionate sulla comunità dei pescatori dell'antica urbe jonica, trasportato come sempre dal suo vibrante e speciale acume di personaggio forte e raffinato, il politico più illustre, colto e importante di tutto il Novecento calabrese, Falcone Lucifero, osservando d'un colpo che “non ci si poteva avventurar lontano con le barche, perché erano piccole e non ce n’era, allora nessuna, per la pesca d’alto mare. E nemmeno paranze che ne venivano qualche rara coppia dalle Puglie o dalla Sicilia, e facevano affari d’oro.” Quelli erano altri tempi per una comunità di folklore e lavoro cresciuta con vivacità politica e sociale sotto le mura del Castello di Carlo V, dando vita alle prime leghe socialiste e sindacali, nerbo della locale Camera del Lavoro, prima Lega dei Pescatori e dei Lavoratori del Porto, poi ancora con la spinta per la costituzione della Compagnia Portuale Crotonese e infine, trascinati dal deputato e sindaco Enrico Mastracchi, forza decisiva per fare approvare la legge che istituì negli anni Venti l'Ente Porto di Cotrone, unico in Calabria.
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Tutto distrutto, tutto sterminato. I pescatori sono il fantasma della loro storia liquidati in trenta anni di sfruttamento spietato del sottosuolo minerario, petrolifero e metanifero, attuato con potenza militare, strategica e industriale da Snam, Eni, Agip, Syndial, ecc.
Con la prepotenza del comando senza vincoli territoriali la stessa Eni affermava in un protocollo prefettizio "di voler individuare le migliori forme di convivenza tra le diverse attività economiche, aventi pari dignità, sempre in un’ottica di soluzioni durature e di sviluppo di sinergie”.
Dopo il paradiso artificiale dell'era metanifera scocca l'ora esatta della beffa, dei rimpianti, della crisi economica del comparto e della disoccupazione per la marineria locale.
Anche i prefetti di uno Stato Trolley, che arriva, passa e va via, tutti i dirigenti del Ministero degli Interni che si sono succeduti in quasi vent'anni, applaudirono e giubilarono in conferenza stampa, i grandi risultati ottenuti, il nulla assoluto che è rimasto in mano al territorio.
Una storia che dovrebbe essere raccontata e scritta non sui cocci di una conchiglia Shell, ma sui verbali di un'apposita Commissione d'Inchiesta Parlamentare, a partire dal giorno in cui l'alba sorgeva su un piccolo villaggio che raccoglieva la melodia struggente di un ultima dea innamorata del mare al centro del mondo, dove le onde erano flauti che in un tempo futuro avrebbero intonato il canto di Fabrizio De Andre..."all'ombra dell'ultimo sole s'era assopito un pescatore e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso...”
Dove siano andati a finire i bei tempi in cui tutti volevano far sventolare quel piccolo triangolo di stoffa a poppa o a prua della paranza, la piccola bandiera gialla con il cane a sei zampe, adesso sul vecchio porto di Cotrone gli ultimi e rari pescatori lo hanno capito.
Perché nel frattempo, tra la delusione e la rassegnazione collettiva, qui sono annegati i sogni di uno sviluppo compatibile tra la pesca locale e i pozzi metaniferi, nella grande riserva marina intestata a targhe alterne tra Eni e ministero dell'ambiente.
Storia degli ultimi pescatori nel mare di Pitagora.
Una marineria un tempo florida, persino ricca e apprezzata sui più importanti mercati ittici del Mezzogiorno, adesso ridotta dopo l'avvento delle piattaforme metanifere e l'istituzione della Riserva Marina, a poco meno di dieci barche di medie dimensioni e per il resto frantumata dai divieti di navigazione, dalla perimetrazione del Parco e dai periodici fermi biologici che ormai ostacolano ogni progetto moderno di filiera ittica competitiva, frustrando una vocazione economica naturale di questo ambito marittimo.
REGIONE CALABRIA: LA RISERVA MARINA È UNA TRUFFA ECOLOGICA, UN CIMITERO DI RIFIUTI INDUSTRIALI TOMBATI NELLE ACQUE DEL MAR JONIO
Ehi voi, ma cosa siete venuti a scavare, proprio qui sotto la riserva marina di Isola Capo Rizzuto? A perforare anche oltre i tremila metri di profondità sotto il livello del mare.
Per cercare che cosa tanto importante? Forse Atlantide? O magari le colonne d'oro perdute dal tempio di Hera Lacinia e inabissate su fondali introvabili? Nemmeno per sogno.
Questo è mito e noi siamo tecnologie, capitali, energia, sfruttamento sotterraneo. Frammenti filosofici di un dialogo tra un cittadino e un so lungo la costa di una delle riserve marine più grandi d'europa che si affaccia su otto promontori, tra cui quello del Parco archeologico di Capo Colonna, tra Capo Cimiti e Le Castella, ricoprendo quasi 30 km di costa, una striscia di sabbie rosse e argille policrome che potrebbe diventare il baricentro della nuova era petrolifera italiana.
L'ANNIENTAMENTO METANIFERO DI UN'ANTICA COMUNITÀ DI PESCATORI
Una comunità di pescatori piegata, se non distrutta, da quasi cinquant'anni di trivellazioni, perforazioni, tubature, bocche di pozzo e piattaforme che con il passare dei decenni hanno sfruttato e svuotato non solo un bacino energetico d'inestimabile valore ma sopratutto impoverito intere aree marine che uno Stato assente e imbelle ha anche chiuso all'usufrutto delle popolazioni locali inventando una enorme e inutile recinzione invisibile a cui ha dato il nome di Area Marina Protetta di Capo Rizzuto, e dentro cui, si dice, è stato prima scaricato e poi tombato una montagna di detriti inquinanti scaricati senza controlli in ogni parte del mare prospiciente le vecchie industrie del luogo.
L'intero porto commerciale è off limits per una ormai cronica e insolubile polluzione industriale. Nel passato le morie di intere banchi di pesci erano all'ordine del giorno per gli sversamenti di acidi e veleni, ammoniaca, fosforo, metalli pesanti che hanno intaccato la catena alimentare con gravi danni alla salute dei cittadini secondo stime Oms.
Ancora oggi di questi danni si sa poco o niente mancando indagini trasparenti e indipendenti per dare sicurezza alle popolazioni insediate sulla costa e nei dintorni.
LA PROFEZIA DI GORE VIDAL: IL MARE DI PITAGORA? ENI LO DISTRUGGERÀ
Proprio nel mare che fu di Pitagora, nuove piattaforme e nuovi giacimenti, da cui estrarre barili e barili di greggio, petrolio e metano, oltre quello che già si produce, potrebbero apparire da un giorno all'altro.
Uno scenario che cambierà sia il paesaggio naturale che l'orizzonte socio economico di un pezzo intero della costa jonica centrale, andando in controtendenza con le scelte ecologiche di una Riserva Marina dove di fatto sono state sospese tutte le attività della popolazione civile ma non quelle dell'Eni che pure sono le più impattanti.
UNA RISERVA MARINA SOSPESA IN UN MARE DI METANO E DI PETROLIO
Per i dipendenti della Riserva e i soliti ambientalisti della domenica e del fuori porta basta che rientri in acqua una tartaruga Caretta caretta e tutto svanisce, ogni cosa finisce in giubilo. Anzi tutti zitti è meglio non parlare di certe cose. Fosse ma non è così nonostante nei ristoranti di Isola Capo Rizzuo e di Le Castella vengano da ogni parte della Calabria e non solo per mangiare un favoloso pesce fresco che su ordinazione si trova solo in questo luogo e in immediatezza di tempo reale.
Divieto di pesca, divieto di balneazione, divieto di edificazione, divieto di immersioni subacquee con e senza autorespiratore, divieto di navigazione con imbarcazioni e natanti, l’ancoraggio e l’ormeggio.
Tutto mentre dallo stesso luogo si estraggono 12.827.700 metri cubi standard all’anno dalla Società Ionica gas. Con già sei piattaforme e 28 pozzi in produzione.
Ma a tutte queste piattaforme che già insistono sull’area marina protetta tra le più grandi e particolari d’Italia, potrebbero aggiungersene molte altre, con altri pozzi ed altro metano da estrarre dal sottofondo marino.
Per effetto dell’articolo 35 del Decreto Legge per lo Sviluppo, sono ormai tante le richieste e istanze di varie compagnie petrolifere, tra cui spiccano la Northen Petroleum Shell, Eni Norten, Enel Longanesi Developments, Nautical petroleum.
Sarà questo il futuro di una Riserva Marina sospesa sul petrolio?
STRANA COINCIDENZA. PERCHÉ ENI IN TERRITORIO DI MAFIA NON È STATA MAI AGGREDITA NÉ COLPITA DALLA 'NDRANGHETA?
Altro che pesca! Qui potrebbe esserci la gigantesca esca per soddisfare gli squali delle solite consorterie affaristiche locali. D'altra parte perché sorprendersi se un giorno accadesse quello che la magistratura ha già scoperto in Val d'Agri e in Sicilia?
E se venisse fuori un inchiesta firmata da qualche giudice attento e scrupoloso tra la 'ndrangheta, il gas, l'ecologia marina, e quant'altro ancora, così come è già accaduto per la Misericordia e l'accoglienza dei migranti, proprio in agro di Riserva Marina di Isola Capo Rizzuto?
Quali collegamenti potrebbero sussistere tra la Libia, la Calabria e Malta, la 'ndrangheta globale calabrese e quel bacino petro-metanifero così geograficamente vicino a questa regione?
A seguire i casi giudiziari del contrabbando del gas metano le domande potrebbero improvvisamente infittirsi, man mano che qualcuno tornerà a riavvolgere e rivedere alla moviola tutta la bobina sequenziale della lunga e poco illuminata storia dell'Eni in Calabria, le vicende sempre laterali al territorio in cui opera, di una multinazionale che caso strano non è stata mai aggredita né toccata da attacchi di 'ndrangheta e da pretese estorsive delle criminalità organizzata.
Come mai questa 'invulnerabilità' di un grande apparato industriale, tecnico e burocratico Eni, rispetto al mostro che più danneggia l'economia della Calabria?
Forse che le cosche di Isola Capo Rizzuto, Crotone, Papanice, Belvedere Spinello e Cutro non si sono mai accorte che nei loro 'locali' c'era una così importante gallina dalle uove d'oro?
LA FRETTA DEL SINDACO DI CROTONE CHE VUOLE SUBITO PACE E ACCORDO CON L'ENI
Più in particolare si registra adesso la ragguardevole attività politica e amministrativa del Comune di Crotone che vorrebbe mettere ordine nelle relazioni tra la città e la multinazionale energetica.
Fatto di per sé importante e non deprecabile se non fosse che bisognerebbe chiedersi preliminarmente e 'in comune' quali appetiti economici e affaristici si stanno sollecitando di fronte alle nuove 'opportunità' aperte nel settore dello sfruttamento minerario di questa parte importante della costa jonica calabrese e meridionale?
Rimettere capo a questa delicata materia significa rivedere molti assetti di potere occulti che riguardano non solo il ceto politico di Crotone ma quello della Regione Calabria.
Il che significa decidere l'avvenire del porto di Crotone, se cioè conviene ancora restare nell'Autorità Portuale di Gioia Tauro o transitare in quella di Taranto che geograficamente è naturale per Crotone e industrialmente omogenea con le attività dell'Eni, portare rapidamente a compimento la bonifica Enimont e Pertusola, riqualificare il polo urbano come volano e asse operativo centrale dell'intera Calabria Jonica, ecc.
Per questo molti si chiedono che cosa sta facendo il Comune di Crotone a proposito di rinnovo delle Convenzioni che regolano il comportamenti e le iniziative dell'Eni nel territorio municipale e contermini, perché si vogliono chiudere in fretta tutti i contenziosi pregressi?
Sono queste le domande che si dovrebbero fare largo nelle apposite sedi politiche, tra le varie opposizioni in consiglio comunale, ce ne sono ben tre o quattro inattive su questi temi sui banchi del consiglio comunale, altre guidate dai due più noti appaltatori dell'Eni in Calabria e nel Sud, altre che invece tirano a campare senza sollevare pregiudiziali e obiezioni in merito a trattative e procedure portate avanti senza rendere conto di tutti i veri passaggi e dell'ammontare degli interessi reali alla cittadinanza, altre invece che non sanno valorizzare i risultati ottenuti in sede locale dal Referendum contro le trivelle, che qui assunse in tratti e i connotati di un referendum No Eni.
Intanto a Crotone si continua a navigare a vista tra pescherecci ridotti in miseria, mance industriali, bonifiche mai completamente definite e royalties molto 'disinvoltamente' usate dai politici per fini di parte, versate ad esca nelle acque torbide di un mare inquieto e inquinato.