Un momento particolare per lo sport, forse una delle fasi più delicate, negli ultimi 50 anni, di un processo che sembrava non avere battute d’arresto per la benzina del capitale umano sempre pronto ad alimentare la macchina sportiva … una macchina oggi con qualche problema.
di Maurizio Condipodero*
Sono tanti e diversificati gli aspetti che ruotano attorno allo sport; potremmo soffermarci sul ciclone mediatico ancora in corso sul servizio pubblico della RAI che probabilmente lascerà il corso a Mediaset per i Mondiali in Russia che non ci vedranno protagonisti.
Potremmo soffermarci sulla politica con il problema dello Ius Soli che anche secondo il Presidente Malagò avrebbe garantito la presenza di circa 4,5 milioni di potenziali atleti tra i 14 e i 19 anni alla corte dello sport italiano. Potremmo soffermarci sulla spettacolarizzazione dell’evento sportivo e tanto altro ancora ma una ricetta miracolosa non servirebbe a nulla.
Programmazione e centralità dell’atleta all’interno del mondo sportivo suppongo siano la più grane scoperta “scontata” che i grandi esperti avrebbero potuto affermare ma in che termini tutto ciò? La mia modesta analisi si sofferma sull’utilità e sui benefici oggettivi dell’intero processo motorio, ovvero di quell’attività che viene tutelata attraverso la progettualità del Coni nei confronti degli uomini e delle donne del domani.
Non è un caso che parli di uomini e non di sportivi poiché la stretta relazione, forse inscindibile un tempo tra l’essere e l’essere sportivo, oggi è fortemente minata dallo scemare di quella cultura sportiva, forse sopita, forse scomparsa, forse de-culturizzata e de-sportivizzata.
È proprio quell’attività motoria che trasformata in cultura sportiva concederebbe nuova linfa tra i valori civici, ovvero tra quei valori che la società dovrebbe tutelare per solidificarsi a tal punto da eccellere in qualsiasi ambito. Ne gioverebbe così il campo da calcio, il campo da basket, da baseball e anche quello della disciplina più importante, la federazione delle federazioni, il campo della vita.
È solo centralizzando l’attività motoria nelle fasce più importanti dell’essere umano, trasformando il processo e lo sport quale volano di positività che il territorio calabrese e italiano ascolterebbe l’eco della rinascita.
Ascolto, guardo, vivo problematiche di ogni genere correlate allo sport e forse nella nostra terra tra le più rinomate rimane quella dell’impiantistica sportiva; un problema più grande del previsto o forse mal posizionato in quella scala delle priorità sulle quali intervenire per permettere allo sport di riacquisire valore. Potremmo costruire impianti sportivi per l’eternità ma senza la giusta semina in termini di cultura sportiva regaleremmo nuovi contesti da vandalizzare e devastare a chi porta la bandiera di questa inciviltà.
Uno sport dalla missione sociale, un’attività per formare atleti della vita, un traguardo da raggiungere sul quel podio della civiltà e del benessere in società, questo il mio pensiero.
* Presidente del Coni Calabria