Leggere il libro di Franco Papaleo, Teologia della Sovranità Politica (Falco Editore), durante i giorni in cui è avvenuto il trasferimento dell'ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme decisa da Donald Trump, è come rivedere, sintetizzate in diretta, tutte le più antiche nozioni di teologia cattolica e scienza politica d'ispirazione cristiana in tema di sovranità, sacralità, forza, contrasto, conflitti, sempre sull'orlo di guerra e pace, tra potere spirituale e potere temporale, politica e religione nella storia di lunghissimo periodo dell'umanità.
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Fa riflettere molto durante l'attraversamento delle pagine e il guado dei capitoli del lungo e composito saggio del teologo calabrese Papaleo, chiunque, credente o ateo, se questo strano ritorno alla supremazia delle città sante, in un mondo in cui si è andati ben oltre l'eclissi del sacro, questo riprendere in mano la Bibbia e il Vangelo per farli nuovamente verbo della politica e parola della diplomazia, non sia il segnale di qualcosa che potrebbe cambiare e tornare nelle strategie interne del potere.
Tutte domande che poi incidono su un disco che ruota intorno al solco, al perchè lo scetticismo e l'irrilevanza politica si sia poi consolidata proprio nella Chiesa stessa, sul terreno e sullo spirito dei cattolici italiani dopo che per un oltre mezzo secolo, tutti avevano continuato a credere o far finta di pensare che sarebbe stato possibile vivere in eterno in condizione di assoluta preminenza e unicità di fede, senza neanche provare a immaginare che ci si dovesse preparare a un mondo fatto di pluralismo religioso, agnosticismo, ateismo e nichilismo.
E se la teologia politica e il misticismo religioso prendessero il posto della politica, quale sarà il posto per la mediazione e il superamento dei conflitti? Si può fare politica, governare uno stato, amministrare una città seguendo le logiche dell'Eterno? Come possiamo affrontare l'organizzazione mondiale delle società seguendo il dettato delle Scritture e non quello delle Costituzioni? La politica, gli stati possono scendere a compromessi con le divinità monoteiste degli ebrei, dei cattolici, degli ortodossi, dei protestanti, degli evangelici, dei buddisti e dei musulmani? C'è realmente in atto nel mondo questo grande ritorno dello spirituale nella politica internazionale che potrebbe avere un nome comune che fa spavento ossia la quarta guerra mondiale?
Gerusalemme capitale, per scelta politica o legge religiosa, per volere di un voto di democrazia popolare o per combinato disposto della tradizione ebraica, espressione della Sacra Scrittura, divina, profetica e regale, o per quanto pronunciato nella Bibbia secondo cui l’Eterno ha offerto agli ebrei, non già agli israeliani, la Terra Promessa di cui Gerusalemme è la città simbolo?
Papaleo è autore sempre attento e vigilante nel suo percorso di ricerca cristiana, un teologo per sua scelta evidente fuori dal coro fin troppo ordinario e scontato del pensiero accademico, capace di riprendere i segni e i tratti di una nuova presa di coscienza profetica, con cui coglie i nessi salienti, le ragioni dell'ateismo politico del pensiero politico e post politico contemporaneo che, e non solo per lui evidentemente, sorgono e affondano le loro radici nel cuore di più di un apparato teologico medievale.
Tutto con l'idea quadro, la cornice espositiva che lega gli assunti, sia in tesi che in antitesi, secondo cui qualunque idea politica che alberga nel mondo d'oggi, piuttosto che essere una negazione religiosa, è il richiamo e il ricalco del cristianesimo antico, dei suoi dimenticati chiliasmi millenaristici, delle sue e tante utopie pauperistiche e 'populistiche', che trovano eco persino nella più recente e controversa teologia della liberazione come pure nella vicenda politica d'attualità della post politics e del tanto demonizzato populismo sia in Italia che sulla scena della globalizzazione neomercantilistica.
A questi interrogativi intende rispondere Franco Papaleo con una delle sue risposte essenziali e cioè che l'assenteismo cattolico in politica nasconde una ampia incomprensione non solo del pensiero biblico e del magistero papale, specie quello del Novecento e della Costituzione Pastorale del Concilio Vaticano II di cui si è tornato a parlare recentemente “La Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et Spes”, quanto anche la mancanza di una rinnovata e adeguata teologia politica del mondo globalizzato.
Per l'autore la teologia attuale non sarebbe più e ancora in grado di esprimere, tramite i testi dei suoi principali esponenti, la priorità e l'urgenza del problema politico del cattolicesimo nel mondo attuale, la supremazia di una teologia politica (o post politica) di impostazione cattolica e universale in società post secolarizzate e debitrici al sacro stesso dei nuovi e decadenti idoli dello statalismo, della democrazia e della sovranità senza più né ancore storiche né radici nella tradizione.
Preso atto che dopo l'eclissi del sacro vi è stata anche la rovinosa caduta delle ideologie, primariamente quelle di stampo totalitario, siamo oggi di fronte a una società globale in cui sono svanite, non ci sono più, le filosofie egemoni.
Ma a mente del fatto, che quasi mai nessuno più rimarca, che ad auspicare la fine della storia delle ideologie secolariste è stata la sola istituzione religiosa e politica che fa capo al Papato, e che la stessa non ha poi più saputo mettere a 'partito' lo straordinario lascito derivato da una vox clamans, adagiandosi sul potere nazionale e internazionale dell'iceberg democristiano, Papaleo ci avverte che mai come in questo ciclo della storia la Chiesa corre il rischio di restare fuori dalla politica globale anche se simultaneamente ha davanti a se la grande occasione per rientrare a pieno titolo tra i protagonisti dello scenario universale e internazionale.
Lo potrebbe fare, osserva Papaleo, rimettendo in capo al proprio agire i più importanti documenti del potere papale di questi ultimi due secoli, cioè le encicliche sociali che puntano sulla dignità e la libertà dell'uomo quali fondamento della politica e della sovranità.
Sebbene poco convinto della natura genuinamente non secolarizzata del Personalismo cristiano, Papaleo ne fa cenno e lo passa in rassegna, proprio perchè è avvenuto che dall'enorme valenza di questa filosofia rinacque il cattolicesimo politico nel dopoguerra europeo, con rinnovato vigore, sulle macerie del totalitarismo, e che attraverso l'opera dei grandi leader cattolici del secondo Novecento, da Adenauer a De Gasperi, entrò con vigore anche nel pensiero politico e costituzionale moderno.
Anche se avrebbe di che portare a fondo l'indagine, nella misura in cui si è acuito il contrasto tra iperscienza, applicazioni tecnologiche manipolative e fede, anzi si è resa più accidentata e più sottile la contesa di potere tra la fede e la ragione, in forza del fatto che adesso è lo stesso razionalismo o post razionalismo che ha lanciato la sfida, fallita per i cattolici, di sottomettere e soggiogare al proprio pieno e totale dominio, l'insieme mondiale del potere politico.
Razionalismo, post razionalismo, scientismo e tecnologie sono diventati il nuovo dogma pubblico e sovrano, indiscutibile e insindacabile se non dalle stesse procedure e dalle esclusive clausole di validazione o falsificazione che scienza e tecnica si danno in assoluto regime di sovranità e autoreferenzialità, mai dipendenti da altre volontà, per determinare i propri statuti conoscitivi e riproduttivi.
Al di là della politica, dell'economia, del diritto, delle religioni e persino delle guerre, non si sa più bene (o male) in base a quale patto o contratto, la scienza e la tecnica, il razionalismo puro inteso come verità teoretica universale, si sono imposti come dogma pubblico, con una forza persino violenta e molte volte psicologicamente ed emotivamente coercitiva capace di spazzare via ogni illusione di sovranità, di democrazia e di governo.
Il risorgere di questo Leviatano non ha più neanche bisogno di elezioni, partiti, apparati ideologici e costituzionali ma si impone come intelaiatura rigida e definita, di un implacabile comando universale.
E ciò perchè la politica, il potere, gli stati, la sovranità, il mondo attuale, egli sembra sostenere, non sono mai rimasti soggetti esterni dal cristianesimo ma comunque, anche se nell'errore o nella negativizzazione, molte volte nell'abiura, sempre interni ad esso specie al cattolicesimo.
Anzi ben si potrebbe dire che l'avvento di una speciale trans geografia ha unipolarizzato il mondo e lo ha reso apparentemente diverso e refrattario alle consuete fratture e diadi est ovest, occidente oriente, nord sud, centro periferia, sviluppo sottosviluppo ecc.
Tuttavia poco si rimarca che la crisi della civiltà occidentale, che pur resta il tema fondamentale dell'analisi, proprio con l'esaurirsi dello scontro tra capitalismo e socialismo, si è improvvisamente tramuta in un percorso violento e accidentato di superamento non solo dei blocchi contrapposti ma anche in una ibridazione confusione delle coordinate geografiche, con annessi e compresi anche i generi culturali.
Il fatto storico consolidato è che se per la Chiesa Cattolica, e di riflesso per ogni altra confessione e religiosa, compreso l'islamismo e l'ebraismo, le parole di Pier Damiani (santo, dottore della Chiesa,teologo, filosofo, giurista, storico, 1007-1072), secondo E.Gilson massimo teorico del “Contemptus mundi”, sono divenute sideralmente molto lontane, nonostante tutto esse continuano a risuonare più vive di quanto s'immagini: “Platone scruta i segreti della natura misteriosa...Io lo rifiuto. Euclide si dedica ai problemi imbrogliati delle sue figure geometriche;ugualmente io lo rifiuto...”