Sperando che il 4 marzo 2018 la politica si chiamerà Futuro, la conclusione della XXVII Legislatura, avvenuta tra la fine del vecchio e l'inizio del nuovo anno, oltre a segnare la scadenza 'naturale' di un quadriennio di attività parlamentare consegna al nuovo corpo elettorale, chiamato alle urne per eleggere il 18° Parlamento, un bilancio molto scadente sia per qualità politica dei vari governi che si sono avvicendati in carica che quantitativo per leggi, decreti e atti che sono stati votati dalla Camera e dal Senato. Come previsto dalla norma costituzionale,con la ripresa post festiva di gennaio, si apre una nuova e diversa fase politica che in molti auspicano produttiva ed efficace, in grado di imprimere una necessaria svolta di coerenza e cambiamento nel quadro istituzionale dell'alternanza e di evolutiva e innovativa trasformazione della democrazia italiana.
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Il nuovo popolo che nel frattempo si è formato all'anagrafe elettorale nazionale è chiamato all'impegnativo compito di scegliere e discernere per dare un diverso orientamento ad un Paese profondamente deluso dall'andamento della vecchia politica, dalla mancanza di soluzioni valide, vigore e slancio all'azione dell'Italia nel difficile contesto europeo, mediterraneo e internazionale.
A cinquanta giorni dal rinnovo delle Camere gli italiani si guardano allo specchio per scorgere una propria immagine fortemente scossa e spaccata, fatta di contraddizioni e ritardi, divari territoriali e di reddito, contrasto tra miseria e ricchezza, solidarietà ed egoismi, incapacità amministrativa e corruzione pubblica, diseguaglianze di classe e di genere, tutti fattori, problemi, istanze e bisogni che si pensava fossero scomparsi sotto il catromoso trucco del berlusconismo e del renzismo.
Tutti abbiamo di fronte la realtà, composta lungo gli assi della crisi economica e degli effetti devastanti della deindustrializzazione e della globalizzazione capitalista, la finanziarizzazione dell'economia e la violenta concentrazione di un sistema bancario, bacato dal debito pubblico e dai facili salvataggi di stato, in sintesi un volto della società italiana che certo non è quello che ci racconta il Censis, quanto invece truccato dai fotomontaggi ingannevoli di un oligopolio della comunicazione composto dai media televisivi privati e di stato, dal giornalismo di regime scritto su quotidiani pagati con i denari del finanziamento ai vecchi partiti.
Vorrebbero farci credere che la colpa è dei populisti, ma non riescono neanche più a sussurrarlo se non cadendo nel ridicolo e nella indegna falsificazione e deformazione dei fatti, dei dati statistici, degli avvenimenti spesso tragici e sconsolanti che costellano la cronaca.
Quel che invece tutti osserviamo e constatiamo è che l'Italia è profondamente separata in casa, non solo nel divario territoriale tra Nord e Sud che si è accresciuto in modo impressionante e spaventoso, ma che la comunità nazionale, la Repubblica e lo Stato, l'insieme delle istituzioni democratiche oggi risentono della spaccatura netta ed evidente tra un vasto e immenso 'demos', il numero magico del 51%, sempre più radicalizzato e indignato, oscillante tra l'assenteismo elettorale e la ribellione democratica, e una sempre più piccola 'oligarchia' del potere, i potenti, i ricchi, i furbi, i carrieristi, gli arrampicatori, ecc.ecc., che sebbene assediati dal popolo, resistono ad oltranza nella conservazione delle proprie posizioni, interessi, appannaggi e prebende di stato.
Da questo scenario uscirà il futuro dell'Italia, in questa fucina si realizzerà la trasformazione della democrazia.
Si potrebbe citare a tal proposito qualche bella frase di Jean Jacques Rousseau, magari quando andava a Carnevale di osteria in osteria nella bellissima Venezia del '700 a far arte di magia ed esoterismo.
Ma non lo faremo. accontentandoci per concludere di parafrasare Karl Marx che scriveva chiaro e forte come di fronte al quadro odierno della politica: “questi politicanti pietrificati vanno fatti ballare cantando loro la loro propria melodia!”