Altro che "Qui la 'ndrangheta non entra". C'è un dato statistico inoppugnabile costituito in numero e quantità sempre maggiore di crimini di natura mafiosa e 'ndranghetista che avvengono in Calabria in sedi e luoghi istituzionali, tanto da far risultare strettamente connessi i delitti di stampo mafioso con l'esercizio di svariate cariche politiche che vanno dalla semplice posizione di consigliere comunale, presidente di provincia, sindaco di un municipio, consiglieri e assessori regionali, parlamentari, deputati, senatori, spesso sottosegretari di stato, talvolta persino ministri. Stiamo attenti ad affermare che si tratta soltanto e semplicemente di esecrabile fatto di delinquenza organizzata, di sola 'ndrangheta alla Old Calabria. Perché sicuramente c'è di più, di nuovo e di diverso nell'inquietante e minaccioso avanzare ed espandersi di una nuova forma di reati che andrebbero rapidamente rubricati diversamente, magari sotto l'aggiornata voce di Criminalità Politica contro la democrazia e l'ordine costituzionale.
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Credo che sia necessario comprendere ed affermare che dalla prospettiva della politica e dell'etica costituzionale sia urgente una più meticolosa e attenta analisi della caratura specifica che in Calabria è andato assumendo il comportamento mafioso. Prima di tutto lesivo del principio di legalità democratica e costituzionale, per questo di carattere eversivo, ancor più quando viene consumato attraverso cariche elettive, in frode, spregio e violenza aperta della sovranità popolare.
Il fatto che la 'ndrangheta riesca ad occupare le istituzioni locali e parlamentari, oltre essere un problema urgente di ordine e sicurezza, pone prioritariamente il tema della difesa e tutela dell'ordine democratico. Questione che non può più essere sottovalutata, né a monte né a valle, ma posta al centro come fatto imprenscindibile di pieno esercizio dei diritti di partecipazione e di elaborazione, formazione e determinazione delle scelte politiche democratiche.
Perché se è vero che si tratta di criminalità organizzata vi è anche e di più l'aggravante che i delitti commessi assumono forme e connotati speciali, persino linee specifiche e ben più gravi, se valutati da queste angolature e rilevanze.
Da qui la necessità di evidenziare, trattandosi di profili di pubblici amministratori corrotti e indegni, uomini politici violenti e tracotanti che hanno abusato del potere sovrano, e qui sta il punto, che essi hanno tradito e leso nell'essenza la volontà popolare e democratica insita nelle norme per le elezioni e per le rappresentanze.
Paradossalmente, ad allarmare i cittadini, il corpo elettorale, il popolo sovrano, dovrebbe essere non soltanto il delitto comune, la squallida e pericolosa condotta criminale 'ndranghetista, ma la valenza tutta particolare che in Calabria ha assunto il crimine politico.
Da qui l'esigenza e la domanda su chi sia oggi l'uomo politico delinquente, da chi è formato e come si istruisce e addestra e si seleziona il personale politico criminale, quel composito e composto mondo di candidati ed eletti in cui pesca la 'ndrangheta per occupare le istituzioni, dominare i consigli e le le assemblee elettive, penetrare nello Stato, comandare sulla società.
Fenomeni e casi che dimostrano l'impressionante condizione di spregio e strumentalizzazione dei più sacri luoghi della vita democratica da parte della 'ndrangheta, ma anche dell'inefficacia di alcune leggi e provvedimenti che non sono stati capaci di sradicare la mentalità e la metodica del crimine, anzi spesso finiscono per delegittimare, disaffezionare, allontanare dalla politica la parte civica migliore, fino a sospendere imperativamente le stesse garanzie democratiche, bene supremo di ogni cittadino.
In questo senso bisogna stare molto attenti ad enfatizzare alcuni aspetti tralasciando di mettere in primissima evidenza che ciò che sta crescendo a dismisura, senza alcun controllo preventivo, è il crimine politico, cioè l'insieme di reati commessi con l'intento di danneggiare la democrazia e diritti, minacciare i governi nazionali e le amministrazioni regionali, gli enti provinciali e comunali, ponendo ad essi determinate condizioni.
La politica e il crimine purtroppo sono realtà connesse e collegate attraverso l'imposizione in tutta la Calabria di vere e proprie leadership tribali, familistiche, nepotistiche, parentali.
Con una selezione del ceto politico opaca, oscurantista, settaria, criminogena.
Tuttavia al momento l'identikit dell'uomo politico delinquente non è ancora pienamente oggetto di studi e analisi da parte della sociologia criminale, della scienza politica e del diritto penale italiano.
Si tratta di psicologie e subculture di personalità inclini al delitto più subdolo, con un carattere scarsamente suscettibile di sviluppo morale.
Molto opportunamente bisognerebbe cominciare a sondare a quale livello di degenerazione sia giunto il senso etico e morale della politica locale e regionale, così smaccatamente disposta ad assecondare il fin troppo agevole passaggio dalla prerogativa di una legalità apparente e falsa, dal perbenismo ipocrita di tanti politici, al costante esercizio di una ragionata e sistematica attività illecita e criminale.
Per questo è importante capire meglio e divulgare di più ciò che accade nella concretizzazione di tali comportamenti che appaiono molto simili a quanto scritto da Max Weber a proposito del processo di razionalizzazione pubblica di impulsi violenti e irresistibili che si tramutano in simulazione di atti legittimi, nella logica dell’apparenza formale dell'ordine legale e gerarchico e nella materiale consecuzione di frode, corruzione, minacce, truffe, ecc. al solo fine di commettere il delitto attraverso il comando pubblico individuale e collettivo, con stile e comportamenti di 'classe' che si presentano fraudolentemente e cinicamente in quanto l'esatto opposto dell'immagine truculenta del criminale primitivo e selvaggio di una Calabria del passato.