1938. L’Anno Orribile in cui l’Italia divenne Razzista. Ottanta anni fa le leggi antiebraiche

Ma erano davvero così 'felici' gli ebrei italiani (come certa falsa e insinuante propaganda di regime voleva far credere) durante il fascismo? Cosa avvenne quando l'antisemitismo fascista, intriso di razzismo nazista colato a freddo nel cosiddetto Manifesto della Razza, s'impose come legge dello stato tra la nostra popolazione ebraica, a quel tempo organizzata in ventisei comunità autonome, ognuna con personalità giuridica, usanze, costumi, culture, personalità di spicco che rappresentavano un tutt'uno con la storia antica e moderna dell'Italia? Quanto tempo fu necessario per smascherare il tradimento e la menzogna che si nascondeva sotto le finte spoglie del filo ebraismo del dittatore Mussolini?


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social

Quello stesso ambiguo dittatore che dietro subdoli ragionamenti dichiarava il suo pregiudizio con parole di peso ideologico inconfondibile attaccando gli ebrei che confessavano apertamente la propria identità solo per dire che di fatto si autodenunciavano come 'razzisti' essi stessi, a suo dire, poiché “quello d'Israele è un riuscitissimo esempio di razzismo che dura da millenni, ed è un fenomeno che suscita ammirazione profonda. Gli ebrei,però,non hanno diritto alcuno a lagnarsi quando altri popoli fanno del razzismo.”

Quanto crudele fu la scoperta di quella tragica facciata che portò alla persecuzione e alla deportazione, brutalmente accelerate dalle leggi razziali di ottanta anni fa, promulgate dal Re Savoia nel 1938 oggi lo sappiamo anche attraverso le dolorose cifre di tantissimi perseguitati, deportati, martiri dell'Olocausto, ingiustamente trucidati negli orridi campi di concentramento.

Basti solo ricordare che in base al censimento segreto degli ebrei del 22 agosto 1938, su un totale di 15.000 famiglie erano state già oggetto di discriminazioni 3.502 famiglie e tra queste tante che avevano aderito alla Marcia su Roma conquistando meriti politici, culturali o economici.

In realtà nel contesto della variegata minoranza ebraica italiana solo pochi furono immediatamente attenti all'incombere del flagello mussoliniano. Non tutti, infatti, ascoltarono le Cassandre antifasciste che, sebbene in pochi, furono tra le prime a scorgere la natura autenticamente razzista e anti ebraica del fascismo, coraggiosamente denunciata non solo da intellettuali e uomini di cultura ma da tanta gente onesta del popolo, piccoli gruppi di affettuosi amici e di rispettosi estimatori delle straordinarie comunità ebraiche che sono e furono parte integrante e migliore del più limpido e schietto carattere italiano, avvertendo i rischi e i pericoli accresciuti a dismisura con l'avvento delle Camicie Nere al comando del Paese.

Se, dunque, le fonti storiche e documentali confermano definitivamente che il dittatore fascista ebbe un rapporto falso e ambiguo su quella che definiva un' inesistente 'questione ebraica', egli stesso, per sua ammissione, menava vanto, con atteggiamento di arrogante sufficienza, di “non amare gli ebrei, tenendoli a bada solo perchè hanno una grande influenza dappertutto. E' meglio lasciarli in pace. Il suo antisemitismo ha già portato ad Hitler più nemici di quanto fosse necessario.”

Tuttavia, il clima di apparente tranquillità e pacifica coesistenza civile che si era instaurato tra gli anni Venti e Trenta dello scorso secolo, tra il fascismo e gli italiani di fede mosaica cambiò improvvisamente sotto i ripetuti e mirati attacchi centrati sulla differenziazione razziale ariana che si rinnovarono con sempre maggiore veemenza sulla stampa nazionale.

Fu, tra gli altri ideologhi della razza, il quadrumviro Roberto Farinacci, tra i fondatori del Pnf e membro di spicco del regime, a porsi alla testa e in quanto punto di riferimento politico, di campagne d'odio che tracciavano l'ordito del piano mussoliniano, solo in apparente autonomia, distinguo e libertà di pensiero, talvolta anche criticamente incalzante verso le 'mollezze' del Duce, con sfrontata astuzia macchiavellica. Una sottile strategia intesa ad accusare i nostri ebrei non di essere ebrei ma in quanto nemici del fascismo, rappresentanti in Italia di un "ebraismo mondiale" che era sionista e antifascista.

Dalla seconda metà del 1936, con l'inizio del conflitto spagnolo in cui parteciparono, a sostegno del franchismo, Italia e Germania, si intensificarono le accuse e gli attacchi agli ebrei colpevoli, a dire dei capi fascisti, di opposizione alla politica estera italiana.

Poi l'episodio impressionante della caccia agli ebrei scatenata nella colonia italo-nordafricana di Tripoli, dove gli appartenenti alle comunità locali furono pubblicamente frustati per aver rifiutato di aprire i loro negozi di sabato, faceva un tutt'uno con gli articoli e gli editoriali de La Gazzetta del Popolo, che attaccava un fantomatico "comunismo ebraico", nel mentre Il Popolo d'Italia, nel gennaio del 1937, pubblicava uno dei più feroci attacchi anti-ebraici mai apparsi.

La politica razziale e la legislazione antisemita di Mussolini con il loro terribile carico di conseguenze e di orrore ad ottanta anni di distanza appaiono più che mai un fatto storico disonorevole, non del tutto sondato e chiarito nei capitoli ancora non scritti della Storia d'italia.