Il punto di partenza della mia analisi è che il modello tirrenico per lo sviluppo della Regione Calabria è completamente fallito. La storia calabrese ha messo in chiaro che in quasi due secoli l'egemonia tirrenica, fatta di strade, autostrade, aeroporti, grandi porti, aree metropolitane, ferrovia, industrie, ecc., con spreco di finanze pubbliche e investimenti europei, per realizzare e sostenere mega infrastrutture inefficienti e improduttive, non ha modificato di un millimetro la condizione di arretratezza economica della regione, condannando alla marginalità, all'emigrazione, all'abbandono e ai poteri retrivi, occulti e criminali l'intera Calabria Jonica che va dalla Sicilia fino alla Basilicata.
Vito Barresi | Politica.24
Esiste oggi nella attualità politica ed economica della Calabria, come fu anche nella storia non solo recente ma anche antichissima, una specifica 'questione jonica' calabrese?
La mia risposta è affermativa, poiché la questione jonica calabrese, con l'evidenza di un enorme divario e di una sofferente disparità di opportunità è la manifestazione più netta delle grandi contraddizioni calabresi, della profonda diseguaglianza di crescita economica e di futuro sviluppo tra due coste della regione.
Da una lato c'è il versante tirrenico visibile, illuminato, veicolato infrastrutturalizzato fino all'ingorgo e sovrapposizione di tante e non una cattedrali nel deserto.
Una striscia di collegamento 'atlantica' su cui si è puntato con fallimentari progetti di sviluppo, smisurati ed antieconomici, che sono apparsi utili piuttosto per le regioni limitrofe, specie la Sicilia, la Basilicata e la Campania che non ai sistemi locali e territoriali che ne sono stati sconquassati e spesso violentemente sventrati come a Gioia Tauro.
Dall'altro le aree joniche, assurte al nuovo rango di sponda asiatica e africana per l'intera Europa, composte da zone e territori sia socialmente che culturalmente più omogenee tra pianura e montagna, che sono state totalmente abbandonate, isolate, marginalizzate, inabissate, sprofondate nella deriva del sottosviluppo, dell'isolamento e della subalternità a ogni tipo di consorterie dominanti legali e illegali.
I gruppi di potere che comandano nella Regione Calabria conoscono bene questa ingiustizia, non solo geografica, in quanto sanno che essa è il presupposto del loro predominio predatorio sui vari sistemi locali della costa jonica.
Direte voi leggendo, ma che c'entra con tutto questo il Signor Sindaco di Crotone?
Cercherò, rivolgendomi con osservanza e ossequio al primo cittadino, di essere 'spartano', anzi brachicologico.
Nella misura in cui Egli magari intenderebbe entrare più dinamicamente e meno passivamente nell'attualità della Calabria, potrebbe rivendicare per la sua città jonica un ruolo leader per il “Corridoio Pugliese”.
Non già perchè porterebbe il suo illustre nominativo, ma in quanto unica alternativa sostenibile rispetto a quel modello di sviluppo ineguale e ingiusto, sopra descritto, e che è stato fin qui imposto con arroganza e tracotanza dall'Egemonia Tirrenica, anche se negativamente ricaduto su parte e intero della Calabria.
Potrebbe farlo aprendo le porte della sua sindacatura sulla grande sfida del corridoio europeo che collega Helsinki con Bari, fino a Malta, integrando con varie infrastrutture la dorsale adriatica, già ampiamente interna alle politiche di coesione, con la linea jonica che da Policoro scende fino a Palizzi, l'estesa ecologia storica del latifondo meridionale ed euromediterraneo.
Che gli resterebbe altrimenti? Intenderà rimanere nel chiuso delle sue tranquille rendite municipaliste? Magari affacciandosi ogni tanto dal passetto della sua anticamera, sul più angusto e tetro corridoio comunale dove si può ammirare la galleria di facce appese di tanti sindaci defunti?