Che figuraccia! A Crotone, nella vecchia Stalingrado del Sud, nella città “rossa” (tempo addietro) per antonomasia, avremmo avuto un sindacato comunista, ossia la Cgil che retribuiva in nero una lavoratrice?
L’episodio risale agli anni ‘90 quando la donna in questione ha iniziato a prestare servizio, con il compito delle pulizie, presso gli uffici del sindacato. A detta della figlia retribuita, mensilmente, con 250 mila delle vecchie lire e senza una regolare assunzione.
Anche la signora che ha sostituito la dominica, a partire dalla fine del 1996, che chiara di aver ricevuto la retribuzione alla stessa maniera.
Ad inchiodare la Cgil vi sono anche le registrazioni di alcune telefonate fatte dalla figlia della lavoratrice. Eccone un estratto significativo: “Ma cosa vuoi ora degli anni lavorati in nero?”, afferma alla cornetta un funzionario del sindacato.
Assurdo, pertanto, che un’organizzazione tanto sollecita nel difendere i lavoratori, non abbia osservato, in tale occasione, le regole della contrattazione.
Purtroppo, per questa mancata regolarizzazione la lavoratrice dominicana non è riuscita ad ottenere la pensione, la cui conversione avrebbe potuto risollevare dai mille problemi quotidiani i due figli.
Che la vicenda sia vera, nonostante i dinieghi o i “non so” dei vari soggetti intervistati, si dedurrebbe da un verbale di riconciliazione stipulato a fine rapporto e dove si sottolinea che quella della signora addetta alle pulizie sarebbe stata una “collaborazione amicale, volontaria e dettata soltanto dalla necessità di avere contatti umani e relazionali”.
Non sapevamo che ci potesse essere gente disposta a lavorare gratis soltanto per potere parlare con qualcuno! Naturalmente nello stesso verbale non si farebbe alcun cenno ai sei milioni versati per poter chiudere la faccenda, perché, in tal caso, la Cgil sarebbe stata costretta a versare i contributi.
E, per finire, un fiore all’occhio, dove si precisa: “Nessuna retribuzione verrà richiesta successivamente”. Una precisazione che - secondo noi - dimostrerebbe, invece, come i sei milioni sarebbero stati versati.
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Rodolfo Bava