La guerra in Siria continua ad essere una minaccia fortemente sottovalutata a cui si deve e si può dare una risposta immediata, democratica e pacifica. Ora e non dopo c'è bisogno di sapere cosa pensa in proposito di guerra, pace e Mediterraneo il nuovo ceto politico, che ha conquistato il potere parlamentare dopo le recenti elezioni del 4 marzo 2018. Ciò che si chiede ai parlamentari eletti di ogni parte politica è di far conoscere agli elettori, al popolo sovrano e all'opinione pubblica quale sia in proposito la loro posizione su quanto sta avvenendo in Siria, su l'intervento militare di Trump, May e Macron, la presenza di Putin a Damasco, la pace e il futuro di dialogo nel mondo, la Nato, il ruolo della difesa europea, coesistenza e cooperazione nel Mediterraneo. Ciò che si domanda è che i parlamentari non restino nel vago e nel limbo, sfuggendo alla responsabilità di far conoscere le loro scelte, ma si esprimano e prendano una posizione evidente davanti ai cittadini e ai propri elettori. Altrimenti essi saranno sì i nuovi ma sempre figli della vecchia politica, continuando con il malvezzo dei politicanti del passato, con il linguaggio politichese che sa di marcio e stantio, che vediamo non cambia per niente, e con esso il deprecabile comportamento dell’omertà istituzionale, la regola dello zitto tu che sto zitto anch'io!
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Di fronte al rischio che il conflitto siriano degeneri in una nuova guerra a carattere mondiale la strada da seguire è né quella delle armi chimiche né delle bombe più sofisticate e distrutttive.
L'intensificazione delle azioni militari alleate in Siria significherebbe intraprendere un pericoloso percorso con il rischio di trasformare il Mediterraneo in una vasta area bellica, una minaccia costante e permanente per la pace e la sicurezza di popoli, stati, nazioni e comunità,che condividono uno spazio geografico strategico nell'assetto globale del pianeta.
Sullo scacchiere la posta in gioco è alta, epocale, determinate per il prossimo futuro dell'Unione Europea, dell'Italia poiché essa comporta la sicurezza e i nuovi equilibri geopolitici non solo in Medio Oriente ma soprattutto nel più ampio e vasto Mare Mediterraneo.
Per questo motivo lo strappo dei francesi e dei britannici che insieme agli Stati Uniti hanno deciso di intervenire con bombardamenti aerei mirati in Siria sia fortemente discutibile poiché tali attacchi potrebbero imprimere ulteriormente un'improvvisa e incontrollata escalation al conflitto.
In merito, la posizione del governo italiano appare giusta e apprezzabile. L'Italia ha scelto di non partecipare al concerto bellico animano dalla May, da Macron e guidato da Trump.
Per il Presidente Gentiloni "non è il momento dell'escalation, è il momento di mettere al bando le armi chimiche, della diplomazia e del lavoro per dare stabilità e pluralismo alla Siria dopo sette anni di un conflitto tormentato e terribile". "L'azione circoscritta, mirata a colpire" le armi chimiche, "non può e non deve essere l'inizio di un'escalation. Questo è quanto l'Italia ha ribadito nei giorni scorsi e continuerà a ribadire."
Vista dalla Calabria la tragedia siriana fa ancora più paura e impressione. Noi come altre regioni europee non siamo molto distanti da quell'orribile palcoscenico di violenze e atrocità.
Per questo, dopo quanto avvenuto a Damasco, prima con la ricomparsa delle armi chimiche e poi con i bombardamenti notturni dell'alleanza franco-anglo-americana, occorre far sentire la voce della opinione pubblica calabrese e italiana, perchè cessi il rumore delle armi, si avvii un piano di pace e di riconciliazione in Siria, come in altri luoghi del bacino del Mediterraneo dove sono in corso scontri e combattimenti.
In Siria non ci saranno mai vincenti ma soltanto perdenti. Il numero delle vittime, secondo stime dell'Osservatorio dei diritti umani in Siria, sfiora i 500 mila i morti dall'inizio del conflitto, di cui oltre 20 mila bambini e 15 mila donne. E nel mentre si continuano gli attacchi chimici, purtroppo certificati, da un'indagine Onu dell'Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons-United Nations (OPCW), aumentano i rifugiati e gli sfollati che sempre secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari sforano i 5 milioni, a cui si aggiungono 6,3 milioni di sfollati.