L’orecchio di Trumper che ‘scagionò’ Toni Negri dal Caso Moro

L'Italia dei cento dialetti. Immenso giacimento di parlate e di urlatori. I linguaggi segmentano la società, gli affari, il crimine, il sesso, l'amore, la politica. Ancora oggi come ieri, negli anni Settanta, gli Anni di Piombo, del terrorismo nero e rosso, le Brigate Rosse, Nar, Prima Linea, l’arsenale di una guerra ‘incivile’. Oltre le immagini crudeli, d’impatto ci sono anche tante voci d’archivio che racchiudono questi mondi circoscritti e slabbrati in singole sfere che comunicano attraverso messaggi, scambi, canali riservati, segnali cifrati. Il Professor Trumper è il più importante testimone di questo archivio sonoro dell’Italia del dopoguerra, tra il boom economico degli anni Sessanta e la lotta di classe degli anni Settanta. Un catasto fonico riservato, dove sono state raccolte ma non a collezione, non come una teca museale, le voci di dentro di un Paese lacerato, violento, amorale, brutale, ossessionato, ideologico, insieme infantile e vetusto, impronte non giudiziarie che hanno tracciato il senso fonico di un’epoca.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social


Qualcuno lo chiama ancora Professor Babele perché conosce molte lingue, autore di un’opera monumentale come il Vocabolario Etimologico Calabrese, sebbene John Bassett Trumper sia di Cardiff, di fiera terra gallese, ormai da sempre vive a Cosenza, in una di quelle che fu tra le più belle solari e verdeggianti province abitate dai nobilissimi antichi Brettii.

Tornado a dire di quegli anni selvaggi e violenti, a lui resta una bella immagine italiana, cartolina in kodakcrome di una popolazione ricca ma non tanto europea che soffriva perennemente di doglie, in cui i dialetti geografici, le enclave regionali e comunali avevano edificato prima uno stato e poi una nazione, declamandone teatralmente gli statuti e i valori, pronunciandone sfacciatamente i caratteri, e sotto l'epidermide, i vizi ma anche le virtù.

Tutti avevano il proprio dialetto. I politici parlavano con inflessione mediterranea, i banchieri con accento toscano, i cummenda con piglio meneghino, i leghisti con la voce della Padania, la mafia con il taglio sicano, i giuristi con il timbro catalano. E i brigatisti, i sequestratori di Aldo Moro in che lingua o dialetto parlavano?

Toccò a John Trumper, consulente di parte nominato dall’imputato prof. Antonio Negri decifrare i testimonial acustici del più oscuro terrorismo, verificando sulla parola, il primo capo di una logorante storia di misteri nazionali.

E lo ha fatto, come risulta dagli Atti Giudiziari in Allegato alla Relazione della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulla strage di via Fani e l’assassinio di Aldo Moro e sul Terrorismo in Italia, in qualità di docente di glottologia all’università della Calabria, esperto in socio linguistica giudiziaria, con una perizia giurata che è ormai considerare a livello di letterartuta scientifica internazionale un classico di metodologia in materia d’indagini sul parlato e le intercettazioni.

Fu lui ad essere incaricato, anche per via della tenace insistenza di Paola Meo, la compagna del leader di Potere Operaio, di effettuare i controlli su un testo di cui era accusato essere l’autore Toni Negri, sulla base di commenti linguistici e confronti con la voce di un ignoto, realizzando uno studio di fenomenologia linguistica su campioni comparati veneti e marchigiani.

Un’analisi basata su confronti sistematici effettuata sulla Telefonata del 26.4.1978 (quella che cominciò con “Sono Nora Moro, Senta, eh, io sono uno di quelli…che…ehm che ci ha qualcosa a che fare con suo padre, Devo farle un’ultima comunicazione…’ ) che servì a scagionare Negri dalle accuse di essere il telefonista della BR, curiosamente salvato dalla pronuncia del cognome del segretario della Democrazia Cristiana Benigno Zaccagnini, così evidentemente difforme dai portavoce di morte.

Al ritmo rapido di Tubular Bells. Affaire Moro, vicenda Negri: “Tutto sommato si trattò di un indagine abbastanza facile. Ora posso solo dire di essermi imbattuto in una specie di fenomeno fonico infantile. Ho ascoltato sonorità stranissime, del genere trasporti profetici. Attraverso la propria voce, Negri esprimeva una personalità fortemente condizionata. Direi invasa e posseduta dalla propria ideologia.”

Immateriale epigrafe che aleggia nel budello capitolino di via Fani: “Non provai emozione particolare quando iniziai a lavorare su dialoghi che si avviavano all’incirca così... troverete il Presidente in una Renault 4... e via di seguito...Sì, almeno posso dire con certezza che si trattava di una voce decisamente abruzzese. Per essere più preciso la voce di qualcuno che è nato nella Conca del Fucino... In generale, i brigatisti parlavano con la distorta epicità di chi ha troppo senso della storia, come se la storia fosse davvero qualcosa dietro un angolo..."

Testimonianze di prima mano di una cronaca crudele, assurda, che passava furiosa e d'impatto dai vuoti cablati della telefonia pubblica al mutismo agghiacciante delle prime pagine. Fin dall'ormai jurassica strage di Peteano.

Dialetto friulano e una delicata indagine su un corpus di telefonate. La difesa, in istruttoria e in dibattimento, faticava a far vincere la verità. Allora escogita l'espediente scientifico della prova parlata.

Perizia e controlli sui dialoghi, bobine sottoposte al vaglio analogico di più di un codice linguistico. Finalmente si dipana la matassa, il segreto si svela, la verità precotta si sgretola miseramente.

Se Blob è stato l'occhio, Trumper è l'orecchio.

Nel sottomondo umbratile delle voci che invecchiano c'è tanta roba immateriale per incidere una colonna sonora degli Anni di Piombo.

Ma pure argomenti per un piccolo galateo della telefonia criminale I dialoghi tra un brigatista e non so hanno un'intensità emotiva pari a quella di una passeggiata domenicale.

Fu lui ad ascoltare la 'giovane' voce intesa e raccontata da Leonardo Sciascia che scrisse : "Quel giorno, in quell'adempimento, la pietà è penetrata in lui come il tradimento in una fortezza. E spero che lo devasti."

Nell'oscurità dei canali telefonici, nel transito satellitare day by day, si captano sordidi messaggi.

I sequestri di persona in Calabria, la fine del piccolo Nicholas sull'autostrada del far-west, le parlate delle bande dei 'rolling stones' dai parapetti di un cavalcavia, la mafia.

Oggi, tecnicamente, non esiste più il criptocodice. Tutto è affidato all'individuazione di particolari, personalissime, modulazioni dialettali.

John Trumper conosce bene l'impenetrabile regno vegetale dell'Aspromonte. C'è arrivato prima degli elicotteri e delle teste di cuoio, avanti i cani poliziotto. Girando per contrade morte domandava parole, cocci archeologici di lingue scomparse.

La gente osservandolo diceva solo 'esti nu professuri'. Al ritorno in cattedra gli accademici avvertivano quel prepotente lezzo caprino, appiccicato sui suoi abiti. La vita del raccoglitore di parole è dura e faticosa. Bisogna mangiare alla mensa del mugnaio per rintracciare una vocale, una consonante, un verbo strascicato.