25 Aprile all’ombra del Gladio. Un monumento revisionista che inganna la memoria e offende la storia

Allo scoccare del 25 aprile 2018 il Gladio continua a stare sempre lì dove venne posto sabato 28 settembre 2002 dall'allora sindaco di Crotone Pasquale Senatore. Sono passati 16 anni e quella stele alta dodici metri, costo totale oltre i 100 milioni delle vecchie lire, realizzata in travertino da artigiani di Tivoli, a forma di spada romana innalzata per onorare ''i ragazzi della Repubblica sociale italiana e della Resistenza caduti per la patria', svetta su una collina nel parco pubblico Pignera, altrimenti intitolato a Pitagora, alle spalle dello stadio comunale dove ora si giocano le partite del campionato di Serie A. Un gigantesco simbolo, esteticamente avulso e ingombrante, che rimanda se non inneggia al passato, e che fa a suo modo palese apologia del fascismo più puro e radicale della Repubblica Sociale Italiana, poi finita tra Salò e Piazza Loreto a Milano. Visibile non solo da ogni parte della città e anche nei dintorni ma da qualche anno anche in Euro e Mondovisione sui canali satellitari che trasmettono le partite di calcio della squadra rossoblù.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social

Il Gladio, voluto per ricordare una discutibile e presunta 'pacificazione nazionale', resta ancora una spada di Damocle saldamente appesa sulle teste dei cittadini democratici e antirazzisti di una città che vanta ben altri titoli di alta valenza antifascista che vanno dal martire Mario Nicoletta ucciso da un a squadraccia nei torbidi che segnarono l'avvento della dittatura mussoliniana fino al manifesto di proscrizione e condanna a morte civile dei socialisti Antonio Alfì, Orazio Laino, Enrico Mastracchi, Truglio, Scicchitano, Scida e altri ancora.

Una vergogna, un inganno alla memoria, un disonore per la storia antifascista e democratica della comunità pitagorica. Che fu rossa e socialista, comunista e partigiana, tuonano gli avversari di simili rigurgiti nostalgici, i cui epigoni contemporanei vestendo ormai abiti azzurrini sopra canottiere nere, controllano de facto l'intera filiera produttiva e riproduttiva del ceto politico locale.

Tanto che c'è chi osserva che, dopo il crollo del monopolio politico del vecchio Partito Comunista, dopo la crisi della partitocrazia, tutto il ceto politico attualmente dominante, altro non è che una replica, una riproduzione ereditaria della destra storica e talvolta più retriva che passa da padre in figlio sversandosi verso sinistra senza esibire alcuna patente nè pedigree democratico e costituzionale.

Come in un vicolo cieco di un giallo verista alla Camilleri, gatto bianco o gatto rosso non fa differenza alla fine, opportunisticamente, sbuca sempre alla svolta qualche gatta nera.

Gli stessi tiepidi oppositori di un tempo ora tacciono del tutto, nonostante le numerose richieste e rimostranze per farlo abbattere.

Piuttosto rassegnati, dicono che se fosse passata la legge Fiano sull'apologia di fascismo anche per il Gladio il destino sarebbe stato segnato.

Invece le cose, non per legge ma per mano del tempo che scorre, sembrano ormai portare alla deriva quella vera e propria mostruosità, non solo stilisticamente aberrante ma sopratutto ideologicamente e valorialmente intollerabile in una sistema costituzionale e legale a marca democratica e antifascista.

Lasciato nel totale abbandono su un monte ventoso d'argilla e di calanchi, il sedicente monumento, stemma del decennio discutibile e disastroso del sindaco di Crotone, il missino Pasquale Senatore, l'obelisco che inneggia ai valori della Repubblica di Salò, fu la punta di travertino, più che di diamante, di un vero e proprio mini regime ideologico locale dalle evidenti simpatie nostalgiche per il ventennio fascista.

Tanto che ormai a quasi un ventennio dalla sua collocazione il manufatto appare sempre di più come una scelta insulsa e dispendiosa, generata da suggerimenti urbanistici eterogenei e sbagliati, frutto dell'oscura fantasia di qualche 'machiavellico' e bieco 'architettuccio' di periferia, che andarono dall'acqua 'senatorella' ai resti della nave greca 'spostati' in mezzo al traffico dai depositi del museo archeologico, alla famosa fontana illuminata, ormai definitivamente spenta e asciutta, all'isola pedonale sul corso principale, alle deturpazione di monumenti e luoghi di cui resta emblema l'ex Piazza Carlo Turano, con la vera e propria devastazione di una villetta, a suo tempo attrezzata come pista pattini, la chiusura di una arteria principale del centro, lo sfregio di un ex convento che ospitava la prima sede dell'ospedale San Giovanni di Dio.

Per non parlare del Lungomare Gramsci vero e proprio scempio che ha snaturato non un pezzo ma un intero tratto di costa, degradandone la vivibilità e persino condizionandone l'agibilità e l'organico fluire del traffico veicolare.

Insomma un vero e proprio Libro Nero dell'era Senatore, zeppo di danni e bruttezze, a cui bisognerebbe porre al più presto rimedio, che nessuno sembra aver voglia di riaprire e rileggere attentamente nelle sue evidenti e pesanti ricadute diseducative.

Una remora, una sorta di paura reverenziale che sembra imbrigliare i sindaci venuti dopo l'ex missino, incapaci di promuovere una rimodulazione dell'area in questione che parta prima di tutto dalla verità storica sul carattere eminentemente popolare, antifascista, antirazzista, democratico e socialista di un Comune che pagò l'opposizione al regime mussoliniano con la persecuzione e la proscrizione degli avversari delle camice nere.

Ma sui valori della democrazia e della libertà non si scherza né tanto meno le istituzioni dello stato possono essere superficiali come fino ad oggi hanno dimostrato.

La Prefettura e la Procura della Repubblica di Crotone in questi lunghi anni sono rimaste immobili e prone al volere del potente ras Senatore che faceva vibrare l'applauso delle masse?

Perchè non si sono mosse, non hanno avvertito l'urgenza di far rispettare i valori costituzionali, giuridici e democratici scaturiti dalla Guerra di Liberazione Nazionale contro il nazifascismo?

La fascistizzazione dello stradario, l'ostentazione impunita di miti ed errori del passato sono un pericolo per tutti. Sopratutto se per troppo tempo si sottovalutano simili ritorni, nel mentre si sbrigliano l'ignoranza storica e le ambiguità ideologiche, l'omertà e le rimozioni politiche.

Tutto un groviglio confuso di scelte 'populiste' e qualunquiste, apparentemente innocue, che tanto male fanno non solo alla memoria ma anche alla libertà e alla democrazia a Crotone come altrove.