Crotone tra baracche del passato e futuro che non c’è. Alla ricerca di un nuovo sviluppo senza illusioni | Vito Barresi

6 maggio 2018, 14:12 Politica.24

Economia locale, infrastrutture corte e di lunga distanza, emergenza sicurezza urbana, qualità dei servizi pubblici locali sempre più inefficienti sono i grandi temi elusi in una città messa ai margini dalla crisi e dal declino e in costante quanto imponente difficoltà. Non si esce dalla stagnazione in cui si trova Crotone continuando a far finta di niente. Ossia evitando di constatare che i vecchi modelli di crescita urbana e collettivi non servono più. Manca in questo momento attuale un nuovo modello di città che sappia costruire la prospettiva da qui ai vicini e imminenti anni Venti del XXI secolo, per dare risposte di breve e medio periodo alle esigenze diffuse e pressanti di ripresa e programmazione territoriale. Così come non ci sono idee originali e sostenibili non per colpa di Minerva nemica di Hera ma per carenza di analisi sociali ed economiche, studi specifici dei punti di forza e di debolezza, strategie di programmazione e progettualità, impreparazione del ceto politico talvolta più ignorante che arrogante.


Vito Barresi

Politica.24


Cento anni fa Crotone 1918 era solo un borgo di miseria, malaria e povertà. Mancava il chinino per curare gli ammalati, la fame regnava in ogni focatico, nelle case non c’era l’acqua e i servizi igienici. Ovunque baracche e fetidi bassi con alto tasso di mortalità infantile e diffusione dell’anemia mediterranea. La popolazione stagnava da secoli con ritmi di crescita lentissimi, aggirandosi attorno ai quattro/cinquemila abitanti.

Epidemie ed endemie, secondo il racconto dei medici locali specie del Caloiro, dei tanti viaggiatori che non si interessavano di sole cose preziose e archeologiche ma anche degli uomini e delle donne che vivevano in condizione di estrema indigenza e miseria, erano fatti normali di vita quotidiana.

Poi vennero i grandi lavori del Porto, le iniziative di una rete energetica nazionale di costruire i laghi artificiali silani e le centrali idroelettriche, avvento di una lunga industrializzazione giunta fino alle fabbriche usa e getta. E fu così che la città ebbe sviluppo, benessere e progresso.

La vita cambiò in meglio e rapidamente anche se le diseguaglianze sociali e le discriminazioni di censo, ricchezza e cultura erano ammantate dall'egualitarismo falso della dittatura del regime fascista.

Poi venne il secondo dopoguerra, la crescita democratica e demografica, il boom economico, l'edilizia tumultuosa e senza pianificazione, l'emigrazione di massa delle nuove generazioni dello studio e del lavoro, la scolarizzazione diffusa.

Crotone fu per lunghi decenni una città leader non solo nel sud ma in tutto il Paese. Non c'era neanche disoccupazione, se non frizionale e congiunturale, legata ai cicli dell'edilizia e dell'agricoltura.

Il laborioso centro rappresentava nel contesto della fascia ionica che va dalla Sicilia fino alla Puglia, da Siracusa fino a Taranto, un avamposto di modernità e di crescita civile su basi manifatturiere ed agricole.

Si è parlato di tutto ciò descrivendo il caso Crotone con l'immagine della via prussiana allo sviluppo, la strada jonica calabrese verso la trasformazione delle strutture economiche e sociali di una regione arretrata.

Tutto questo è solo un riassunto dei quadri storici del passato locale. Ora che mancano pochi mesi agli anni venti del 2000, Crotone sta vivendo una crisi profonda e non ha ancora trovato la rotta giusta per navigare verso il futuro.

Agricoltura estesa e trasformata, energia elettrica e industrie non hanno lasciato solo detriti ma anche eredità positive che vanno riprese rilanciate secondo nuove versioni programmatiche e progettuali che si innestano su un tessuto urbano da rigenerare e rifertilizzare secondo più avanzate logiche urbanistiche a trazione ecologica, puntando sulla denominazione d'origine del territorio e della sue biodiversità.

Ce ne sono le condizioni ed è per questo maturo il tempo della svolta e del cambio di mentalità. Ma quel che serve di più è una scelta direzionale vera, una conduzione collettiva della città che sappia dare rinnovata identità e dignità a Crotone.

Non bastano le mere manifestazioni dello spettacolo e dello sport. Non basta vincere le elezioni se poi non si ha il bagaglio e le capacità politiche di saper amministrare e governare. Per questo ci vuole altro per dare inizio a una intensa stagione propulsiva di trasformazione e modernizzazione della città.

A poche settimane dall’estate 2018 la città si trova in uno stato di degrado e di abbandono veramente allarmante.

Dilaga il crimine, ricompare minaccioso e prepotente un mercato della droga allargato e impunito, si espande il controllo del territorio da parte del piccolo e grande crimine, interi quartieri come il centro storico, alcune frazioni e contrade sono ormai off limit e sotto il controllo territoriale di filiere prepotenti del crimine e dell’illegalità.

Questa città deve trovare una sua salvezza e una via d’uscita dal vicolo cieco in cui si trova. Per far questo bisogna cominciare a ragionare su un futuro utile e al servizio dell’intera fascia ionica calabrese, isolando i fomentatori di inutili polemiche, i soliti praticoni populisti di una vecchia politica, puntando sul merito, la legittimità, le coerenze di fondo delle personalità.

Se i crotonesi non vogliono restare con la sveglia al collo devono smetterla di inseguire chimere, riconoscere che sono in forte ritardo di sviluppo strutturale, culturale, collettivo e professionale.

Rialzarsi per ripartire non sarà facile. A meno che non si voglia fuggire da qui, da questa prova che alcuni dicono di aver ingaggiato ma con evidenti scarsi risultati.

Ammesso che Crotone sia uguale e alla stessa altezza di sviluppo di Foggia.