Una storia edificante, quasi a tratti da libro Cuore, sul fondale di una novella alvariana. C’è un richiamo alla Calabria dell’Uomo è Forte con le sue mitologiche avversità naturali, un copione che s’immaginava perduto. Rimasto invece lì a evocare per sempre un mondo andato, ravvivandosi in un suo viraggio inedito, lo story-telling inatteso di una radio ricordo, la foto d’epoca di classe subalterna, le suggestioni estetiche del bianco e nero che, oltre ogni archivio, ritornando in purezza come forma del tempo, opera d’arte nell’epoca dell’irriproducibilità di un bene che si chiama memoria collettiva e condivisa. A tal punto da meritare, per suggello una firma maestra, quella di un grande del cinema italiano, Ermanno Olmi.
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Pellicola (Piccoli calabresi a Suna sul Lago Maggiore (1954) Regia: Ermanno Olmi; produzione: Servizio Cinematografico della Società Edison; origine: Italia; durata: 10') che parla di noi calabresi, struggente il canto infantile sulla morte del ‘ciuccio bellu di stu coru’ nei titoli di testa, che ci riguarda nell’archetipo profondo, psiche di Calabria, rimasta sempre uguale e senza psicoanalisti, forse per via di monopoli d’anima del troppo clero invasivo. Nel filmato, della durata di otto minuti, un documento di straordinario valore civile sulla vita quotidiana dei piccoli rifugiati, Ermanno Olmi scelse anche di raccogliere la testimonianza diretta di uno dei bambini, intervistato in un ospedale milanese dove era stato ricoverato per motivi di salute.
E’ questa la mini trama del primo documentario di una lunga e brillante carriera cinematografica, che fa un ritratto a luce giorno di una regione, già col piede sul treno dell’esodo e della fuga. Ermanno Olmi raccontava con immagini di puro lirismo neorealista una Calabria a noi inedita e di cui forse, in vita repubblicana, abbiamo perso anche la memoria.
Anno 1951, storia e cronaca di trecento bambini che vennero ospitati a Suna, il primo paese che affaccia sul Golfo Borromeo, la rientranza del Lago Maggiore, seguendo il lungolago, che porta nel cuore di Verbania, nella colonia del gruppo Edison, il colosso dell'elettricità italiana e mondiale, qualche settimana dopo un'alluvione devastante, flagello bagnato che travolse pesantemente molti paesi della Calabria, specie nella provincia di Reggio.
Sceneggiatura asciutta, essenziale, che sfocia in una fotografia di scena nitida, con accenti di scoperta commozione, il dipanarsi del plot giornaliero a mò di diario, rappresentazione di una nuova esperienza di vita, dentro la nostalgia per la terra lontana, gli affetti modesti della famiglia in paese.
Tutto al centro della testimonianza in forma di lettera scritta e inviata ai propri cari da uno dei giovani calabresi protagonisti della vicenda, il piccolo Vincenzino, che dal diluvio universale li portò sull’arca di un’incantevole e cristallina Isola Bella, su quel magico lago, di là e di fronte a Stresa.
Una riscoperta benvenuta. A Ivrea, per chi va curiosando nell’Archivio Nazionale Cinema d’Impresa per la conservazione e la diffusione dei documenti visivi, tra oltre quattrocento titoli, lungometraggi e cortometraggi, realizzati a partire dai primi anni del Novecento si troverà anche il corto Piccoli calabresi sul Lago Maggiore… Nuovi ospiti della Colonia di Suna, la pellicola di Ermanno Olmi, che narra al cinema d’essai la Calabria rurale e arcaica, affascinante e chiusa degli anni 50.
Così che il volto di quei ragazzini accolti nella colonia di un nord piemontese che confina con la vicina Svizzera, è un affresco di semplicità, di solare felicità, tutta l'autenticità, forse adesso perduta per sempre, di un popolo provato da secoli di arretratezza e miseria.
Piccoli Calabresi sul lago Maggiore. Il capolavoro riscoperto di un grande regista italiano.