L’unica cosa che si è davvero aperta come una scatoletta (a parte le chiacchiere dei politicanti di ultima generazione) è la casa a terzo piano di una palazzina popolare nel noto e appartato quartiere crotonese di Lampanaro. Case di edilizia pubblica nel greto immenso di una fiumara che per quanto a riparo dalle acque alluvionali qui nessuno si aspettava un botto impressionate, un vero e proprio squarcio di guerra che ha sventrato fronte retro non solo un’abitazione ma falciato ben due vite umane. Storie di gente di periferia dove arriva ogni ora il bus urbano che viaggia lento tra Piazza Pitagora e Rione Lampanaro.
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Spaccati di vita che lasciano pensare alla dura lotta quotidiana che il popolo ingaggia per sopravvivere, per non essere sopraffatto dalla macchina di un sistema che stritola e disumanizza, che solidarizza e si allarma soltanto a scatti ma sui social, s’indigna come piace dire loro nella finzione persino falsa dell’illuminismo internettiano, restando comodamente seduti davanti al web.
Questa è il realismo della vita di quartiere. Lampanaro è una vera e propria banlieu mediterranea. Un insieme anche metropolitano per dirla in termini urbanistici che si trova similmente a Il Cairo come nella periferia sud di Marsiglia.
Fuori dalle stronzate della rete che fa politica per spiare e fare cassa in casa, resta la prassi della gente vera, con il suo quotidiano e concreto racconto sociale, giovani, anziani, donne che tribolano per ogni piccola cosa, che va da un diritto elementare, la famiglia, l’educazione dei figli, il lavoro, la disoccupazione, il reddito (certo non quello dei cittadini di lusso da 15 mila euro mese che poi vengono qui a strombazzare borghesucce borghesucce contro quelli dei partiti che loro sono un movimento del momento del momento), il salario, l’Isee, il patronato e quant’altro di semplice che diventa ogni giorno che passa per le classi subalterne, se non si vuole dire i proletari, l’inferno reale di un meccanismo ingiusto e diseguale.
A Lampanaro, 300 alloggi, è finita così per Rita e il suo compagno Saverio. Ce ne avevano ancora di sogni da accarezzare. Più o meno ricalcati su quelli magari ingenui di una bambina di 4 anni e altre due bimbe rimaste coinvolte in una sorta di esplosione di cui ancora non sono definiti i contorni distruttivi.
Adesso il pezzo d’infanzia rimasto illeso si trova ricoverato in vari ospedali per le cure necessarie dopo la tragedia. Ma di loro è rimasto a terra, oltre il nastro della Polizia di Stato che delimita l’area della disastrosa scena, la felpa colorata, i calzini e qualche altro indumento che rimanda alla felicità dei bimbi andata pazzescamente in frantumi.
Al giorno d'oggi, tutte le città del mondo sono sempre più insicure da Londra a Benares, da New York a Roma, le grandi metropoli vivono un epoca di grandi rischi ma anche di maggiore sicurezza, di prevenzione e monitoraggio. Accade identicamente per le Smart Cities, le small town come Crotone e tanti altri piccoli centri.
Tuttavia quanto sta accadendo nel capoluogo ionico calabrese da qualche mese desta preoccupazione, vivo allarme. Un bilancio impressionante di ben 5 morti violente in poco meno di 5 mesi, impone alle autorità pubbliche, il Sindaco, il Prefetto, il Procuratore della Repubblica, il Questore, ecc. una immediata riflessione critica, per comprendere, rileggere, capire sulla scorta degli strumenti che loro mette in mano la comunità, gli apparati dello stato centrale, la legge, i codici della sicurezza e dell’ordine pubblico.
C’e poco da aggiungere. Chi ha i mezzi, cioè le istituzioni, deve agire e non far scivolare via questa sequenza, anzi sequela di morti, come se alla radice fosse solo colpa del fatalismo, del destino cinico e baro. Per quanto l’ultimo devastante fotogramma dell’esplosione familiare di Lampanaro rimanda a pagine verghiane dei Malavoglia qui non si tratta di far gioco letterario ma di prendere atto che Crotone è una città a rischio integrale e diffuso.
Non c’è ambito urbano che non sia in queste condizioni di paura, angoscia e degrado, vuoi per l’inquinamento, vuoi per la criminalità, vuoi per i traffici illeciti, vuoi per il sommerso e il lavoro nero, vuoi per la sanità e gli ospedali, ecc.ecc.
In tanti aspetti questa realtà urbana è già retrocessa e posizionata nel girone del terzo mondo, un quartiere impraticabile della peggiore conurbazione globale.
No, la condizione oggettiva in cui vivono i crotonesi è chiaramente classificabile, nel deterioramento della qualità della vita in una città fortemente insicura e pericolosa.
Ciò significa specularmente che nella rete di sicurezza locale e territoriale deve evidentemente esserci qualche smagliatura, qualche baco che va scovato e corretto al più presto.
Pensare ai soli macrofenomeni che minacciano la sicurezza, tipo la criminalità organizzata o il terrorismo, non può più bastare. Occorrono linee operative non sovrapposte, distinte, percorsi di intervento specifici, tragitti precisi per arginare il rischio e la percezione diffusa dell’insicurezza collettiva.