In Memoria di Enzo Lo Giudice tra il ‘68 e Craxi. Vita di un avvocato comunista con Toga e Libretto Rosso

1 giugno 2018, 09:31 100inWeb | di Vito Barresi

Al Ministro della Giustizia aveva mandato fresco di stampa il suo promemoria dal titolo “Le urne e le toghe”. Enzo Lo Giudice, penalista calabrese, ha attraversato per intero il lungo decennio di Mani Pulite. Fu tra i difensori di Bettino Craxi. A Milano, nel suo studio, lo raggiunsi telefonicamente quando i telefoni ancora erano fissi. Gli ricordai di avere ancora una copia del suo primo libro, “Donna del Sud” a cui, non lo nascose, era legato profondamente. Altri tempi, momenti di gioventù e “LavoroLiberato”, il 1968 calabrese e italiano rimasto come una gloria sullo sfondo di tutta un’altra vita con la toga e il Libretto Rosso. Quanto bastava per passare con più speditezza ai più prosaici codici di un allora sempre più assorbente attualità. Era indifferente ai memorial di Mani Pulite, anzi mi disse in occasione del decennale che altro non era che “il tentativo da parte di chi non si rassegnava a constatare il fallimento radicale di Tangentopoli. Tuttavia nessuno poteva più resuscitare la storia, specie questa che aveva prodotto così tanti fallimenti.”



Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social


Erano passati dieci anni dal plateale colpo di teatro, l’abbandono della toga da parte di Di Pietro, che tanta emozione suscitò nel paese, e non resta più niente. Un episodio che al compagno Enzo Lo Giudicenon suscitava nessuna emozione e nessun sentimento. Semmai è bene ricordare che a quel punto si affermava un principio per cui chiunque poteva andare a fare politica. Bastava che prendesse posizione contro i poteri ormai eliminati. Non c’era più bisogno né della cultura, né della scienza sociale, né della capacità né dell’esperienza. Il salto è stato questo, dalla toga alla politica direttamente. Lei non si dimentichi che da li a poco ce lo troviamo Ministro dei Lavori Pubblici.

Lo Giudice, senza torto, la mise in quel modo, deducendo che qualcuno da tutta quella pseudo rivoluzione giustizialista ci aveva guadagnato di grosso tanto che di Silvio disse quanto segue: Giudico Berlusconi come un grande fortunato di quellafallimentare esperienza giudiziaria. Berlusconi lo ha inventato Tangentopoli. Perché Tangentopoli ha distrutto la politica è ha dato la possibilità all’antipolitica di andare a dirigere il governo del paese. L’imprenditoria ha preso il posto della politica.”

Gli chiesi se c’era una verità su Tangentoli e lui reagì immediatamente: Come se non c’è una verità. Già oggi noi abbiamo la verifica storica. Lei ritiene che il popolo italiano abbia fiducia nella giustizia? Io ritengo di no. Lei ritiene che lo stato sociale sia stato completamente scardinato? Io dico di si. Lei ritiene o non che al posto dello stato sociale sia stato instaurato lo stato penale? Lei ritiene o non che l’impostazione politica dominante sia il contrario della politica perché agisce con i canoni e con criteri dell’economia, per costi e per ricavi, invece che per bisogni e garanzie dei diritti fondamentali del cittadino e dell’uomo? Questo è sotto gli occhi di tutti.

Anch’io precisai che per tanti quel terremoto giudiziario fu la leva per scardinare un blocco di potere, aprire un nuovo scenario: Guardi,Tangentopoli ha aperto a mio avviso prospettive catastrofiche, pericolosissime. In quel periodo il modo di operare di una particolare magistratura ha inevitabilmente prodotto degli effetti politici che sono sotto gli occhi di tutti. Alla fine di tutto c’è stata la sparizione dalla scena politica italiana dei cinque partiti che avevano costituito l’asse portante delle maggioranze di governo per buona parte del secondo dopoguerra.

Replicai. Mi pare di cogliere qualche rammarico…Per me è solo un dato storico. Ma anche un elemento di rammarico se io vado a considerare che gli effetti politici attuali sono devastanti. Non è che tutto questo ha contribuito a rafforzare una rappresentanza della classe lavoratrice o delle classi emarginati che hanno sostituito con un diverso modo di governare il vecchio dominio della Democrazia Cristiana e del vecchio centro sinistra.

Cosa ha cambiato Tangentopoli nella civiltà giuridica italiana? Tutto. E’ stato un fallimento radicale che lascerà il segno per molti anni ancora. Se vuole lo consideriamo da più punti di vista. Mani Pulite si era posto l’obiettivo di moralizzare la vita pubblica dal fenomeno della corruzione. I risultati attuali sono che la corruzione è presente più di prima e che quindi questa bonifica non c’è stata. La moralizzazione dello stato non è certo compito che appartiene alla magistratura. Mani pulite si è posto il problema di fare giustizia nel nostro paese. Ebbene oggi c’è una sfiducia radicale nella giustizia soprattutto per questa esperienza e per i gravissimi e numerosissimi errori, talvolta irreparabili.

Quanto ha pesato la medializzazione della giustizia in Mani Pulite. Quale fu il legame tra Giustizia e Media? Una regia terribile, tremenda. Ci faccia caso, come nascevano quei processi? Innanzitutto c’era la grossa aggressione propagandistica determinata dalla sinergia tra la stampa, le televisioni e le manette per demonizzare il nemico. Badi bene coloro che erano inquisiti non apparivano come imputati ma come nemici. Dopo di che si aveva la condanna pubblica generalizzata nel paese, prima ancora della prova di colpevolezza. Questa condanna pubblica diventava talmente forte che nessun giudice avrebbe potuto scardinarla in sede giudiziaria. Così il cerchio si chiudeva e l’accanimento giudiziario aveva il consenso della gente.

Intuitivamente capivo che il suo elenco non si fermava lì...Infatti. L’esperienza di Mani Pulite ha fatto constatare che il principio democratico, per cui il quadro politico lo determinano gli elettori con il suffragio universale, può essere modificato per via giudiziaria. Dal punto di vista della politica, oggi non si fa più politica. E’ finita la politica. Adesso ci ritroviamo con lo stato delle imprese che è l’esatto contrario della politica. Questi sono i risultati di dieci anni di Mani Pulite.

Spazzali, altri avvocati come Lo Giudice del Soccorso Rosso, pilastro legale della sinistra extraparlamentare, avevano difeso i grandi inquisiti, tutti gli uomini del vecchio potere politico. C’era, forse, qualcosa che non quadrava in questa aperta militanza contro il Pool? Ma come è possibile che il carcere possa essere di sinistra? I comunisti passarono attraverso il carcere come detenuti. Adesso questa sinistra sostituisce la grande forza della classe lavoratrice con l’azione penale e le procure che usano le manette per risolvere i conflitti politici. Mi sembra veramente che la meraviglia non dovrebbe sussistere. Un comunista non può essere per le manette.

Qualcuno concluse che Mani Pulite è stato un complotto?Queste dietrologie non c’entrano niente. Bisogna guardare ai fenomeni. Mi infastidisce che questa pseudo sinistra di oggi continui a definirsi tale. Partiamo dal PCI. Il PCI riformista che fu contro il ’68, contro Magistratura Democratica quando questa si legava alla lotte sociali per dare uno scopo alla funzione giudiziaria, era contro la piazza, contro la denunzia della corruzione dello stato. Allora erano i più giustizialisti di tutti. I veri reazionari sono stati loro. Ovviamente sono degli sconfitti perché mentre i giudici il potere c’è l’hanno davvero loro adesso non hanno niente. E ora vanno a mendicare giustizialismo, vanno a mendicare carcere, non avendo nessun altra risorsa se non le manette per poter fare lo scontro con gli avversari politici.

Tangentopoli come un grande equivoco provocato dagli ex PCI? Dopo il crollo del Muro di Berlino la sinistra ha colto al volo un’occasione per tentare di arrivare al potere quando già aveva capito che mai ci sarebbe arrivata per via politica. Ma quella sinistra composta dagli eredi del PCI non riuscì a capire che automaticamente si stava suicidando.

Perché? Perché cominciò a delegare e conferire sempre più potere a chi non può essere sostituito come il magistrato. Questo è il contrario della democrazia che invece si fonda sulla alternanza della gestione di governo.

Violante disse che Craxi non fu un perseguitato... La mia valutazione diverge completamente. Nel momento in cui si usa l’azione penale per obiettivi che niente hanno a che fare con la giustizia, per esempio per combattere dei fenomeni, individuando il rappresentante tipico di questo fenomeno, e attraverso la persecuzione di esso, si tenta di combattere o eliminare il fenomeno, il soggetto diventa un perseguitato. Ci vorrebbe una grande insensibilità per rimanere ciechi di fronte alle sofferenze di un uomo che si è trovato scaricato sulle spalle, per interessi ben diversi dalle responsabilità che aveva, il peso di un fallimento globale della sinistra.