Arrivederci Serie A. Dal calcio champagne al calcio annacquato: quando a vincere non sono i migliori

2 giugno 2018, 09:30 Trasferta Libera

Dal film: Quando nel calcio a cadere non sono le mele marce. Dopo l’amaro finale del campionato di serie A 2017/18, che ha sancito la retrocessione in serie B per il Crotone Calcio, smaltire la delusione è stata dura, ma forse lo è ancor di più quando ti giri attorno e vedi quanto disordine c’è nel calcio italiano.


di Cinzia Romano

La scorsa domenica è stata accompagnata dall’esordio della Nazionale Italiana di Roberto Mancini, mentre qualche giorno fa Gian Piero Ventura si confessava da Fazio su Rai Uno, esternando la sua sofferenza per essere stato considerato il capro espiatorio di un sistema che non funziona.

A sottolineare che il “sistema calcio” non funziona come dovrebbe, non serviva certamente l’ex CT della nazionale. Come non c’è bisogno della sfera di cristallo per capire che se arriva una débâcle come la mancata qualificazione al Mondiale, le problematiche da analizzare sono tante.

L’ultimo campionato del mondo cui non ha partecipato l’Italia è stato quello del 1958. Una qualificazione fallita soprattutto a seguito della tragedia di Superga, avvenuta alcuni anni prima, in cui persero la vita i migliori giocatori del tempo, militanti nel “Grande Torino”.

A fare la differenza rispetto a 60 anni fa, questa volta è la pochezza di una gestione del calcio italiano da sempre considerato tra i migliori a livello mondiale.

In serie A si introduce la VAR per aiutare gli arbitri nelle difficili situazioni, a volte poco chiare in diretta, ma poi si lascia come sempre libertà decisionale per penalizzare le solite squadre, come com’è successo con il Crotone.

All’Olimpico si regala alla Roma un rigore inesistente (la partita finisce 1-0 per i padroni di casa); contro il Napoli non si fischia un fallo di mano di Mertens (la partita finisce 1-0 per i campani); contro il Cagliari Tagliavento annulla al 93’ un gol regolare di Ceccherini; nella partita esterna contro il Benevento, Sandro segna il secondo gol dei campani aiutandosi nel salto con la mano sulla spalla di Ceccherini che lo anticipava (la partita termina 3-2 per giallorossi).

Si potrebbe continuare ma sarebbero sufficienti questi cinque punti per la salvezza della squadra del presidente Gianni Vrenna.

Forse qualcuno aveva già deciso chi dovesse essere la vittima predestinata di questo campionato?

Papa Pio XI disse: “A pensar male si fa peccato ma spesso s’indovina”. E ad avvalorare i sospetti basta leggere le dichiarazioni di Antonio Conte, dopo il suo trionfo con il Chelsea:

“Ho dimostrato anche in Inghilterra di essere un vincitore seriale, nonostante tutte le difficoltà che un campionato come questo presenta. Qui non ci sono campionati già assegnati prima ancora che cominci la stagione…”

Per non parlare poi di ciò che ha rivelato l'ex presidente dell’Uefa, Michel Platini, sul pilotaggio dei sorteggi ai Mondiali del ’98:

“Se fossimo finiti sia noi francesi che il Brasile come primi nei rispettivi gruppi, non ci saremmo potuti incontrare se non in finale. Ma pensate che gli altri non abbiano fatto lo stesso quando hanno organizzato le altre coppe del mondo?”.

Campionati falsati, sorteggi pilotati, arbitraggi discutibili, regolamenti da verificare.

E allora saltano all’occhio anche altri episodi che fanno riflettere, come la gestione dei casi di doping. Com’è possibile che le società sportive vengano penalizzate quando ci sono mancanze amministrative o irregolarità nel deposito di documenti, mentre restano impunite quando un giocatore fa uso di sostanze proibite partecipando attivamente a gare ufficiali?

Si vuole ricordare che esiste il Codice di giustizia sportiva, che all’Art. 17 regolamenta le sanzioni inerenti alla disputa delle gare. In particolare al comma 4 si legge:

“Quando si siano verificati, nel corso di una gara, fatti che per la loro natura non sono valutabili con criteri esclusivamente tecnici, spetta agli Organi della giustizia sportiva stabilire se e in quale misura essi abbiano avuto influenza sulla regolarità di svolgimento della gara”.

La presenza in campo di un calciatore che fa uso di sostanze proibite è una pesante influenza sulla regolarità di svolgimento di una gara e le società, così come prevede l’ordinamento sportivo, avendo la responsabilità oggettiva dell’operato dei dirigenti, dei tesserati e di ogni altro soggetto che svolge attività di carattere agonistico, tecnico, organizzativo, decisionale, ne devono rispondere disciplinarmente a prescindere dalla colpa o dal dolo.

In questo campionato di serie A sono stati due i casi di doping.

Il primo quello di Lugioni del Benevento, al quale viene inflitta una sospensiva cautelare di 3 mesi a settembre ed una successiva squalifica di un anno, perché il medico della società campana gli applica una crema vietata per curare un’abrasione rimediata nella partita contro il Torino; il capitano dei campani rientra dopo la sospensione per disputare le gare Benevento-Chievo (1-0), Genoa-Benevento (1-0) e Benevento-Sampdoria (3-2);

Il secondo è quello di Joao Pedro del Cagliari, a cui la procura chiede inizialmente 4 anni di squalifica perché, in seguito alle partite Sassuolo-Cagliari (0-0) e Chievo-Cagliari (2-1), era risultato positivo ad un diuretico vietato da regolamento. Invece, riceve inizialmente una sospensione di 2 mesi, per ritornare in campo nella penultima partita di campionato Fiorentina-Cagliari (0-1) e due giorni dopo il Tribunale Nazionale Antidoping, credendo alla tesi dell’integratore “contaminato”, lo squalifica solo per altri 6 mesi.

Nel doping la buonafede è sempre difficile da appurare, ma le sanzioni dovrebbero essere esemplari perché siano da esempio per tutti i giovani sportivi e anche per le società.

È impensabile riammettere un giocatore per alcune partite e squalificarlo subito dopo. Soprattutto perché al Benevento con Lugioni in campo la partita contro il Chievo è valsa 3 punti, idem al Cagliari che contro la Fiorentina ha schierato Joao Pedro.

Tre punti pesanti quando si è imbrigliati nella zona retrocessione.

E mentre in Europa la commissione dell’Uefa boccia il settlement agreement del Milan, col rischio che la squadra di Gattuso non partecipi all’Europa League per aver violato le norme del fair play finanziario, in Italia si permette l’iscrizione al campionato della massima serie a squadre che hanno i bilanci non proprio in salute.

Le uniche società che non hanno fatto ricorso al credito bancario e che anche senza le “ipotetiche” plusvalenze sono in attivo, sono Torino, Cagliari e Crotone.

Mentre club come Genoa, Chievo e Udinese hanno ammanchi nei confronti del Fisco rispettivamente di circa 60, 20 e 11 milioni di euro ed una retrocessione per queste società sarebbe fatale, dal momento che le maggiori entrate arrivano dai diritti tv.

In un groviglio d’iniquità ci piace sottolineare il virtuosismo di società come l’FC Crotone, che con un piccolo budget cerca di fare le magie ed ogni anno regala minutaggio a giocatori che mai troverebbero la stessa visibilità in altre squadre.

Mirante, Florenzi, Bernardeschi, Ogbonna, Cataldi, Sansone, Pellè, sono alcuni tra i nomi che hanno calpestato l’erba dell’Ezio Scida e che poi hanno avuto l’onore di vestire la maglia della Nazionale.

Ragazzi sempre grati alla società del presidente Gianni Vrenna e che portano nel cuore questa città. Lo dimostrano le parole di Rolando Mandragora dal ritiro di Coverciano:

“Ho pianto per la retrocessione perché città, tifosi e staff non la meritavano. Dal punto di vista tecnico mi ha fatto crescere e per questo non posso che ringraziare il Crotone”.

Anche Walter Zenga e Benny Carbone, salutano e continuano ad elogiare Crotone con emozionanti post su Instagram.

Ringraziano tutti per la meravigliosa esperienza, per aver conosciuto gente speciale, con la sola amarezza di non essere riusciti ad ottenere il risultato sperato definendola Una sconfitta che fa male, che lascia il segno…”

Sicuramente è difficile da mandar giù, perché quando si lavora con entusiasmo, con passione e con coraggio le delusioni sono sempre più cocenti. Ma credere in un sogno, mettersi in gioco e lottare quando le conquiste sembrano impossibili, sono sempre delle vittorie.

È una vittoria vedere giocatori crescere il loro valore tecnico, tanto da essere convocati in nazionale e nel caso di Simy avere la possibilità di giocare un Campionato Mondiale.

È una vittoria arrivare 14esimi nel mini campionato delle ultime 22 partite, con la seconda rosa più giovane e sulla carta il valore più basso di tutto il campionato, facendo 23 punti (con una media casalinga di 1,45, segnando 28 gol e subendone 34) meglio di Udinese, Cagliari, Benevento, Chievo, Bologna ed Hellas Verona.

Sono questi numeri ad aver reso competitivo un campionato. È stato il Crotone a riaprire la lotta scudetto e la corsa Champions con i pareggi contro Juventus e Lazio.

In un calcio dove di valori se ne vedono pochi, dove la gratitudine non è contemplata, dove non sempre vince il migliore, è bello vedere allenatori e giocatori, che probabilmente non vestiranno più la maglia dei pitagorici, essere orgogliosi di aver fatto parte di questo club.

Vedere la Curva Sud applaudire sempre, vedere un allenatore che ad ogni partita canta insieme a tutto lo stadio “A mano a mano”, vedere abbracci sinceri, ascoltare parole dette col cuore, emozionarsi in campo e fuori, è ciò che non retrocederà mai.

Tutto il resto è noia!