La linea del colore si tinge tragicamente di sangue. I marcatori di sicurezza della malattia razziale segnalano un pericoloso punto critico di allarme e rischio di conflitto etnico e culturale. Il Sud in preda di una pericolosa psicosi antimigranti istigata dalla propaganda politica? Un’ipotesi che non va esclusa a priori. Se vedi un punto nero spara a vista o è un africano o un… Oltre la soglia dell’attenzione a San Calogero, in Calabria, provincia di Vibo hanno messo mano alle armi contro un gruppetto di africani, probabilmente trovati a rovistare, a tentare qualche piccolo furto per la sopravvivenza in un ex fornace abbandonata (LEGGI).
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Uomini raminghi, ormai privi di identità, vagano frequentemente in contrade desolate del Mezzogiorno d’Italia, ultime terre di un Europa purtroppo disattenta e divisa. Sagome umane che diventano facili bersagli di un safari ben organizzato da capi politici senza scrupoli, fomentatori televisivi e mediali di una vera e propria strategia della tensione razziale.
L’assassinio di un africano, quello che le fonti di agenzia con servo encomio al nuovo governo di Salvini e Di Maio, definiscono per distinguerlo ancor di più da noi italiani, un ‘cittadino’ del Mali, non è un segno cieco della confusione, ma il frutto evidente di una psicosi collettiva che sta montando forte ovunque in Italia, specie dove c’è più crisi economica, diseguaglianza sociale, disoccupazione giovanile.
Un vento sociale e antropologico politicamente velenoso irragionevole e razzista che inarrestabilmente è cresciuto prepotentemente in questi mesi di crisi italiana. Buttateli fuori, mandateli a casa loro, rimandateli nell’inferno dei loro paesi d’origine, canaglie, stupratori, ladri, assassini.
E’ questo il refrain, la colonna sonora che si staglia e diffonde sulla scena allucinante del delitto avvenuto di notte nel comune calabrese di San Calogero, provincia di Vibo Valentia.
Armati di fucile a caccia grossa contro gli africani, un gruppo d’ignoti ha sparato alla cieca seminando terrore e panico tra i ruderi di una fornace di laterizi abbandonata.Un fatto di cronaca che nelle prime notizie viene, ovviamente, tratteggiato nella lapidaria sintesi di una versione standard.
Che ci faceva il nero insieme ad altri tre africani in quel posto se non per compiere un furto?
Forse solo quando si placheranno i rumori del torrido giorno di un' afosa primavera, nonostante la notte infittisca di buio la solitudine e l’abbandono delle contrade agricole di questa parte tirrenica della Calabria, chiunque potrà constatare che a San Calogero, non solo si rischia di perdere la strada della convivenza pacifica, ma di ritrovandoti in un nuovo tipo di deserto sociale e istituzionale, un piccolo paese in netta e convulsa discesa demografica.
Sono scappati via tutti da qui e tutto sembra finito, bruciato, irredimibile. In fuga da questo posto squallido che non da lavoro ai giovani, che spegne la libertà delle ragazze, impedisce con ogni mezzo palese e occulto l’armonico sviluppo delle personalità e della comunità.
In queste lande desolate restano solo le ombre del passato e le sagome sfuggenti di zombie costretti per paura, ignoranza, cecità, ad aprire la caccia grossa contro quelli che in molti considerano nient’altro che animali neri venuti dall’Africa, solo per rubare e razziare quel che resta tra miseria e nobiltà in un’ultima e abbandonata Italia del Sud.
Difficile dire in giro che la fobia dei migranti, la migrantofobia, altro non è che il diversivo, il sostituto di razzismo rispetto alle discriminazione che un tempo aveva l’altro nome e l’etichetta del meridionale, sudista, terrone, sudicio, la tara criminale del Lombroso.
Ma c'è tra il popolo che non ha venature razziste qualcuno che ci pensa, ci ragiona e ci riflette.
Qualcuno si chiede se non potrebbe anche essere questo il primo effetto perverso e violento della propaganda razzista che si va diffondendo in fretta nell’Italia del cambiamento giallo-verde, del governo a guida leghista e sostegno grillino.
L’istigazione ideologica ad agire a prescindere e comunque contro i neri o i cosiddetti extracomunitari, troverebbe riscontro nell’analisi subliminale dei messaggi che vengono dal vertice dell’attuale potere politico nazionale, a modello di frasi simili a “dobbiamo smaltire un arretrato di clandestini di mezzo milione. La prima opzione è blindare i confini, dalle Alpi alla Sicilia. Basta, non si passa, stop. Perché immigrazione clandestina vuol dire delinquenza. L'emergenza di questo Paese è pulire, rimettere delle regole, blindare i confini, punire ed espellere".
Un furore razzista inusitato che sta determinando la mutazione profonda dei valori etici, politici e morali degli italiani.
Appare evidente la minaccia di una involuzione della costituzione materiale di un Paese a rischio di conflitti razziali che si ammanterebbe dietro le bandiere di ben precise forze politiche, che nulla hanno a che vedere con quel principio costituzionale che fonda la Repubblica sula condanna e la lotta a ogni tipo di discriminazione razziale.