Soumalia Sacko Giustiziato come in un Pogrom. Nero sindacalista bracciante ucciso nel Sud di una spaventosa ondata di xenofobia

Forse secondo alcuni si dovrebbe pensare che non si fruga più nella polvere da sparo. Invece no, non è così. Anzi con il passare delle ore più si scava, più si fruga nell’omicidio di Sacko Soumalia, ucciso in una sparatoria avvenuta a San Calogero, più i dubbi aumentano, più i primi vaghi sospetti trovano riscontro nelle prove, disegnando un luogo del delitto che prende forma d’agguato, caccia al nero, bersaglio mobile ma ben individuato da colpire a morte.Intrecci con il passato, con il contesto, cose che lasciano pensare cosa può accadere se subcultura della 'ndrangheta, sfruttamento e lavoro nero, sommerso e diseguaglianza, povertà e disoccupazione entrano in contatto con il razzismo, la xenofobia, il maledetto mondo del conflitto etnico. Non c'è da stare allegri dopo il delitto di nella Fornace Tranquilla di San Calogero. Nel sottosuolo degli istinti locali e sociali rimbombano orridi suoni. Sull’ultima sera di Sacko, finita con quattro fucilate alla testa in una spettrale 'carcara' abbandonata, di rimpetto a una delle coste turistiche più belle del mondo intero e del Mediterraneo, indagano con tenacia e precisione le aliquote dei Carabinieri competenti per la zona, guidate dal maggiore Dario Solito, sotto l’attenta direzione giudiziaria del Sostituto Procuratore della Repubblica, Luca Ciro Lotoro, a cui è stata affidata una scottante inchiesta con risvolti che potrebbero essere impressionanti e sconvolgenti.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social

La scena del crimine è in località Fornace Tranquilla. Un toponimo che purtroppo non funziona da sinonimo di serenità sociale e coesione comunitaria di questo difficile territorio del sud tirrenico.

Un luogo post apocalittico, una discarica che la Procura di Vibo Valentia aveva negli anni scorsi classificato tra le “più pericolose d’Europa”, avendo causato un disastro ambientale, deturpando l’intera area circostante. Un sito a rischio contaminato non solo dai veleni ma anche dalla ‘ndrangheta, messo sotto sigillo dalla Guardia di Finanza che avrebbe stimato, nel perimetro della vecchia fornace di laterizi, un enorme sarcofago di circa 130 mila tonnellate di rifiuti, smaltiti illegalmente in quanto scorie delle centrali termoelettriche a carbone Enel di Brindisi, Priolo Gargano e Termini Imerese.

E’ qui che in una sera d’inizio giugno si ferma una Fiat Panda bianca vecchio modello dal cui abitacolo gli assassini non ancora identificati hanno sparato contro un gruppo di migranti. Quattro fucilate precise contro un giovane nero che si saprà non è un ladro.

Giustiziato! La terribile parola si fa largo nel prosieguo dei primi rilievi e si allunga solo in ipotesi come un’ombra agghiacciante.

Quante volte abbiamo visto Sacko con la bicicletta andare in giro per queste contrade, oggi intrise del suo sangue innocente e ieri, domani, ancora delle belle venature colorate delle pregiate e doc cipolle di Tropea, raccolte da braccianti africani ricurvi cotto il sole come fossero rami di ulivo secolari, il proletariato esterno di Nicola Zitara, che è arrivato fin dentro le campagne di queste enclave familistiche e contadine della belle agricoltura vibonese?

Quanti di noi hanno visto la sua faccia iconica, con i suoi capelli rastafari, le treccine contorte con cura d’arte africana, dietro uno striscione dell’Unione Sindacale di Base, e quanti avrebbero mai potuto immaginare che qualcuno puntava contro i suoi sogni, le sue speranze, la sua mente mettendoli dentro il mirino violento dell’odio, del rancore, della vendetta tribale, fino a spararlo nella sera e colpirlo con il piombo omicida a bruciapelo?

La tensione nella tendopoli di San Ferdinando sale di giorno in giorno. La registrano proprio gli uomini della Benemerita che sono andato nel girone infernale a chiedere, informarsi, controllare, ispezionare, cercando in tutti modi di escludere la pista più preoccupante, la matrice xenofoba.

Accuse si razzismo che invece ribalzano nei presidi e nelle reti, nelle assemblee e negli scioperi promossi dal Coordinamento Lavoratori agricoli USB, dal CoSMi Comitato Solidarietà Migranti di Reggio Calabria, dal C.s.c. Nuvola Rossa di Villa San Giovanni, dallo Sportello Sociale Autogestito di Lamezia Terme, da SOS Rosarno, da EquoSud, Associazione Il brigante, Serra San Bruno, LasciateCIEntrare, Associazione La Kasbah di Cosenza, Comitato Prendocasa di Cosenza, RASPA Rete Autonoma Sibaritide Pollino per l’autotutela, Associazione Un mondo di mondi di Reggio Calabria .

Tutti sanno che Sacko era in regola e anche i due feriti, lui era un attivista sindacale dell'Unione sindacale di base.

E tutti accusano il vice presidente del consiglio Matteo Salvini che con il suo diktat 'È finita la pacchia', avrebbe coniato una dottrina pericolosa da cui sgorga il primo sangue, “il sangue di Soumaila Sacko, migrante maliano di 29 anni sempre in prima fila nelle lotte dell’Unione sindacale di base per i diritti sindacali e sociali dei braccianti. Soumaila è stato ucciso da una delle fucilate sparate da sconosciuti da una sessantina di metri di distanza. Un tiro al bersaglio - diversi i colpi esplosi - contro 'lo straniero', il nero cattivo da rispedire nel paese d’origine. Il triste seguito delle parole pronunciate dal nuovo ministro di polizia”scrivono in un comunicato i vertici di Usb.