C’era una volta il Piano Marshall, oggi tornato di moda su temi come l’immigrazione e il risveglio del Sud. In una città ai confini del mondo, finestra del e sul Mediterraneo, ci si accontenta invece di poco meno e potrebbe tener banco un progetto molto più maccheronico e nostrano, quello che per sintesi giornalistica battezzeremo come il “Piano Sculco”, dal suo omonimo ideatore, il leader dei DemoKratici: per ora “padroni” politici della città che fu di Pitagora.
Con due pedine importanti piazzate nello scacchiere istituzionale, tra una discendente in Regione ed un assicuratore in Comune, Enzo - abbreviativo di Vincenzo derivato dall'aggettivo latino vincens (vincere) - sta lì seduto, in via Firenze, forte della sua veneranda età (due sole tacche lo dividono ancora dai 70), indolente anche davanti alle patologie del tempo.
Nemmeno distratto un po’ dalla coltre di fumo di una sigaretta il suo sguardo è fisso verso una mappa non scritta che riproduce, in un albero solo a lui comprensibile, l’intero assetto del potere locale: pubblico o privato che sia.
Un patrimonio inestimabile di conoscenza costruito pian piano, dagli esordi tra i banchi fiorentini della “università” della Cisl, alle attività di alto profilo nel sindacato romano.
In molti vorrebbero attingervi ma in pochi probabilmente ne avranno voracemente scambiato una piccola fetta.
Un bagaglio esperenziale che oggi come non mai potrebbe essere decisivo per quella colata di cemento con cui consolidare una vita interamente dedicata all’arte di governo: definire assetti, sviluppi, orientamenti dei prossimi non tre ma almeno otto di anni durante i quali il filone dinastico, o per qualcuno familistico, concluda il suo ciclo storico e si avvii nel Ventennio 2.0.
Verso il Ventennio 2.0. L’esilio di Ugo ed il vice “benedetto”
Se qualcuno crede che Enzo voglia alzare lo sguardo oltre Poggio Pudano, magari verso colli “germani” o monti “citori” si sbaglia e di grosso.
Il Piano Sculco è più circoscritto: tra Margherita e Farina, tra Capocolonna e Località Passovecchio ed epicentro tutto in Piazza Resistenza.
Gli occhi del leader guardano già alle prossime Amministrative: per alcuni forse lontane ma per un armatore navigato un porto sicuro verso cui far virare da subito il bastimento, avendo cura prima di annotare in mappa ogni singola tappa e poi selezionare con cura e ingaggiare per tempo comandante in plancia e ciurma sottocoperta.
Obiettivo, dunque, governare Crotone per due legislature e portare a compimento il progetto i cui primi piloni sono già stati gettati.
L’evidenza plastica è nella cronaca attuale e si può sviscerare punto per punto.
Nel Piano Sculco - per esempio - non sarebbe previsto un posto per l’attuale sindaco Ugo Pugliese, se non forse da comprimario.
Ecco così il dolce “esilio” in via Mario Nicoletta o, meglio, una sorta di promozione farlocca sul ponte più alto di una mezza carretta semi affondata.
Mentre Pugliese sarà oltremodo impicciato nel tirar fuori dalle secche la derelitta Provincia, spunta intanto il nome del secondo in linea gerarchica.
Benedetto di nome e di fatto dal leader maximo, Proto pare il più pronto al ruolo di schermo, allenato com’è a pane e bilanci, dunque esperto in calcoli oltre che affidabile nei modi. Un numero primo con cui far tornare i conti e, alla fine, tirare pure le somme.
Dall’idillio funzionale con l’ex Scopelliti all’asso nella manica
Orientato il timone e inquadrato il Ponte di comando, non resta ora che pensare al tragitto. Ed è qui che si gioca l’ultimo atto di un “piano” tutt’altro che dall’esito scontato.
L’asso nella manica del pokerista esperto e rodato potrebbe essere un nome e cognome ben chiaro e definito, sebbene a riesumazione di uno storico abbraccio politico, quasi ormai dimenticato, che affonda radici nella precedente legislatura regionale.
Ovvero, quell’idillio funzionale e storicizzato con l’ormai ex governatore Giuseppe Scopelliti - brutalmente passato dai fasti della Cittadella alle tristezze di una cella (penitenziaria) - rinsaldato anche da un assessorato al fidato Francesco Pugliano (poi trombato) e che farebbe uscire dal cilindro del prestigiatore di via Firenze l’icona semi “vergine” di Antonella Stasi, già vice presidente della Regione da dare ora in pasto alle urne come prossima candidata alla seggiola di primo cittadino.
In seconda battuta, non escludibile anche una staffetta col consorte, l’imprenditore Massimo Marrelli, o quantomeno un suo accomodamento a Palazzo Campanella.
Probabilità tutt’altro che immaginarie motivate da una convergenza di interessi che Sculco ha ben chiari in mente e in cuore e che passano dalla sanità all’ambiente, dall’urbanistica alle infrastrutture.
Interessi, poi, che in un piano strategico - che almeno nelle intenzioni voglia dirsi ben strutturato - non possono non tener conto anche degli ultimi sviluppi nazionali, con quella virata elettorale e governativa tutta a Cinque Stelle.
Un’orda politicamente “pericolosa” anche in riva allo Jonio e che in qualche modo andrebbe arginata o, quantomeno, agganciata ed ammansita?
Magari non direttamente, ma perché non passarci dagli anfratti “ambigui” di vari e possibili conflitti di interesse: giuridici, legali, giudiziari, urbanistici o amministrativi?
Ma questa è un’altra storia.
L’infelice di via Firenze e lo spauracchio del dissenso
La storia di oggi - forse fantasiosa o forse pure figlia di una mente contorta - ha invece e però un elemento, un gap che potrebbero compromettere l’irrealizzabilità del fantomatico “Piano Sculco”: l’infelicità di Enzo.
Un’infelicità per il leader di via Firenze dovuta ancora una volta alla sua incapacità - oseremmo dire ormai conclamata - di selezionare il ceto politico, uomini e donne chiamati a perseguire obiettivi e programmi; ma anche alla manifesta assenza di una progettualità culturale strategica e di alto profilo.
Non se la prenda onorevole Sculco e stia sereno! Questo giornale vuole bene a questa città e di conseguenza anche a lei.
Ma è oggi il tempo del coraggio e se vuol esser ricordato alla stregua di Riccardino Cuor di Leone lo dimostri coi fatti, con un gesto semplice quanto significativo: li mandi tutti a casa e li sostituisca, assessori e dirigenti, con uomini e donne scelti tra i migliori in assoluto. Ce ne sono tanti.
Così avvierà una rivoluzione che possa dare davvero un futuro a Crotone: il contrario sarà solo una valanga di dissenso.
Lo faccia presto e lo faccia bene, perché in una città stremata, soffocata, non è più il tempo delle chiacchere e delle promesse, così come di aggrinziti sistemi spacciati per nuovi.
Lo faccia lei - che rappresenta la forza politica, forse l’unica, ancora viva e vegeta in città - o lo faremo noi, la gente comune, coinvolgendo l’opinione pubblica nella costruzione di una vera alternativa capace di far risorgere e rilanciare lo stemma civico di Crotone in Calabria e nel Mezzogiorno.