Valtur il mitico marchio che tiene alta la bandiera del turismo a Isola Capo Rizzuto

Nella luce abbacinante di bellezza, mito di Venere, schiuma di mare e passione d’amore, tornò un giorno d’estate, mezzo secolo fa, tra solitarie e silenziose ristoppie di grano, tratturi solcati da secchi cani neri presi di scatto e d’autore negli obiettivi fotografici di Mimmo Iodice e Caio Mario Garrubba. Più o meno intorno al 1968, il mito vestito di nuovo venne, eterno ritorno, per riconquistare una costa già nel sogno del viaggio Mediterraneo. Tra le calette la sonda venusiana toccò terra ed acqua In contrada Meolo, campi aperti e latifondo, calanchi e spighe, immense distese di poseidonia marina, blu cobalto del Jonio più dolce, affascinante e distaccato, in un unica alcova di sale e profumo di vele, nel feudo fondiario ed ecclesiastico di Isola Capo Rizzuto.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social


Con pietre di tufo tra le radici e i rami di un vasto uliveto millenario, poneva il sigillo della fondazione, l’industria moderna del turismo, ecista di un lembo di vacanza al centro del mondo, il marchio Valorizzazione Turistica ValTur, colonia vacanziera con blasonato stemma, impresa di villaggi e holiday spirit, registro aziende italiane since 1964, quando il sogno era in dimensione villaggi turistici, costruiti in angoli esclusivi, una previsione, la proiezione geografica in luoghi che sarebbero diventati oasi e riserve marine naturalistiche di primo livello mondiale.

Valtur è per la vacanza italiana un vero e proprio monumento, rivista d’architettura, abitare d’estate, e non si dice troppo, se lo si cataloga come un Bene Culturale da proteggere a raggio intero, circolare, perchè in fondo questo è realmente Valtur, una grande storia del turismo nazionale, una visione autentica del vivere insieme, la ludoteca della memoria estiva, la biblioteca di motivi, canzoni, tormentoni, il palcoscenico di artisti, animatori, cantanti, attori tra Beppe Grillo, Rosario Fiorello e Jerry Calà.

Se ne parlo è non solo perché scadono gli anniversari quanto per precisione stagionale, estate in perfetta sincronizzazione con l’equinozio, per i benefit di quanti hanno staccato la spina e sono ultra felici di essere approdati, anche quest’anno summer 2018, ospiti graditi e abbronzati sulle rive della Calabria Jonica.

E anche se il periplo dell’economia turistica di Isola Capo Rizzuto è sempre perpetuo, una piena e una vuota più che un vuoto per pieno, un sali e scendi continuo in questi decenni di stagioni di incassi alterni e subalterni, il turismo ormai qui non finisce mai. Nonostante il parco eolico che sovrasta il villaggio incastonato in una paesaggistica oltre ogni stellario alberghiero, in uno strascico di maree e di ulivi che scendono sulla meravigliosa plaia che da Capo Colonna va fino a Le Castella, passando per le calette di Marinella e Le Cannella.

Vuoi perché il turismo risorge ogni estate contro il mostro aggressivo, violento, vorace della ‘ndrangheta, colpita duramente da una recente inchiesta antimafia che ha decimato il clan Arena e contermini di famiglie e parentela estesa, scosso la chiesa locale con l’arresto del parroco rosminiano Don Scordio e del suo giovane beniamino Johnny Sacco detto il Gabibbo, commissariato il terzo settore che gestisce le procedure di arrivo, d’accoglienza, residenza e integrazione degli immigrati attraverso il Centro Cara in località S.Anna.

Vuoi perché il circuito dell’economia turistica resiste contro un gigante cattivo che si chiama Stato a cui il Governo, il Ministero degli Interni, ha assegnato il controllo del Comune, dando in mano da sette mesi l’ente locale a una commissione straordinaria guidata dal dirigente Domenico Mannino.

Tanta attenzione alle carte edilizie e lottizzazioni in corso, occupazione del suolo pubblico per il piccolo commerciali ambulante sempre tartassato, scarso riguardo alla programmazione della stagione estiva, strade sporche e piazzette degradate, traffico confuso e convulso, una fabbrica municipale disordinata e anarchica a cielo aperto.

Le Cannella, Capo Rizzuto e Le Castella, frazione che detiene il primato di presenze turistiche in Calabria nel 2017 meriterebbero da parte di questo team che fa capo alla prefettura un’alacre e operativa attenzione da parte della burocrazia statale che comanda al comune.

Così, passeggiando tra rifiuti e ingombri, bidoni e cassonetti stracolmi e non svuotati, alla fine ricorrendo alla cartellonistica immaginaria, il navigatore fa da se, imboccando il percorso che porta a Valtur.

Anche quest’anno, nonostante la paventata chiusura del rinomato villaggio vacanze, per l'estate 2018, Valtur resta volano d’accoglienza e modello di riferimento, prodotto d’eccellenza a catalogo, per il settore alberghiero locale, provinciale e regionale e nazionale.

Lavoratori dipendenti, dirigenti, impiegati, tour operator insieme a tutta la filiera dei servizi connessi, sono rimasti appesi a un filo fino a quando non si è chiusa l’asta sul marchio Valtur.

Un volume di presenze pari a 1,2 milioni, fatturato di 85 milioni di euro, investimenti per lo sviluppo della rete dei villaggi di circa 15 milioni di euro, aggiunti alle risorse stanziate per ristrutturare i villaggi già in attività, acquistato per 1.500.000 euro, dal gruppo Nicolaus, che si è aggiudicato la gara organizzata dal Commissario Giudiziale per il fallimento della società milanese, battendo la concorrenza di Alpitour e Bluserena.

Giuseppe Pagliara, amministratore delegato di Nicolaus, appena chiusa l’asta è l’unico che non pensa alle ferie impegnato h24 sulla nuova mission, la convivenza dei brand Nicolaus e Valtur nell’ottica di una segmentazione del mercato strategica all’interazione con i differenti target su cui si è deciso di puntare, e sul riposizionamento del brand Valtur nei 30 villaggi Nicolaus, di cui circa la metà potrebbero essere riconvertiti al “nuovo” marchio.

Davanti all’ingresso di Valtur a Isola Capo Rizzuto, dove un tempo non si poteva sostare neanche un secondo per la rigida guardiania degli Arena, la memoria si tramuta in un’opera di pop art, si materializza in una immaginifica installazione. Una specie di decollage alla Mimmo Rotella con il suo indimenticabile lato b dei costumi da bagno marca 'parah international'.

Tutta un’alba odissiaca che la Calabria Jonica, tra i pionieri del turismo anni ‘60, visse in sordina, quando dall’altra parte del Tirreno, nomen omen o nomen amen, a Capo Vaticano, erano gia in auge festival di vacanze e sesso estremo, raduni hippies tra eros e liberazione, corpi dei beat e della rivolta studentesca al ritmo di un fantastico total love, gioia erotica e rivoluzione guevarista, pagine scosciate in costume Abc, Playboy, direttore Ruggero Orlando qui New York, saggi, pezzi e articolesse alla Erica Jong, senza paura di volare nel godimento immorale.

E nel mentre ci si bagnava di notte, nudi nell’eden delle acque viola di Tropea e Parghelia, ad Isola Capo Rizzuto tra l’orgiastico e il dionisiaco, esperienze mistica e silenzio, al campeggio ‘La Comune’ si fumava che bello col giradischi acceso e lo spinello, le bande armate e l’autonomia romana di via dei Volsci, i brigatisti in vacanza con la P38 d’ordinanza sul gommone, ancora i nudisti stavano vestiti con il burka contadino di sane origini medio orientali, davanti ai baffi del mezzo islamico Uccialì, tra il cosmo antico di Pitagora e la cultura materiale del barone Barracco, nelle terre dell’omertà e del silenzio, dove nessuno lo deve sapere. Neanche i gay che nelle loro straordinarie estati si davano convegno alla villa comunale di Crotone.