L’Armata Brancaleone scende in campo all’Ezio Scida tra cattivi Pagani e Verginelle della Politica

6 agosto 2018, 13:06 100inWeb | di Vito Barresi

“Chi è quella pallida ma appetibile?" chiede Brancaleone a Teofilatto che risponde: "Mia sorella." Brancaleone a sua volta sorpreso replica: "No, intendo quella a latere con la faccia di baldracca", ottenendo da Teofilatto la sconsolata conferma: "Mia matre". Conferma che fa soggiungere ad Abacuc: "Ah!”. Favola docet e parabola significa che non sempre riuscirebbero davvero encomiabili, perfetti, indiscutibili e sovrani i giochi e i sollazzi moralistici di due verginelle della politica italiana, le stesse che tra Roma e Crotone, piuttosto nella Capitale che in riva allo Jonio, intenderebbero continuare a recitare il ruolo delle solite vestali del tempio aggredite da lupi, dai cialtroni e, solo qualche mese addietro con querela di parte per diffamazione aggravata, anche dai Pagani saraceni ora divenuti servizievoli agnelli mansueti. Tanto che in barba alla tutta d'un pezzo senatrice Corrado e alla più 'forense" onorevole deputatessa avvocatessa Barbuto che difende, toh ma che vera curiosità professionale, con studio e per ufficio, il gruppo Vrenna nella ' giusta causa' sportiva contro il Chievo Verona, lo Stadio Ezio Scida ha riaperto i battenti per la stagione calcistica 2018-19. Evidentemente in deroga alle roboanti dichiarazioni delle due Pasdaran istituzionali che rappresentano nel territorio il Governo Lega Cinque Stelle di Salvini e Di Maio.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social


L'Armata Brancaleone vince sempre su tutto. Il film, la trama, la colonna sonora di Rustichelli, la regia sono un capolavoro eterno come il Gattopardo di Lampedusa per certi politici che nascono al servizio anagrafico di famiglia.

Riscrivo lo stralcio, piccola parte del dialogo intessuto da Teofilatto dei Leonzi, interpretato da Gian Maria Volonté e Brancaleone da Norcia ossia Vittorio Gassman nel leggendario film, la commedia comica in costume del regista Mino Monicelli, L'armata Brancaleone, perché penso siano queste le parole più ironiche, se si vuole le battute sottilmente più irriverenti, ma anche più amare e critiche per rileggere, analizzare e comprendere l’incredibile commedia delle ambiguità, il ballo in maschera degli ignoranti ma saccenti che sgroppano come toreri nell’arena della ‘corrida’ calcistica locale, il balletto delle falsità che si muove a pantomima, la serie comica delle mezze verità e delle mezze calzette di ogni genere e sesso che giocano a tutto campo e senza rete attorno alla passione popolare e calcistica di Crotone e dei crotonesi, strumentalmente preda del nullismo politico, imprenditoriale, amministrativo e gestionale, in queste ultime settimane che separano la città dall’avvio ufficiale dei campionati Serie A e B.

Era il decennio d’oro dello scorso secolo, quello in cui lo ‘squadrone’ della città industriale se la vedeva con le più blasonate compagini di una durissima Serie C, il terzo ma non ultimo campionato dell’epoca gloriosa del calcio moderno italiano.

Quella partita giocata tra Armata Brancaleone e U.S. Crotone resta negli archivi dei beni culturali per il timbro, il sigillo simbolico che imprime alla storia del calcio crotonese, riproponendosi ancora oggi come chiave d’interpretazione, lettura dell’attuale stato in cui si trova il Crotone Calcio e la vita sociale, economica e politica pitagorica, in preda alla convulsa lotta di potere scatenata da politicanti di ogni risma intorno al ring del calcio popolare e condiviso.

C’è di tutto e c'è di più, anche fronte retro, in questa vicenda altrimenti da dipanare davanti alla pubblica opinione non solo crotonese ma nazionale, un coacervo di pressioni e di strani movimenti che vanno dai leghisti ai Cinque Stelle, provvisti di passaporti e raccomandazioni insospettabili, titoli farlocchi che farebbero rabbrividire anche i più incalliti e spregiudicati marpioni di quel che chiamavano la vecchia politica.

Vale a dire una contesa, una disfida stracciona, ambigua e molto ma molto interessata tra nuovi carrieristi raccomandati della politica, insigniti per sovrana donazione dall’alto di una medaglietta parlamentare dall’Ordine Supremo del Marchese d’Ivrea, amministratori e consiglieri comunali fasulli, tutti avidamente in attività frenetica e invisibile in una città famelica dove Brancaleone, soldato di ventura, vaga al comando di un'armata di velleitari e disperati ancor più malmessa di lui.

Erano gli anni in cui lo 'Scida' stava ancora livellato a campo sportivo comunale e non ancora Stadio della Città di Crotone. Un rettangolo quasi inespugnabile, con una tifoseria sanguigna, compatta, grintosa, pronta a rapidi capovolgimenti di umore che in andante e crescendo passavano repentinamente dalla gioia all’ira, dagli applausi all’invasione di campo, dall'entusiasmo alla rassegnazione, con ineluttabili inseguimenti della terna arbitrale in perfetto stile Borgo Rosso.

Eppure di quella partita tra Armata Brancaleone contro Crotone, mammicè chi dde stu Cutroni, finita 1 a 1, storiograficamente importante da richiedere una precisa ricostruzione di tutto l’arco dei novanta minuti, con commento radiofonico alla Nicolò Carosio, spesso si dimentica.

L’amico Pasquale Gerace, rovistando tra gli scaffali elettronici dell’immensa biblioteca universale web, ha ritrovato cenno online ed eco non solo su siti locali ma anche su un interessante e rigoroso blog spagnolo scritto e pubblicato da Carlos Marañón, specializzato in calcio e cinema, dove si racconta l’indimenticabile partita tra gli attori e la troupe della pellicola ‘cult’ di Mino Monicelli.

Nelle foto molto nitide, ben inquadrate e scattate, in un bianco e nero adesso leggermente anticato, Vittorio Gassman e Gian Maria Volontè giocano baldanzosi a zona, smarcati e dialoganti, in un momento di pausa delle riprese del film, un giorno d’estate del 1964.

Una prova storica che se l’Ezio Scida era diventato platea moderna e popolare, anche senza spalti se non la prima tribuna e il cosiddetto Prato con i suoi gradoni in pietra e cemento, con l’erbetta a sprazzi che faticava a crescere sulle zolle argillose del latifondo agricolo, se su quel palcoscenico minore riuscì ad imporsi con vitalità e potenza il continuum tra vita e arte, gioco e teatro, altrettanto si dovrebbe fare di meglio oggi, in una logica che tiene unite le cose, senza staccarle per soli fini di carrierismo politico personale e e demagogia propagandistica.

La coppia comica offrì oltre che una prova cinematografica di alta maestria, cimentandosi in una interpretazione tradizionale e onirica, per non dire allucinata, quasi psichedelica della giostra calcistica, anche lo spettacolo di un duetto d’attacco unico nel proprio genere, che indossò per l'occasione la seconda maglia del Crotone, bianca con un bandone orizzontale sul petto con i colori sociali, lucide scarpette nere con lacci bianchissimi, calzettoni abbassati alla moda del grande Omar Sivori.

Così, davanti a un piccolo pubblico tra il trasognato e il fantastico, avvenne un miracolo di cinema e calcio, arte e sport, un cambio di scena tra il set e il campo crotonese, il passaggio dalla rocca marina de Le Castella all’impianto ancora rustico del calcio rossoblù, in un match che praticamente anticipava e di molto la successiva e positiva esperienza della Nazionale Attori-Cantanti.

Meglio andare a spulciare immagini reali, più autentiche e meno ipocrite, tra gli album storici del Novecento crotonese. Qui i fatti e i ricordi parlano chiaro, molto più eloquentemente delle pietre tombali e delle ormai discutibili favolette archeologiche che qualcuno continua a raccontare a pappina per difendere gli interessi dei latifondisti e dei feudatari agrari, sulla scia della discutibile versione della storia antica di Paolo Orsi e altri, quasi tutti al servizio dei baroni e dei marchesi del feudalesimo crotonese.

Davanti alle memorabili fotografie di quell’avvincente partita, una saga al novantesimo, una disfida tra il medievale e il moderno, tra la troupe de L’Armata Brancaleone scesa in campo contro il leggendario Crotone degli anni ‘60, gli attuali detentori del potere politico, deputata, senatrice, consigliera regionale, sindaco, europarlamentare, buona parte beneficiati dal voto popolare dato alla cieca, dovrebbero cominciare a dare prova di essere in grado di affrontare i problemi complessi.

Insomma basta con i soliti trucchi escogitati per scinderne le componenti della questione. Si dia finalmente prova del declamato cambiamento di metodo cominciando a integrare e armonizzare, legando in un progetto unico e coerente la tutela e valorizzazione dei beni culturali, la promozione dell’economia sportiva e del tempo libero e la progettazione e realizzazione delle opere pubbliche e dei servizi necessari per la fruizione degli eventi, siano essi giochi, tornei e campionati.