Mai un’estate italiana funestata da tanti eventi nefasti. Un agosto nero, tra Incidenti, fiamme infernali, esplosioni in autostrada, crolli spettacolari di ponti, distruzione di infrastrutture strategiche. Un bilancio impressionante, tragico, sconvolgente con oltre 57 vittime in poco meno di venti giorni: due bambini travolti da un treno locale sulla costa jonica, due morti al casello autostradale di Bologna, 43 morti al Ponte Morandi di Genova, 10 morti travolti da un torrente nel Parco del Pollino in Calabria. I segni e gli effetti di un vero e proprio shock collettivo ci sono tutti. E sono ancor più evidenti nelle reazioni,apparentemente impercettibili, della vita quotidiana, oltre che in quelle della struttura istituzionale. Da qui il caricarsi di tensioni e incomprensioni che devono essere al più presto dissolte e dissipate per il bene comune dell’Italia. Chiamando tutto il Paese, nessuna sua componente esclusa, a fare presto un serio e approfondito esame di coscienza per comprendere le criticità del momento, individuare le tare storiche e la portata minacciosamente incombente dei rischi vecchi e nuovi, ritrovare uno slancio e una convinzione politica al momento disperse e frammentate, nel sociale, nel culturale, persino nell’ambito religioso, per aggredire e risolvere in positivo e in sicurezza le ormai tante criticità che rischiano di danneggiare e disgregare strategicamente l’intero sistema della sicurezza nazionale.
Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social
Perchè tra l’efficienza della ‘protezione civile’ e l’affidarsi alla superstizione illogica della ‘protezione celeste’, (è estate, tanto il tempo volgerà al meglio sicuramente...) le decisioni concrete di un singolo o di un gruppo di escursionisti, non sono aprioristicamente attenzionate da un semplice cartello fissato all’ingresso del luogo, dove campeggia un monito, un avvertimento, frutto di quel più essenziale calcolo del rischio, opportunamente definito dalla prevedibilità storica delle precipitazioni pluviali in località Civita, asta fluviale del Raganello, gli stessi dati che restano accatastati nelle lunghe serie statistiche in proposito?
Casualità, sfortuna, fatalità, eventi altrimenti imprevedibili? Su una cosa dovremmo almeno convergere all’unisono ed essere certi e cioè che è davvero finito il tempo in cui potevamo cavarcela soltanto con una generica apologia della fatalità, un richiamo al ritorno al nostro stellone.
Appare chiaro a tutti che è giunto il momento di dare un calcio definitivo a queste superstizioni e tali cianfrusaglie ideologiche del passato, a un persistente sfondo di fatalismo che incide anche sulle scelte e le decisioni politiche del popolo e dell’elettorato, che poi generano scelte disequilibrate per non dire sbagliate, paradossalmente piuttosto inclini a coprire e nascondere determinate responsabilità soggettive e politiche sia nello stato che nel mondo dell’economia, dei servizi e delle imprese.
Di fronte a tale sequenza catastrofica che ha inferto un colpo mortale alla sicurezza e all’incolumità dei cittadini e delle persone, disarticolando settori interi come quello dell’accoglienza turistica, non si devono e non si possono invocare più giustificazioni più o meno irrazionali e aleatorie.
Nè ci può bastare, un pò come sempre accade in questi casi, restare in silenzio davanti ai fulmini d’agosto, ai lampi del maltempo destagionalizzato, alle bizzarrie del meteo impazzito che incute sempre più ansia e paura per il degrado climatico, all’assalto scriteriato contro l’equilibrio ecologico planetario.
Analisi, obiettivi, programmi e scelte operative dovrebbero spingere anche rapidamente i decisori al governo, i cittadini semplici ma attenti al quotidiano pericolo, lo stato apparato con le sue articolazioni tecniche e burocratiche, le Regioni che programmano e agiscono sul territorio, i Comuni, la Pubblica Opinione, gli organi di controllo e la magistratura, a interrogarsi pragmaticamente su quanto sta avvenendo in Italia, per approntare risposte e iniziative concrete per la sicurezza comune, per la tranquillità turistica, per la fiducia nelle varie istituzioni di prossimità.
Appare con una certa evidenza che nel sistema generale del Paese vi siano scollamenti, distanze, incomunicabilità che sono poi riflessi nei disastrosi incidenti che sono stati sopportati. Non basta più un buon coordinamento post disastro, ma occorre una nuova sinergia di sistema che al momento è latitante.
Se tutto ciò avviene è chiaro che ci sono carenze nel coordinamento dei vari soggetti incaricati alla mantenimento del livello di precauzione generale, mancanze nella rete dei controlli pubblici e indipendenti, disarticolazione e inefficienza nella previsione degli scenari di rischio, insomma uno stato allarmante di asistematicità di tutti gli apparati al centro come nella periferia, uno scollamento tra la macchina statale nel suo insieme la cittadinanza sul territorio.
Compito di tutti noi è cogliere il segno dell’emergenza e dare ad essa le risposte corrette, adeguate, approntando programmi integrati per la sicurezza, senza isterismi depistanti.
Sopratutto dopo quest’ultima, ennesima, strage degli innocenti, che intendevano nient’altro che trascorrere una giornata di felicità, en plein air, tra la natura e una bella, purtroppo e altrimenti,indimenticabile passeggiata fuori porta nel Parco del Pollino, laggiù in Calabria.