Ricordando Corrado Iannino. Intellettuale nuovo e bibliofilo colto che sognò una Calabria unita dalle Minoranze

3 settembre 2018, 14:53 100inWeb | di Vito Barresi

Si deve certamente a Corrado Iannino (1952-2018) la riscoperta e le iniziative conseguenti in favore delle minoranze etniche, linguistiche e religiose in Calabria. Un revival che l’amico che qui ricordiamo con sincero affetto e cordoglio mai volle intendere come un vieto ritorno a false ideologie identitarie, escludendo da subito nella sua proficua azione e lavoro culturale la zizzania che cresce accanto all’interesse di parte di specifici segmenti territoriali o campanilismi bensì il grano che germogliò rigoglioso nella sua intuizione ‘profetica’ e progettuale di un mondo locale, e comunitario fortemente responsabile rispetto al valore dei propri idiomi, in un contesto ampio, aperto e libero, laico ma sempre profondamente rispettoso delle radici spirituali dei piccoli popoli. Un pensiero antesignano espresso in tempi in cui ancora non si parlava di globalizzazione con la facilità con cui lo si fa oggi, sempre declinato con la forza misurata di un intellettuale che ha amato la sua terra, la Calabria sconosciuta il cui volto autentico è sontuosa bellezza della diversità plurale e del rispetto, valli aperte e dirupi arroccati, il drappeggio umano, sociale, storico e civile della sua gente. In questa regione fortemente lacerata da contraddizioni e spaccature, talvolta violente, tribali, arcaiche, specialmente tra gli anni Settanta e Ottanta, Corrado sognò che le ‘minoranze’ delle idee potessero diventare lievito e ambito, comunità di una nuova sintesi unitaria regionalista, con un respiro politico e istituzionale più alto, più armonico, capace di tenere conto sia dell’essenza che dell’esistenza della vita calabrese.


Vito Barresi | Cambio Quotidiano Social

Dobbiamo attenzione e considerazioni ‘inattuali’ ad un intellettuale rigoroso e attento, fedele alla militanza critica, quale è stato lo studioso e saggista calabrese Corrado Iannino. Catanzarese di nascita e di spirito, crotonese di formazione, egli seppe unire l’amore per la sua patria locale allo spiccato innamoramento per l’arco jonio magno greco che lo vide fanciullo, adolescente e giovane vivere nel paesaggio luminoso, scabro e mitologico di una Crotone operaia, industriale, scenario di una modernità avvincente in mezzo ai resti e ai fasti di una civiltà scomparsa, in poco meno di mezzo secolo breve.

Laureato in Scienze Politiche alla prestigiosa Cesare Alfieri di Firenze sul finire degli anni ‘70 tornò in Calabria per intraprendere la carriera di funzionario presso la Provincia di Catanzaro, onorando il pubblico ufficio con una condotta sempre ligia ai doveri, costantemente pronto a introdurre nelle competenze di ruolo che gli erano proprie innovazioni e miglioramenti di percorso e di struttura, con un fare burocratico nuovo e colto che contraddistinguerà stesura testo ed efficacia degli atti amministrativi da lui predisposti e curati, facendone un vero e proprio modello di scrittura deliberativa e determinativa, attraverso le tante iniziative seguite per l’Ente intermedio che copiosamente si lasceranno scorgere nel lungo periodo.

A partire dall’azione di riordino storico e archivistico interno all’amministrazione, al ripristino della Biblioteca Provinciale, alla Gypsoteca e alla istituzione del Museo Arte Catanzaro, alla valutazione e rivalutazione di opere d’arte, pezzi museali, patrimonio librario, riproposizione di opere, scrittori, artisti e figure mai minori sia nel regesto regionale degli uomini illustri che nel catalogo delle personalità di spicco in sede comunale.

Bibliofilo accurato, instancabile e curioso (appassionato di 'cinquecentine' e non solo) lascia un’immenso fondo librario, ben classificato e ordinato, con un'ampia sezione dedicata alla Calabria e al Mezzogiorno, un patrimonio di informazioni e documentazione prezioso in cui spicca il brillante della sua lunga militanza a favore delle minoranze etniche, linguistiche e religiose.

La questione delle minoranze, portata al di fuori la logica del folklore e della demologia giuridica, oltre lo schematismo classico della questione meridionale di impronta gramsciana, venne da lui declinata in quanto idea di una Calabria non minore bensì maggiore come si evince dalle dichiarazioni programmatiche del cultore, il filo del suo discorso, con parole pronunciate nel corso di un convegno su Valdismo e Valdesi di Calabria, allorquando osservava che la Calabria, come il resto dell’Italia, ha avuto la fama di essere territorio singolarmente omogeneo dal punto di vista etnico e linguistico. Nulla di più falso: la Calabria, terra di passaggio ma anche anello di congiunzione tra Occidente ed Oriente, tra popoli e civiltà contrapposte, ha conosciuto per molti secoli l’influenza delle culture più disparate. Esse hanno contribuito a formarla e trasformarla in terra duttile, varia, complessa, culturalmente interessantissima.”

Il suo è stato un enorme lavoro culturale che non sempre venne compreso a pieno dall’ambiente calabrese.

Un impegno scrupoloso e metodico sempre interno al registro dell’indipendenza e dell’autonomia, con una capacità mai banale né tanto meno superficiale di leggere la geografia materiale dei luoghi delle minoranze, collocandoli nella più adeguata dimensione integrale di territori culturali, spazi in cui si incontrano e si articolano le molteplici facce della cultura materiale sia alta che popolare, nella costante partitura delle lingue e dei linguaggi, delle parlate e dei dialetti, come pure dei vari verbi di fede, la parola cristiana, greca, ortodossa, protestante, evangelica, superando la classificazione di mera superficie territoriale, circondario prefettizio, cantone federale, per fare assurgere i luoghi della Calabria al rango di dinamici contesti locali.

Da questo sguardo sulla geografia del mondo, a partire dal particolarismo linguistico, lo stesso in cui si ritrova la matrice del principio universale dei codici linguistici e comunicativi, gli fu possibile affermare nella prassi che in nessun luogo storico del pianeta, territorializzato e culturalizzato, specie la Calabria in Europa e nel Mediterraneo, mai si può dire vi sia un non luogo.

E da qui sorgeva il superamento di confini, chiusure e sbarramenti catastali e castali che impedivano di attraversare ogni scorcio della Calabria, regione da scoprire giorno per giorno, nella dimensione reale e altra di una gigantesca e splendida mappa miniata di legende e leggende, miti e indici, misure e indicatori concreti dei suoi copiosi beni culturali e universali, talvolta usurpati, altre volte oppressi, omologati e addirittura distrutti e devastati.

Fu questo per Iannino un punto di novità e di apprezzamento, essenziale per introdurre nel ragionamento culturale e nel dibattito pubblico, non solo calabrese ma italiano ed europeo, un concetto dinamico di minoranza, inteso in quanto anticipazione di un’identità culturale legata alla memoria.

Da questa presa di coscienza il passo verso la consapevolezza dell’azione culturale fu brevissimo e intenso.

Così, al fine di tracciare un quadro organico in materia di minoranze linguistiche, etniche e religiose, e dentro questo schema fissare coordinate di chiarezza e orientamento (ma anche di distinzione rispetto a certi limiti dell’inchiesta etnologica e antropologica calabrese) fu nel 1984 che Iannino divenne promotore emerito della costituzione a Catanzaro del ‘Centro Studi Giuseppe Gangale’.

Il Centro fu tempio e monumento del pensiero laico, della libertà, della fiamma viva della conoscenza e della verità come pochi altri che vi furono nella storia dell’associazionismo calabrese dell’intero Novecento, il cui scopo associativo, in ossequio al nome del glottologo Giuseppe Gangale, fu quello di approfondire la conoscenza e comprendere, con modelli e angolazioni diverse, la presenza linguistica, culturale ed etnica in Calabria, rilevandone le sue forme originali in aspetti rimasti sommersi, sconosciuti e obliati dalla ricerca scientifica e sociologica del Novecento italiano.

Resta a noi tutto ciò che rifulge della vitale personalità di Corrado Iannino, anche oltre e innegabile talento storico letterario custodito nei suoi tanti scritti e pubblicazioni storiche, cioè l’entusiasmo e l’immediatezza con cui egli si accostava alla ricerca storica, il modo con cui porgeva agli altri il suo prezioso punto di vista, la coscienza di rinnovare e aggiornare il ruolo dell’intellettuale meridionale e calabrese, scomoda parte che ha comunque interpretato magistralmente e coraggiosamente.

(Grazie per il filmato all'amico Pino Ianní)