L’estate crotonese volge al termine e lentamente la città si incammina verso la propria precaria ed amara quotidianità; “svanite le fughe dalla realtà” tipiche della stagione balneare, ripiombiamo nelle abituali dimensioni di incompiutezza e di caos ormai divenute quasi endemiche.
Crotone somiglia sempre più ad una cittadina sudamericana, figlia ed ostaggio della precarietà e della illegalità che è diventata “regola”, inebetita dai miraggi consumistici che stridono con la pura realtà che ci opprime tutti.
Una città ambiziosa solo a parole, ma sempre più acconcia a campare alla giornata, cercando di utilizzare tutti gli espedienti che consentano una illusoria emancipazione e, soprattutto, di vivere a “sbafo”, del prossimo o degli enti pubblici non è poi troppo importante.
Questa dimensione, che nel tempo è diventata quasi un tratto culturale e psicologico, attanaglia tutti, i meno abbienti ed il cosiddetto ceto medio, la classe dirigente e quella politica; non servono progetti coraggiosi o idee lungimiranti, non è utile elaborare soluzioni importanti.
Basta solo soddisfare le esigenze più immediate ed assecondare le richieste più prossime, senza neanche tener presente una gerarchia dei veri bisogni.
Agli occhi di un ipotetico ed attento visitatore, un Lenormanne del XXI secolo, Crotone apparirebbe ad un primo impatto quasi come un agglomerato di rioni, abitazioni e zone tra loro completamente estranee ed avulse, in quanto nate solo per l’esigenza di avere un tetto sulla testa o perché qualche “importante” lottizzatore è riuscito a far riconoscere come edilizia l’area di sua proprietà.
Tra i quartieri dormitorio e un Centro "suburra" per disperati e migranti
In pieno 2018 sopravvivono ancora i quartieri “dormitorio” senza identità e senza servizi, un centro che non è tale perché non può essere il punto mediano di un “tutto” che non c’è; aree degradate che insistono tra palazzi degli anni ’50 e ’60 che vi spuntano come funghi fuori stagione.
Il centro storico è ormai relegato a “periferia in centro”, orfano non solo di residenti, ma anche di esercizi economici e commerciali, quasi una “suburra” per disperati e migranti.
Tutti coloro i quali abbiano un po’ di memoria si accorgono che nel Nord della città si sta ripetendo lo stesso fenomeno che dalla metà degli anni ’70 in poi diede vita agli attuali quartieri di Farina e Poggio Pudano, con un progressivo e “spontaneo” inglobamento delle campagne senza che infrastrutture e servizi assecondassero il processo di urbanizzazione.
Basti pensare che quasi un quarto della città (Gabella e Margherita Sottana e Soprana, 13/15 mila abitanti), è totalmente privo di impianti fognari ed i reflui vengono convogliati tramite i canali del vecchio consorzio di bonifica direttamente a mare o assorbiti dalla falda causa il travaso dei pozzi neri; altro che bandiera blu, ci sarebbe da alzare bandiera bianca!
In queste zone ancora fondamentalmente a vocazione agricola, proliferano, soprattutto d’estate, attività commerciali senza un minimo controllo pubblico e senza uno straccio di regolamento. Tra i nuovi mercanti sono appostati i possibili prossimi “costruttori a prescindere” nel senso che è quasi una vocazione slegata da una oggettiva esigenza abitativa.
Dalle aspettative speculative alle ansie predatorie e l’urgenza di un nuovo Psc
Si avverte l’esigenza e l’urgenza di un netto e deciso intervento normativo e regolamentatore ed il prossimo PSC (il Piano Strutturale Comunale) apparirebbe come lo strumento più immediato ed idoneo.
Il condizionale è d’obbligo perché la storia, anche recente, di Crotone insegna che la deturpazione della città e lo scardinamento di ogni logica urbanistica è sempre coincisa con l’attuazione dei vari strumenti di regolamentazione che si sono susseguiti negli ultimi sessanta anni.
Le più disparate aspettative speculative, lecite e non, sono state negli anni assecondate; non si è mai perseguito un interesse complessivo e le esigenze della città ma, piuttosto, si sono “riverite” le ansie predatorie dei proprietari di aree urbane e non.
Utilizzando come alibi il motto “una casa per tutti”, si è realizzata negli anni una Babele totale.
In queste situazioni si creano spesso delle “correnti di pensiero”, quasi delle subculture che finiscono con l’influenzare le scelte e le decisioni della Pubblica Amministrazione.
Il lungomare “melting pot” e la desertificazione del centro cittadino
Un esempio calzante mi sembra il “mantra” del lungomare identificato e scelto come il luogo moderno “dell’incontro” e del “divertimento”, una riedizione della movida che nasce come melting pot, ed invece diventa una seconda residenza che dia illusione di un’inclusione sempre più problematica.
Nessuno che si accorga che da anni è in atto una sorta di desertificazione del centro cittadino, privo di moderne soluzioni di accoglienza ed oberato da anacronistici e fatiscenti strutture quali il mercato centrale che rompe la continuità tra città e lungomare.
L’attuale amministrazione ha adottato la misura che prevede il consumo di “suolo zero”, ma il rischio di nuovi “raid” cementizi permane, in quanto l’ultimo strumento urbanistico prevedeva costruzioni per una città di 96 mila abitanti, pur con una curva demografica in chiara discesa.
E può diventare addirittura inquietante che il varo del prossimo PSC possa coincidere con le prossime elezioni Regionali, sì da poter ancora una volta condizionare libere scelte ed opinioni con più pregnanti e subdoli interessi speculativi.
Crotone ha bisogno di riqualificazione e di tante “bonifiche”, senza guardare in faccia nessuno, se è il caso rischiando anche la impopolarità.
Non si possono consentire ulteriori scempi che nel tempo diventano normalità, soffocando gli aneliti e le aspettative di quanti pretendono che la città dei tre millenni diventi una città normale.
Proprio per questo è facile ritenere che proprio qui da noi, l’Ente Pubblico accanto alla propria funzione istituzionale debba avere la capacità di indirizzare e promuovere le iniziative private più sane e logiche per la città; quasi un potere-volere di integrare una società troppo fragile e raccogliticcia per poter selezionare e razionalizzare i migliori impulsi e le proposte di più ampio respiro.
Purtroppo sembra che a volte si creino quasi delle complicità tra istituzione e cittadini per sviluppare l’inutilità, coltivare l’effimero e concimare le negatività.
Il Mastino dei Baskerville