Superata la criticità della “solita” bufera ottobrina, gli amministratori locali hanno improvvisato una passerella mediatica tesa a convincere i Crotonesi di quanto decisivo sia stato il loro impegno nel respingere la furia degli elementi, al netto, ovviamente, dell’opera prestata dai Vigili del fuoco, dalla Protezione Civile, dall’Esercito, tutti coordinati dalla Prefettura; mancava la Nato ma sarà per la prossima immancabile crisi meteorologica!
Il mastino dei Baskerville
Sì, il punto è proprio questo, a differenza del resto della Calabria dove il maltempo colpisce con una frequenza non uniforme un territorio complessivamente fragile, da noi a Crotone “i punti deboli” sono sempre gli stessi e dalla fine degli anni cinquanta non è stata approntata una decisiva “difesa” della città, anzi!
L’alluvione del 1996 che fu un evento luttuoso e disastroso, produsse il famoso piano Versace che, se realizzato in “toto”, avrebbe finalmente messo in sicurezza la città.
Solo il 20% degli interventi è stato compiuto e, nel frattempo, alcune delle opere eseguite sono “deperite”; in aggiunta, mentre prima del ’96 non veniva consentita alcuna edificazione nella zona di espansione dell’Esaro, successivamente sono state autorizzate lottizzazioni e condonati interi quartieri abusivi.
Proprio per non farci mancare nulla il “dono a sollievo” del governo Prodi (la Datel) fu allocato in quella stessa area. Allo stesso modo si sono consentite urbanizzazioni ed abusi nelle zone di Margherita e Gabella che non hanno nemmeno a parziale protezione l’antico intervento di “bonifica” rappresentato dal lavoro dei contadini.
Ho frettolosamente rifatto un po’ di storia recente per sottolineare che l’ultima “fifa” avrebbe dovuto suggerire ai nostri ciarlieri rappresentanti di impegnare l’amministrazione ad eseguire rapidamente le procedure per la realizzazione del piano Versace ed in più valutarne l’attualità, visto che, per esempio, negli anni a sud della città si è aggregato un popoloso quartiere come Pudano che ha a fronte una delle più grandi discariche della Calabria con canali e piccoli affluenti dell’Esaro che interagiscono.
Qualcuno, tra la sparuta platea dei miei lettori, mi ha, più o meno, rimproverato di essere stato troppo duro e cattivo nei confronti del sindaco Pugliese nell’ultima disamina della scorsa settimana; non volevo essere impietoso ma effettivamente il suo operato non può suscitare sdegno quanto piuttosto un sentimento di pacata disapprovazione.
È che non riesco ad accettare che, aldilà della poca incisività amministrativa, egli svolga il ruolo in maniera del tutto superficiale.
Come, ad esempio, in occasione della partecipazione alla convention “pro Oliverio”; non discuto la legittimità ed il merito di una sua scelta politica, ma essendo il rappresentante di una comunità avrebbe dovuto evidenziare che il suo “endorsement” era a titolo personale perché come sindaco rappresenta tutti i cittadini, non solo chi l’ha votato.
Non è un sofisma, capire ed esercitare correttamente il mandato di rappresentanza è uno dei fondamentali di ogni istituzione democratica.
Le attenuanti eccepite dal mio “moderatore” sono state essenzialmente: a) Le pessime situazioni ereditate dalle precedenti amministrazioni; b) lo scarso apporto dei suoi assessori e la loro volatilità politica e non.
È facilmente opponibile però che non si ci può proporre per un ruolo così gravido di responsabilità senza avere consapevolezza dello “stato dell’arte” e senza valutare la congruità dei propri collaboratori, anche loro portatori di spocchia ma non di sapienza amministrativa (sono implicite alcune eccezioni).
Nemmeno la “vulgata cittadina” che vuole il leader Sculco responsabile unico di scelte incomprensibili ai più oltre che architetto di un gruppo di potere politico-amministrativo-burocratico rispondente solo ai propri voleri ed interessi, avviluppando anche le forze dell’opposizione, salva l’anima al Sindaco ed alla sua giunta.
Anche se così fosse la squadra di “soldatini prefabbricati” non sarebbe strumento e comparsa che ha rinunziato ad essere soggetto pensante, ma un’accolita di opportunisti a caccia di piccoli interessi diretti o indiretti e di fatue vanità di paese.
Tra l’altro questa “cieca obbedienza” si verifica nella quotidianità amministrativa, mentre sul terreno delle scelte politiche parecchi “Sculco dipendenti” bussano ad altre parrocchie per provare a garantirsi un futuro e remunerativo posto al sole (leggi elezioni Regionali).
È di tutta evidenza, a mio avviso, che il collante di questa coalizione non è certo la vocazione a promuovere una nuova stagione per la città ma, piuttosto, perpetuare un carrierismo politico e anche sociale di piccolo cabotaggio che è poi il tratto che ha connotato la decadenza di Crotone.