Dove si trova geograficamente Riace all’alba di un giorno di pioggia d’autunno? In Europa, in Africa, in Italia? Cosa importa... Qual’è il suo punto sulla mappa nel Sud di un’Italia caduta prigioniera della malia cattiva di un leghismo che odia a tal punto i meridionali, comunque oggi gli stranieri per propaganda di nuovo regime, come lo erano appena ieri, fino a volerne deportare le comunità di migranti, che hanno fatto coesione e progetto, esempio di generosità e solidarietà?
di Vito Barresi
Obiettivo ruspa: distruggere l’orizzonte di un piccolo villaggio, devastare l’autonomia e l’intraprendenza di un territorio dove s’inerpica da millenni un paesino meridiano, il cui unico reato altro non sarebbe che quello di aver saputo fare meglio delle loro periferie disumane, piene di schiave rese puttane ogni sera, ogni notte tra San Siro e la Brianza, tra Brescia e Verona.
Riace è per il pentaleghismo dilagante la cattiva coscienza di un’Italia imbastardita dalla crisi economica, dal fallimento storico e senza appello del sistema produttivo capitalistico, nella maniacale impressione che le certezze delle loro razze padrone e padroncine sono finite, della scomparsa dei piccioli in circolazione, le monete che ora avidamente si cercano nelle tasche bucate di uno stato di vecchi e anziani gerarchi del passato.
Mimmo ha lasciato Riace di mattina (LEGGI), libero come un uomo che continua la sua avventura sotto tutela di un governo che confina le idee diverse e plurali, tanto che da qui s’alza sommesso il canto di una nuova minoranza che saluta e accompagna l’esilio di Lucano:
“Addio Riace bella o dolce terra mia cacciati senza colpa gli anarchici van via e partono cantando con la speranza in cuor. E partono cantando con la speranza in cuor. Ed è per voi sfruttati per voi lavoratori che siamo incatenati al par dei malfattori eppur la nostra idea è solo idea d'amor. Eppur la nostra idea è solo idea d'amor…”
A Riace chi resta dovrà confermare e rilanciare le verità sociali che scaturiscono da questo caso di ingiustizia politica e di vendetta ministeriale che ha fatto riaffiorare, ottanta anni dopo il 1938, il ricordo delle indegne prassi delle circolari fasciste con cui si colpivano gli avversari e i nemici del potere costituito.
Riace è il simbolo dal basso che è possibile costruire la pace nel Mediterraneo, mettendo al bando il riarmo e gli armamenti il cui costo economico resta confermato da una Finanziaria che invece di investire sulla fabbrica dell’accoglienza e sul valore della risorsa umana internazionale, riconferma e rimpingua le spese militari, reprimendo la circolazione degli stranieri in strada e rimpinguando le casse di un sistema obsoleto e dannoso.
Dove si trova Riace lo hanno scoperto più i migranti che non gli italiani. Nessuno infatti ha prestato attenzione dove nasce questo progetto, lo sbeffeggiato Modello, che tanto fa imbufalire la testa eterodiretta e manovrata da sottili menti affaristiche interne ed esterne del governo pentaleghista.
Riace si trova in una vera e propria grande provincia del pensiero universale a pochi chilometri da Stilo, il luogo dell’Utopia moderna, la Città del Sole di Tommaso Campanella.
Da Stilo a Riace chi ama il trekking, camminando tra sentieri e carrarecce, ci mette poco meno di mezza giornata per arrivarci.
Lo vedi bene su Google Maps. Ma per chi ci tiene a osservare i video in live si può curiosare su You Tube e guardare i percorsi molto avvincenti e le sgroppate in sella a una Mountain Bike del mitico Roland Panduri.
Non c’è tanto bisogno di aggiungere che si attraversa il territorio di opere d’arte, statue monumentali, che sono icona della bellezza, della simmetria e della perfezione umana universale, cioè i due Bronzi, lo spazio del sogno antico e dell’utopia cristiana, cose che sono patrimonio immateriale, cultura che si respira nell’aria, tra l’Aspromonte e la linea ad arco dell’orizzonte Mediterraneo.
Ma non lontano da Riace c’è Brancaleone il paese dove il Ministero degli Interni dello Stato Fascista confinò Cesare Pavese. E più in là l’antica Caulonia dove venne istaurata nel marzo del 1945 la Repubblica Rossa di Caulonia da un sindaco sincero e visionario, Pasquale Cavallaro, insegnante elementare, ex seminarista che poi divenne comunista.
In breve il canto si spande tra le colline d’argilla dove s’alza la luna e splendono i falò. All’astio, all’odio, all’incomprensione si risponde con la forza tranquilla della verità e della giustizia. Cantando insieme:
“Addio cari compagni amici riacesi addio bianche di neve montagne calabresi i cavalieri erranti son trascinati al nord. I cavalieri erranti son trascinati al nord.”