Completamente depreziato. Neanche si vede sperduto com’è tra angoli spigolosi, polverosi e ottusi di un soffitto anonimo nella sala del consiglio comunale di Crotone. Della forza epica, la tensione delle lotta politica e sindacale, la sofferenza sociale, l’emarginazione e l’umanità del mondo contadino, in sintesi artistica, l’insieme degli ingredienti morali, sentimentali ed estetici di uno dei dipinti più importanti del Novecento pittorico italiano, non ne resta neanche una in quelle gocce di colore rapprese che un tempo trasudavano messaggi di riscatto, valori di progresso e civiltà.
Vito Barresi
Se solo la vedesse Vittorio Sgarbi, in quale stato è ridotta una tra le più importanti opere del maestro milanese Ernesto Treccani urlerebbe come Munch nel suo famoso quadro. Un vero e proprio scandalo d’incuria, abbandono, totale mancanza di valorizzazione e promozione, di un ‘pezzo’ iconografico di alta valenza per la storia dell'arte italiana, un simbolo che sintetizza il volto e l’identità del Mezzogiorno d’Italia nell’immediatezza del secondo dopoguerra. Ma si può restare indifferenti, svogliati, abulici di fronte alla condizione in cui è stato relegato un patrimonio di siffatta importanza ?
Tanto negletto, dimenticato, svalorizzato da lasciare letteralmente di stucco. Per osservarlo occorrerebbe munirsi di binocolino apposito, tanto è mal posizionato, spiazzato, defilato e degradato alla fruizione del pubblico a cui è negato l’accesso a questo bene culturale, la sua visione attenta e scrupolosa che parlerebbe in tanti suoi dettagli di paesaggio, cultura contadina, agricoltura, latifondo, feudo, ceti nobiliari e parassitari, grandi e piccoli agrari, proprietari terrieri e industrianti nelle masserie, villaggi agricoli, usi e consuetudini, leggende e antichità, tutto racchiuso nella mitologica enclave ecologica, la valle di Fragalà (azione diversamente immaginata e dall'artista Antonio Sfortuniano in un suo visual che propone ben diversa, valida e più naturale fruizione dell'opera in questione).
In base a scadenti parametri d’arredo il quadro di Treccani è stato innalzato su una parete interna, divenendo praticamente invisibile e infruibile, posto a casaccio come fosse un ingombro che, se non si poteva buttare via in uno scantinato, è finito quasi sul tetto del Comune, in un polveroso e irraggiungibile soffitto.
Accanto al prezioso e notissimo dipinto, La Terra di Melissa, 1955, si intravede da lontano un’altro affresco di Treccani che ritrae un futura Crotone liberata dall’inquinamento industriale.
La strage di Melissa, il significato delle lotte contadine, appaiono purtroppo memorie completamente rimosse dal Comune di Crotone. Nessuna iniziativa, nessun ricordo del 70 anniversario che scade proprio nel 2019.
Calabria 2018, 69 anni dopo...ritorno a Melissa, tra volti, voci e storie andate in frantumi ma tutte straordinariamente custodite nelle bellezza dei quadri e degli affreschi di uno dei più grandi pittori realisti e fantastici del Novecento italiano, il maestro Ernesto Treccani.
Melissa 29 ottobre 1949. Dopo la libertà, il Referendum istituzionale la Repubblica, la Costituzione e il voto del 18 aprile venne prepotente alla ribalta nazionale la questione meridionale, la fotografia in bianco e nero di una realtà di città e campagne del sud - Matera, Napoli, le terre della Calabria e della Campania - con le sue caratteristiche di miseria, sottosviluppo, arretratezza secolare, aggravate da una terribile guerra che da poco era terminata.
Braccianti e contadini poveri, la rottura del latifondo, l'attesa messianica di una riforma agraria già scritta in quella giovane Costituzione dell'Italia, appena nata dalla Resistenza e dalla Guerra di Liberazione. Poi gli anni Cinquanta, la delusione e la fuga dalle campagne, le promesse e il fallimento dell'Opera Valorizzazione Sila che fu reclamata e volute fin dalle prime occupazioni del latifondo nel 1943 tra Governo di unità nazionale e Alleati americani, all'epoca del ministro per l'Agricoltura Falcone Lucifero e poi del Ministro comunista, l'avvocato e costituzionalista Fausto Gullo.
Nell'estate del 2000, il nipote Jacopo Muzio accompagna Ernesto Treccani nel suo consueto viaggio verso Melissa, nelle terre del latifondo Crotonese. Sei anni dopo, dal filmato di quel viaggio al sud ne viene fuori un mini documentario, “Verso Melissa, in viaggio con Ernesto Treccani” che testimonia un insieme di emozioni e riflessioni sulla dimensione estetica e sull'arte intesa come militanza culturale, antropologica e politica, in un contesto profondamente diverso e segregato rispetto alla parte più moderna e industriale del Paese, il Nord del nuovo capitalismo e del boom produttivo del secondo dopoguerra, riguardando e ripensando le spinte morali ed etiche che indussero un intellettuale come Treccani, ad abbracciare e condividere le lotte contadine del Sud degli anni Cinquanta.
Nato a Milano il 26 agosto 1920, Treccani prese parte giovanissimo ai gruppi di avanguardia artistica e di fronda nei confronti della cultura fascista. Dopo la Resistenza, fu tra gli aderenti del gruppo di “Pittura” e redattore delle riviste “il ‘45” e “Realismo”.
In quel frangente i temi della sua pittura erano caratterizzati dall’incontro con la realtà contadina calabrese e dal paesaggio urbano industriale di Milano e Parigi, luoghi su cui ritornerà a più riprese nel corso dei decenni successivi. Tra le opere di quel periodo si annoverano le cinque grandi tele ispirate a La luna e i falò di Pavese (1962-63), il ciclo delle opere Da Melissa a Valenza (1964-65), la serie di acquarelli dedicata a un viaggio a Cuba; più tardi, nel 1976, le grandi mostre di Volgograd, Mosca e San Pietroburgo.
Colori, dipinti paesaggi, ritratti, che ripropongono Melissa, al centro di un immenso giacimento di pensiero e memorie, un luogo universale di arte, vita e cultura, lo scrigno di valori e volontà di riscatto e progresso, pace e cambiamento.
Con la tecnica di un retroreport, scandagliando a ritroso nella storia che è sempre maestra di vita e segno dei tempi, anche quest'anno chi conosce la strada della memoria ritorna a Melissa, in Calabria sulle terre del barone Berlingieri, feudo Fragalà, non solo un vino di rosso rubino ma il riverbero di antiche e nuove bandiere di giustizia e libertà che un tempo sventolavano l'anelito a conquistare la terra, anche a costo del sangue innocente e dell'eccidio del 1949, e ancora oggi in altre geografie del mondo rivendicano nuova agricoltura.
Sulle tracce di quel che è rimasto di un esempio, che talvolta si è fatto anche monumento dimenticato, anche quest'anno che ne precede il 70° anniversario cade il ricordo delle lotte contadine del Sud, un momento intenso e valido per capire se davvero, ed era questo il titolo di un film del regista Carlo Lizzani, “Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato”.